Attualità

Giornata Internazionale dell’Autismo, il punto su diagnosi e terapie

Il 2 aprile ricorre la Giornata Internazionale dell'Autismo. Abbiamo intervistato la dottoressa Vera Stoppioni, responsabile del Centro Autismo di Fano, fiore all'occhiello della sanità regionale, per fare il punto sulle ultime scoperte della medicina e sulla qualità di vita nei soggetti autistici

Nel mondo 1 bambino su 100 ha un Disturbo dello Spettro Autistico (ASD) e in Italia sono 500mila le famiglie interessate. I maschi sono i più colpiti rispetto alle femmine, in un rapporto 4:1.
Un fenomeno in crescita, tanto che ha portato alcuni a parlare addirittura di epidemia, anche se come spiega Vera Stoppioni, responsabile del Centro Autismo di Fano, questo aumento potrebbe essere legato ad una maggiore precisione diagnostica e ad una più sollecita attenzione dei genitori, degli educatori, degli insegnanti e dei pediatri di libera scelta, alle atipie nell’evoluzione dei bambini.

Il 2 aprile ricorre la Giornata Internazionale dell’Autismo, istituita nel 2007 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, per sensibilizzare la comunità internazionale su questo disturbo.
L’autismo si manifesta nei primi anni di vita ed è un disturbo che può avere diversi gradi di gravità: solo in rari casi chi ne è affetto potrà condurre una vita indipendente, mentre nei più gravi la disabilità è persistente e richiede supporto e cure costanti.

Nelle Marche dal 2003 è attivo il Centro Regionale Autismo per l’Età Evolutiva nell’Unità Operativa di Neuropsichiatria Infantile presso l’Ospedale di Fano (Azienda Ospedali Riuniti Marche Nord).
Punto di riferimento regionale e nazionale per la diagnosi e la presa in carico del Disturbo dello Spettro Autistico
, il Centro è l’unica struttura pubblica in Italia ad avere tra i suoi specialisti Analisti Comportamentali certificati (BCBA) ed iscritti agli albi internazionali. Punti di forza, diagnostica e terapia: «La prima sempre più precisa – spiega la dottoressa Stoppioni – consente di costruire programmi di intervento comportamentale, specifici sia nella costruzione delle regole di setting sia nei contenuti, realizzati in base alle situazioni specifiche di ogni soggetto». Deficit nella comunicazione sociale e nell’interazione, comportamenti ristretti e ripetitivi, caratterizzano il Disturbo dello Spettro Autistico come definito dal DSM5, il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali dell’American Pasychiatric Association, secondo il quale queste caratteristiche devono essere presenti nella prima infanzia e devono limitare il funzionamento quotidiano, per poter porre diagnosi di autismo. Ad oggi non c’è ancora una cura che consenta di guarire dall’autismo, ma esistono trattamenti riabilitativi che migliorano significativamente la sintomatologia e la qualità di vita. «Nel Centro Autismo di Fano – spiega Vera Stoppioni  –  l’intervento educativo e riabilitativo viene costruito secondo il modello dell’analisi del comportamento e comprende nei primi 3 anni un intervento più naturalistico costruito secondo il modello Denver».

Ma qual è la causa dell’autismo? I vaccini c’entrano qualcosa? E quali sono le terapie più efficaci? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Vera Stoppioni.

La dottoressa Stoppioni

Dottoressa Stoppioni, la ricerca sta tentando di chiarire le cause dell’autismo, e in particolare si sta concentrando sull’aspetto genetico, ma ad oggi sono state trovate cause certe per questo disturbo?
«Il Disturbo dello Spettro Autistico è molto eterogeneo, e comprende al suo interno quadri differenti che potrebbero anche avere cause differenti. Dagli anni ‘80 ad oggi si è avuto un cambiamento sostanziale nella ricerca delle cause. Si è passati dall’attribuire ai genitori ed in particolare alle madri la “responsabilità” di questa “catastrofe evolutiva”, ricordo a questo proposito le “mamme frigorifero”, ad una ricerca costante delle cause biologiche dell’autismo. Molti studi sono rivolti attualmente all’individuazione degli elementi genetici del disturbo e, anche se non si è ancora giunti ad una definizione univoca, molti geni mutati sono stati trovati in diversi soggetti con autismo.
Del resto l’importante prevalenza del disturbo nei maschi, la concomitanza frequentissima in gemelli omozigoti e in soggetti con disturbi genetici noti depongono per una importante componente genetica del disturbo. Attualmente l’autismo viene definito come disturbo con eziologia multifattoriale nel quale però ha sicuramente notevole rilevanza la componente genetica».

