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Cucinare la vitamina C

Abbiamo approfondito quali sono i cibi che ne contengno in maggiore quantità, i trucchi per cucinare sprecandone il meno possibile e per assumerla nel modo migliore, i rischi e le proprietà

E’ venduta in pillole, in polvere, in composti effervescenti e perfino in caramelle. Potentissimo antiossidante, antinfulenzale, fedele aiutante del nostro sistema immunitario, la vitamina C, o acido ascorbico, siamo abituati ad assumerla in tantissimi modi diversi. E’ giusto ricordare, che, prima di tutto, questa sostanza può essere acquistata dal fruttivendolo.

Come è stata scoperta? Lo scorbuto era un malanno di cui, i marinai, spesso soffrivano. Oggi sappiamo che rappresenta la forma più grave di carenza di vitamina C, e che viene manifestata con purulenza a livello gengivale, emorragie gravi e perdita dei denti. Tra gli uomini di mare, c’era l’uso di consumare dei limoni freschi, naturalmente pieni di vitamina C, conoscenza che venne scientificamente confermata, dopo cinque secoli, da James Lind, nel 1700 circa, il quale stabilì una connessione tra mancanza di acido ascorbico e lo scorbuto. Lind si contende il merito con Albert Szent-Gyorgyi, il medico scozzese a cui viene attribuita dai più la scoperta della vitamina C nel 1930.

Qual’è l’alimento che contiene più vitamina C? L’arancia? No. Nonostante nelle confezioni dei farmaci e integratori alimentari ad alto contenuto di vitamina C sia rappresentata, sempre e immancabilmente, un’arancia, gli alimenti che contengono più vitamina C sono altri: il ribes nero (e, in genere, in frutti rossi), i peperoni (gialli), i broccoli, il kiwi, i cavoletti di bruxelles e cavolfiore, le clementine, le fragole e gli spianci. Dopo tutti questi ci stanno le arance. Sono tantissimi anche gli aromi e le spezie che contengono questa vitamina, anche se appare incredibile: l’erba cipollina (liofilizzata), il coriandolo essiccato, il timo fresco e il prezzemolo (liofilizzato o essiccato).

Ci sono degli accorgimenti da tener presenti nell’assunzione di vitamina C da frutta e verdura? Assolutamente sì. Esistono molte variabili che infulenzano la qualità e la quantità di vitamina C presenti in un alimento. Ad esempio, quando spremiamo un’arancia, la vitamina C che viene in contatto con l’ossigeno, e, ossidandosi, va persa. Un altro consiglio è quello di non scaldare mai gli alimenti che contengono questa vitamina, poichè va persa: la vitamina C come molte altre vitamina del gruppo B, è termolabile. Esistono dei trucchi per evitare questo dispendio inutile di acido ascorbico: evitare d’immergere la verdura e la frutta, e lavarla con acqua fredda; aggiungere le verdure solo quando l’acqua in pentola è in ebollizione; usare meno acqua possibile; ridurre al minimo la preparazione di passsati di verdure e purè di verdure. Si pensi che nella sterilizzazione, e quindi quando cuociamo una verdura a 121/150 gradi, c’è una perdita che rasenta il 100% delle vitamine originarie. E’ importante anche la freschezza dell’alimento: tanto più tempo trascorre dalla raccolta all’ingerimento del frutto, meno vitamina C sarà presente. Negli spinaci freschi, conservati a 4°C per una settimana, sarà presente solo il 20% della vitamina C presente alla raccolta. Una notevole perdita di vitamine negli alimenti si ha perfino se si surgelano questi alimenti: la verdura perde il 50% delle sostanze, la frutta fino al 30%.

E se si esagera? Fare indigestione di frutta e verdura è strano a sentirsi, ma i rischi di un’assunzione esagerata di vitamina C può portare ad un aumento di ossalati, con conseguenti calcoli renali, un sovraccarico di ferro e un’inibizione di riassorbimento di acido urico a livello renale.

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