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Giornata internazionale delle persone con disabilità: le sfide affrontate dal Gruppo Solidarietà, sentinella dei diritti

Il Gruppo Solidarietà di Moie si pone come interlocutore valido per la creazione di percorsi verso il raggiungimento dei diritti. «Curiamo la sfera dell’assistenza giuridica. Ma diamo anche un sostegno emotivo»

Una delle riunioni del Gruppo Solidarietà di Moie

MAIOLATI SPONTINI – Il 3 dicembre si celebra la “Giornata Internazionale delle persone con Disabilità”, istituita dall’Onu nel 1981, in occasione dell’Anno Internazionale delle Persone Disabili con l’obiettivo di promuovere una più ampia sensibilizzazione sui temi della disabilità, sostenere la piena inclusione delle persone con disabilità in ogni ambito della vita e ridurre ogni forma di discriminazione o violenza.
Obiettivi che persegue sul territorio regionale con grande passione e competenza il “Gruppo Solidarietà” con sede a Moie di Maiolati Spontini in via Fornace, nei locali comunali essendovi una strettissima collaborazione con l’amministrazione comunale. Gruppo Solidarietà è un’associazione nata nel 1979 dall’iniziativa di un gruppo di giovani della Vallesina che approfondiscono il tema della disabilità attraverso l’incontro con situazioni di sofferenza e di emarginazione, aprendo loro gli occhi su un mondo fino allora sconosciuto. Quel neonato gruppo inizia così a organizzare sempre più frequenti momenti di incontro con le persone che vivono in istituto, cercare situazioni di disagio del territorio offrendo sostegno. L’obiettivo e le riflessioni sono quelle del “come fare di più”. Oggi è una realtà solida e un punto di riferimento importante per centinaia di persone che ogni anno si rivolgono a loro per chiedere aiuto.

Come interagite e quali percorsi attivate per aiutare le persone con disabilità al raggiungimento dei propri diritti?
«Interagiamo con le persone affette da disabilità e con le loro famiglie attraverso tante modalità e percorsi – spiega Gloria Gagliardini referente per il Centro Documentazione del “Gruppo Solidarietà” – sulla tutela dei diritti delle persone con disabilità e lavorando con le famiglie (sia per l’inclusione scolastica, i ricoveri presso strutture socio-sanitarie, l’assistenza e l’accesso ai servizi, quanto e come debbono pagare le rette…) quindi curiamo la sfera dell’assistenza giuridica. Parallelamente, diamo un sostegno emotivo e di attenzione alle relazioni attraverso un “Gruppo di auto-mutuo aiuto A.m.a.” rivolto ai familiari che si incontrano una volta al mese qui in sede».

Il gruppo “A.m.a.” è un supporto psicologico?
«Più emotivo e sociale. Facciamo incontri di gruppo dove, grazie a un facilitatore della comunicazione, le famiglie possono esporre la propria situazione, lo stato d’animo, per condividere emozioni, ansie e situazioni. C’è uno scambio tra pari che aiuta il familiare a porsi in relazione ai servizi che gli spettano con un empowerment più efficace».

I servizi sono diversificati per ciascun ambito di intervento?
«Certamente, ci poniamo come interfaccia – continua Gloria Gagliardini – collaborando con i servizi socio-sanitari del Comune, facciamo da mediatori per i soggetti con disabilità e da supporto alle loro esigenze».

Il vostro è anche un ruolo di sentinelle?
«In un certo senso sì, poiché siamo anche attivi sulle questioni delle politiche sulla disabilità a livello regionale grazie al nostro “Osservatorio regionale”. Un organismo che ci permette di analizzare e commentare ciò che viene deliberato in Regione».

Che battaglia state affrontando ora con l’Osservatorio?
«Attualmente siamo impegnati nella promozione per l’abolizione di una struttura a Rapagnano (e la revoca di un apposito decreto che va a legittimare la creazione di queste strutture-ghetto), su 3 moduli per 175 posti per persone con disabilità e malattie mentali. Vogliamo che non venga realizzata perché darebbe il via all’apertura di strutture ghettizzanti in cui convivere con i propri mostri. Il contrario dell’inclusione. Abbiamo lanciato una raccolta firme e proposto una interrogazione in Regione, pochi giorni fa, stiamo seguendo questa situazione».

Come affrontate la questione disabilità?
«La disabilità va affrontata su diversi versanti, poiché interessa dai bambini agli anziani e quindi coinvolge sia i problemi scolastici (il progetto educativo, la formazione, gli educatori, insegnanti di sostegno, trasporti per ragazzi disabili…) fino alla terza età con le problematiche connesse alla vita quotidiana e all’assistenza socio-sanitaria e l’accesso ai servizi. Il problema è che, al di là dei principi etici e del codice dei diritti, bisogna vedere come la disabilità si cala nella comunità territoriale. I diritti sono tali quando qualcuno si prende la responsabilità dei propri doveri. Dopo oltre 40 anni di traguardi sull’inclusione scolastica, oggi in Italia siamo ancora a riflettere su come migliorare l’inclusione, che è in evoluzione e passa attraverso politiche e lo sguardo interpersonale, le competenze delle persone che ci lavorano».

Quale è la sfida più grossa che vi trovate ad affrontare quando si tratta di disabilità?
«La complessità delle situazioni richiede competenze, attenzioni e sfide grosse. Oggi la sfida più grossa è saper davvero dare risposte che siano calate nella storia di ciascuna persona. E’ la capacità di porsi in una dimensione di ascolto diversa e calare nelle storie degli utenti una risposta adeguata e un progetto di vita. Non risposte per la disabilità, ma diritti: alla scuola, all’abitazione, al lavoro, alla vita. Continueremo a batterci per questo».

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