I soggetti affetti da autismo si caratterizzano spesso per la loro neurodiversità, che vede le sensazioni e la sensorialità dominare sulla vita psichica.
«Il DSM5, manuale statistico e diagnostico dei disturbi mentali dell’American Psychiatric Association, introduce l’aspetto sensoriale come elemento fondamentale nella diagnosi del disturbo e lo definisce come “iper o iporeattività agli input sensoriali oppure come interesse inusuale verso aspetti sensoriali dell’ambiente”. Questi soggetti hanno spesso una diversa reattività al dolore, possono essere molto disturbati da stimoli sonori o visivi o olfattivi eccessivi. Se pensiamo alla quantità di stimoli sensoriali che sono presenti in molti degli ambienti sociali che frequentiamo, comprese le scuole, possiamo renderci conto di come questi bambini, questi ragazzi siano spesso esposti a situazioni per loro complicate».

La Diagnosi precoce permette di programmare trattamenti tempestivi per ridurre i sintomi dell’Autismo. I più utilizzati sono il Metodo Denver e la terapia comportamentale ABA. Quali sono i punti di forza e limiti di questi trattamenti? E quali sono le nuove frontiere terapeutiche?
«Le Linee Guida dell’Istituto Superiore di Sanità pubblicate nel 2011 indicano il metodo di lavoro basato sulla teoria ABA tra i trattamenti di elezione per il disturbo autistico. I bambini con autismo non imparano nulla spontaneamente e la caratteristica fondamentale del loro apprendimento è che “non imparano ad imparare”. L’Analisi Comportamentale Applicata è il modello più studiato tra i programmi intensivi comportamentali.
Gli studi prodotti fino ad ora sostengono una sua efficacia nel migliorare la comunicazione spontanea, le abilità intellettive, il linguaggio e i comportamenti adattivi. Punto di forza dei programmi ABA è l’intensività del trattamento (nei bambini piccoli sono necessarie almeno 25 ore di lavoro a settimana) la strutturazione dei programmi educativi, la loro condivisione con educatori e insegnanti ed il controllo del lavoro di tutti gli attori interessati da parte del supervisore, che è l’Analista Comportamentale. Il controllo della programmazione avviene soprattutto nei primi anni (l’intervento è definito Intervento Intensivo Precoce) molto frequentemente. Il nostro Centro si è caratterizzato sin dall’inizio per una integrazione dell’intervento ABA con la logopedia, visto che molti dei bambini con autismo presentano gravi disturbi di linguaggio o disprassia verbale. Questo orientamento è ormai condiviso da molti operatori. Punti di debolezza? La necessità di tutti gli operatori, che lavorano con il soggetto autistico, di una formazione specifica e continua».

In questi ultimi anni sono molto in voga alcune teorie secondo le quali i vaccini possano causare l’autismo e altre che attribuiscono a diete povere di zuccheri, caseina o glutine la capacità di controllare questo disturbo. Si tratta di fake-news o c’è un fondo di verità?
«Non ci sono ad oggi evidenze scientifiche sul fatto che i vaccini siano responsabili o corresponsabili dell’autismo né sui benefici delle diete restrittive che molti propongono».

Un grande problema dell’autismo è anche il destino dei ragazzi una volta adulti. Mancano i servizi oltre l’età pediatrica, ossia dopo i 14 anni. Terminato il periodo di inclusione scolastica questi ragazzi ormai grandi sono a pieno carico della famiglia, con scarsi sostegni economici istituzionali. Difficile anche l’accesso al mondo del lavoro, dove ad oggi l’inclusione è pari al 10% degli autistici. Quali sono oggi le possibilità di vita indipendente che può avere un soggetto autistico?
«L’autismo nella vita adulta è un problema che negli ultimi anni comincia ad essere preso seriamente in considerazione da diversi gruppi nel mondo ed anche in Italia. È chiaro che l’autismo del quale ci si dovrà occupare quando il bambino sarà adulto è una disabilità spesso grave, complessa, della quale l’autismo è un pezzetto, a volte neppure il più rilevante e della quale fanno parte anche la Disabilità intellettiva, gravi disturbi del linguaggio e della comunicazione, disturbi del comportamento anche gravi. L’autismo lieve avrà un destino di autonomia con necessità di poco supporto e l’autismo di media intensità dovrà avere tecnici in aiuto e possibilità di lavoro protetto. In questa cornice è chiaro come si debba pensare a strutture diurne o residenziali nelle quali organizzare attività lavorative e di tempo libero, nelle quali prevedere azioni e programmi che evitino o riducano la frequenza di crisi comportamentali, alla cui gestione e sviluppo possano partecipare le famiglie. A mio avviso tutta la disabilità adulta è molto meno “curata” rispetto alla disabilità dell’infanzia, cosa abbastanza incredibile se ci mettiamo a pensare quanto sia più lunga l’età adulta rispetto all’infanzia. La Regione Marche ha previsto un Progetto Autismo Adulti che vedrà nei prossimi mesi la nascita di un Centro clinico a San Benedetto del Tronto ed il finanziamento di tre strutture per adulti una a nord una al centro e una al sud della nostra regione. Dovremo tutti fare attenzione che siano costruite con criteri moderni di cura e di formazione degli ospiti».

 

© riproduzione riservata

Ti potrebbero interessare