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Da Filottrano a Panama in quarantena nella giungla

Lorenzo Olivieri, filottranese d’origine, esploratore che vive in Perù per sei mesi all'anno, è rimasto bloccato Oltreoceano a marzo per la pandemia. Ha raccontato la sua esperienza in un libro

Lorenzo Olivieri
Lorenzo Olivieri

FILOTTRANO – La mia quarantena nella giungla è il titolo del libro presentato martedì sera (5 gennaio) in un evento online organizzato dalla biblioteca di Filottrano. L’autore, Lorenzo Olivieri, filottranese d’origine, esploratore italiano che vive in Perù per sei mesi all’anno dove guida gruppi di persone in viaggi spirituali con la compagnia Chakruna, dopo un ritiro spirituale in una remota spiaggia di Panama, è rimasto bloccato per tre mesi in quarantena nella giungla. L’esploratore che si perde e ritrova se stesso e le sue radici in una terra lontano da casa è un archetipo che torna continuamente in film e romanzi. A Lorenzo è accaduto davvero ed ha avuto la capacità di trasformare la visione dell’esistenza anche alle persone che vivono con lui.

Lui stesso ha raccontato: «Era più o meno in questo periodo dell’anno scorso per l’Amazzonia, ma poi siamo stati chiamati per un festival tra popolazioni native a Panama che si teneva dal 1° al 18 marzo. Così, a metà febbraio, abbiamo deciso di cambiare rotta e andare appunto a Panama. Con alcune mie care amiche collaboratrici siamo partiti. Per due settimane eravamo in 2500 persone in tende sulla spiaggia. Al termine del ritiro è scoppiato tutto. La comunità si è divisa in due. Io ero quasi riuscito a trovare un accordo con l’ambasciatore per il ritorno. In quel momento ho incontrato un’amica americana che aveva trovato l’opportunità di fermarsi in un ecovillaggio. È stato amore a prima vista. Ci sono venuti a prendere con una jeep. Ci siamo trovati con 30 persone da 16 nazioni del mondo che venivano dal ritiro. Ero comunque nella lista per l’ultimo volo ma una volta arrivato in aeroporto mi sono accorto che anche le istituzioni erano andate in crisi, non avevamo la priorità a partire rispetto ai peruviani. Siamo dovuti tornare indietro ed è iniziata la quarantena nella giungla».

La vita è stata difficile: «Mi guardavano intorno e vedevo solo verde, ma non il nostro della campagna, animali (che mi trovavo anche nel letto), rumori. Dormivamo nelle palafitte, non c’erano le mura. Ci siamo sentiti in paradiso e allo stesso tempo preoccupati per cosa stesse succedendo nel mondo. Un giorno sì e uno no Internet funzionava e ci aggiornavamo. Ecco la mia giornata tipo. Sveglia all’alba, gli animali fanno un rumore assordante. Poi yoga, meditazione, lettura. Davamo una mano nella cucina e facevamo colazione insieme e ci confrontavamo a seconda di quello che stava succedendo nei rispettivi Paesi. Ci insegnavamo le lingue a vicenda condividendo conoscenze. I primi 15 giorni siamo stati bloccati, è arrivato anche un ministro di Panama per controllare perché eravamo sulla bocca di tutti. Così ci siamo iniziati ad avvicinare e siamo diventati una grande famiglia. Abbiamo iniziato a camminare per la giungla. Una vita comunitaria come mai avevo vissuto nella vita, all’opposto oltretutto di quello che il resto del mondo era costretto a fare, tutti distanziati».

Da un mese e mezzo di quarantena in poi, quando ha iniziato a scrivere, è cambiato tutto. Fino a metà marzo Olivieri si trova nell’ashram che si chiama “Casa Sangam” nella tenuta di Fassia a Gubbio. «Ho preso quel momento difficile della mia vita per trarne beneficio. Anche se ci sembra che non possiamo muoverci abbiamo la libertà interiore che ci permette di raggiungere quella esteriore. Bisognerebbe imparare a sentirsi a casa ovunque, a vedere il diverso come parte di noi, elementi che ci potranno aiutare a risolvere internamente questa crisi».

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