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Dalla strada alla rete. Quando i bulli usano i social

Il bullismo colpisce le nuove generazioni, dalle scuole primarie fino alle superiori, amplificato dai social e dalle nuove tecnologie. Il punto con la psicoterapeuta Alessia Tombesi e Luca Russo, presidente dell'associazione osimana “Ragazzi in rete”

Immagine di repertorio

OSIMO – Il bullismo è una piaga che affligge i ragazzi, dalle scuole primarie fino alle superiori, amplificata dai social e dalle nuove tecnologie. Come nel caso di due minorenni osimane. Le storie e le risposte per affrontare il problema attraverso le parole di Alessia Tombesi, psicoterapeuta familiare e psicologa, consulente tecnico al Tribunale di Ancona. «Sono due i casi di ragazzine che frequentano altrettante scuole medie dell’osimano, che proprio in questo periodo ne sono state vittime e ne stanno soffrendo ancora. La discriminazione – racconta Tombesi – è cominciata con l’essere estromesse dal gruppo Whatsapp, che ormai ogni classe crea. Il rifiuto, insomma, passa attraverso le chat e spesso parte dalla diversità di atteggiamento tenuta: a loro, ad esempio, è legata alla pubertà non ancora iniziata a differenza delle coetanee, forti del loro essere “meno bambine”. A volte, però, è difficile persino ravvisare il motivo che scatena il bullo, data la sua banalità. Basta il colore di uno zaino diverso dal gruppetto, ad esempio, oppure un abbigliamento che non si “addice”, o ancora le unghie senza smalto o un’amicizia contesa se si parla di bambine. Non c’è sempre bisogno di avere a che fare con situazioni estremamente delicate, come nel caso dell’omosessualità.

Alessia Tombesi

Non solo alla scuola secondaria di primo grado, anche alle elementari c’è bullismo, ma nel senso più stretto del termine. Ad esempio, sempre in zona, un bambino infastidiva sistematicamente un altro tanto da fargli portare il piccolo cestino dell’immondizia sulla testa a mo’ di cappello. L’autostima cala e la prima idea è la fuga verso un’altra scuola. Quegli atti di certo influiscono sull’andamento scolastico, le vittime fanno fatica a concentrarsi, perdono la motivazione e anche il sonno. La soluzione che propongo è affrontare il problema e non scappare. La buona notizia è che c’è sicuramente più predisposizione da parte dei genitori a chiedere aiuto assieme agli insegnanti. Comportamenti simili non sono più sottovalutati, la sensibilità è maggiore già rispetto a qualche anno fa».

Luca Russo, analista forense, presidente dell’associazione “Ragazzi in rete”, nel giro di un mese, ha portato avanti lezioni frontali con classi di massimo trenta persone incontrando 500 ragazzi delle scuole medie “Caio Giulio Cesare” di Osimo e di Porto Recanati.

Luca Russo

«Rispetto a qualche tempo fa gli episodi sono meno frequenti ma più forti. I casi di bullismo ci sono eccome a Osimo e nella Valmusone. Spesso le vittime non hanno voglia di andare a scuola e manifestano inappetenza, senza arrivare ai casi di anoressia e suicidio. Per diventare più forti del bullo occorre stare uniti. Per questo motivo punto il dito anche verso i complici, colpevoli perché non dicono nulla.

Cerco sempre di far capire anche la pericolosità intrinseca al cellulare quando parlo con i ragazzi. Una foto osé mandata a un altro potrebbe creare problemi di altra natura perché la sim di un minore di solito è intestata ai genitori che quindi potrebbero trovarsi coinvolti in prima persona nell’indagine. Le conseguenze spesso, a quell’età, fanno più paura dell’impegno morale, però ho voluto lo stesso trasmettere il rispetto di questa regola perché parte, o dovrebbe partire, tutto da lì».

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