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Era felice quell’Arca?

«Che tristezza la vendita della ex azienda agraria, città in liquidazione» affonda Jesi in Comune in vista della nuova asta per casa colonica e terreni. Ma per Jesiamo si tratta di «Una favola ingenua o in mala fede: perso oltre un milione in tre anni»

Il bestiame ad Arcafelice quando l'azienda agraria comunale era ancora operativa

JESI – «Che tristezza la vendita della ex società agricola comunale Arcafelice. Jesi è una città in liquidazione». Così da sinistra Jesi in Comune, e il suo candidato sindaco Samuele Animali, in vista del ritorno sul mercato di casa colonica e terreni un tempo sede della ex azienda agraria del Comune. Ma per Jesiamo, la lista civica di maggioranza a supporto del sindaco, in corsa per la rielezione, Massimo Bacci, quella di Arcafelice è «una bella favola ingenua o in mala fede». E si accende il confronto politico sulla sorte toccata alla società posta in liquidazione nel 2015.

Casa colonica e terreni comunali ex Arcafelice torneranno sul mercato per un prezzo a base d’asta rispettivamente di 236 mila e 158 mila e 500 euro, nell’ambito di una nuova asta pubblica di beni di proprietà di piazza Indipendenza che riguarda anche l’ex scuola rurale Via Colle Pacifico (101 mila euro), due appartamenti in corso Matteotti (200 mila), una abitazione in via Roma (22 mila), gli ex uffici del distaccamento della Forestale a largo Allende (68.900), un edificio rurale e un’area agricola a Montecarotto (158 mila).

Jesi in Comune commenta: «Che tristezza vedere in giro per la città dei manifesti belli colorati che pubblicizzano la vendita della casa colonica e dei terreni della ex società agricola comunale Arcafelice. L’amministrazione comunale ha deciso per la chiusura di Arcafelice già dal 2015, il punto vendita è sparito e la produzione ormai un lontano ricordo, ma fa comunque una gran tristezza assistere alla svendita di quello che era un vanto per la nostra città, invidiatoci da altri centri della provincia e anche da fuori. Una società che allevava animali in maniera sana e biologica, rivendendo direttamente la carne a prezzi equi e offrendo un servizio, alimentare ma soprattutto culturale e sociale, di ottima qualità, con bilanci che potevano essere mantenuti in equilibrio. Un servizio che riforniva le mense scolastiche cittadine, garantendo un’alimentazione più che sana e soprattutto, un’educazione alimentare ai bambini delle scuole cittadine, affiancata anche dall’attività della fattoria didattica. Persino da privatizzata, se non fosse stata smembrata, Arcafelice poteva continuare ad essere di impulso a processi di sviluppo economico e culturale. Ma Jesi è una città in liquidazione».

Punto di vista respinto in toto da Jesiamo: «Continuare a credere che Arcafelice sia stata una bella favola che avrebbe potuto avere un lieto fine significa essere ingenui o in assoluta malafede. Basta parlare con una qualunque associazione di categoria del settore agricolo per capire che era una azienda che non avrebbe mai potuto avere una sua sostenibilità economica e sarebbe costata cara ai cittadini. Come accaduto». Afferma Jesiamo: «Dal 2012 al 2015 Arcafelice ha rimesso oltre un milione. Un’azienda di allevamento non è compatibile con l’essere pubblica, dovendo sottostare a costi (personale, amministrazione, ecc.) necessariamente maggiori di una privata a carattere familiare, come la quasi totalità degli allevamenti marchigiani. I primi bandi con i quali si è provato a vendere l’azienda nel suo insieme sono andati deserti, a conferma che non era appetibile dai privati. La carne non costava poco, anzi: trattandosi di prodotto di alta qualità i prezzi erano tutt’altro che competitivi e la crisi ha portato a un crollo delle vendite, penalizzando anche il valore delle rimanenze. La carne biologica alle mense scolastiche continua a essere fornita, con certificazioni di massima qualità (di Bovinmarche) e a prezzi decisamente più bassi. L’attività della fattoria didattica non era pubblica ma svolta da un privato che continua in altrove, con spazi più ampi e migliori. Infine: le funzioni di un Comune non sono quelle di carattere commerciale di un allevatore o macellaio. Tanto più se con gravi rimesse economiche».

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