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Gabriele Tinti, da Senigallia a Roma e Atene con la poesia delle “Rovine”

Nel mese di maggio i suoi versi saranno saranno letti ai Musei Capitolini, al Museo Archeologico di Venezia, e a novembre all’Hermitage di San Pietroburgo

Franco Nero, legge Il pugile a riposo di Gabriele Tinti al Getty Museum foto di Massimo Nicolaci

SENIGALLIA – Gabriele Tinti è uno scrittore senigalliese internazionale. Ha composto una serie di poesie ecfrastiche: “Rovine”, ispirata ai capolavori dell’arte antica, coinvolgendo importanti attori a leggere i suoi testi di fronte alle opere conservate in musei di rilevanza internazionale come il Metropolitan di New York, il Jean Paul Getty Museum di Los Angeles, il British Museum di Londra, il Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo e di Palazzo Altemps, il Museo Archeologico di Napoli e la Gliptoteca di Monaco.

La ‘ecfrastica’ è un procedimento retorico per cui lo scrittore si cimenta nella descrizione di un’opera fino a renderla quasi ‘visibile a parole’. ἔκϕρασις è una parola greca che significa “descrizione”: la riproduzione, attraverso le parole, di un’esperienza visiva, in particolare di un’opera d’arte.

Gabriele Tinti e Franco Nero, Museo Nazionale Romano di Palazzo Altemps foto di Dino Ignani

Gabriele Tinti ha convinto con i suoi versi a rendere visibili a parole; “Il pugile a riposo”, “Il Galata suicida”, “Il Victorious Youth”, “Il Fauno Barberini”, “Il Discobolo”, “I marmi del Partenone”, “L’Ercole Farnese” e molti drammatici soggetti classici, interpretati da attori del calibro di Joe Mantegna, Robert Davi, Burt Young, Franco Nero, Anatol Yusef e Alessandro Haber.

I componimenti, pensati per essere letti di fronte alle opere che li hanno ispirati, verranno raccolti in un libro. Il progetto “Rovine” verrà raccolto in un volume per le edizioni Skira nel 2018. Il libro conterrà le immagini di Mimmo Jodice ed i testi del poeta Charles Simic oltre che di Sean Hemingway e Kenneth Lapatin, rispettivamente curatori dell’arte antica del Metropolitan Museum e del J. Paul Getty Museum.

Gabriele Tinti, The MET, courtesy Holger Keifel

«Questa serie tenta di riattivare l’aura oramai persa dell’opera d’arte, di tutte quelle reliquie di mondi ed eroi di un’umanità, – spiega Gabriele Tinti – che non ci sono più. Il tragico senso di morte, di vacuità, che appartiene persino ai nostri capolavori che si vorrebbero eterni, l’indeterminatezza che ha circondato spesso le loro attribuzioni, il carattere talvolta puramente ipotetico degli studi, la frammentarietà mutilata con la quale quasi sempre dall’antichità sono giunti sino a noi, mi hanno fornito lo spunto per parlare della caducità della vita, d’ogni opera dell’uomo, del significato del tempo per noi.- Marco Aurelio, ne “I ricordi” rammenta che ”Quel che riguarda il corpo è una corrente che passa, quel che riguarda l’anima sogno e vanità; l’esistenza è battaglia in terra straniera; la gloria postuma oblio”, lenta caduta nella dimenticanza, nell’indifferenza dell’inorganico. Neanche le nostre opere ne sono immuni, così come ciò che più veneriamo. Nonostante il nostro disperato tentativo di preservarle e di resistere».

Nel mese di maggio Tinti e i suoi versi saranno saranno letti ai Musei Capitolini, a giugno nel Museo Nazionale Romano, a luglio nel Museo dell’Ara Pacis, ad Agosto al Museo Archeologico di Venezia, a novembre all’Hermitage di San Pietroburgo e successivamente al Museo Archeologico di Atene.

I libri di Gabriele Tinti sono conservati nei maggiori centri di ricerca della poesia internazionale come la Poets House di NYC, il Poetry Center di Tucson, la Poetry Foundation di Chicago, la Poetry Collection di Buffalo e la Poetry Library del South Bank Centre a Londra. Nel 2014 è stato invitato a partecipare alla Special Edition Series del SouthBank di Londra. Nel 2016 ha pubblicato “Last words” (Skira) in collaborazione con Andres Serrano.

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