Ancona-Osimo

«Voleva nascondere ai familiari la ricaduta nel gioco», così Maurizio Marinangeli ha ucciso la vicina

Emerge dalle motivazioni della sentenza, uscite nei giorni scorsi, sul delitto di Chiaravalle che hanno condannato all’ergastolo il cuoco affetto da ludopatia. Per la Corte c’era anche la premeditazione: «Emma Grilli non poteva restare viva, avrebbe raccontato»

Marinangeli in tribunale

ANCONA – Un omicidio premeditato tanto che Maurizio Marinangeli, il giorno prima, prende la sua auto e fa un sopralluogo al compro oro di Falconara dove poi rivenderà i gioielli rapinati alla vittima. A spingerlo, la fame per il gioco che per vergogna voleva nascondere ad ogni costo ai suoi familiari, soprattutto dopo l’uscita dalla comunità terapeutica. Voleva apparire cambiato, ma non lo era.

Emerge nelle motivazioni della sentenza di condanna all’ergastolo per il cuoco 58enne, affetto da ludopatia, che il 17 luglio 2018 uccise a coltellate la vicina di casa, a Chiaravalle, Emma Grilli, 85 anni. Le 175 pagine sono uscite nei giorni scorsi, dopo la condanna per l’imputato arrivata invece il 27 marzo scorso. Per la Corte di Assise, presieduta dal giudice Carlo Masini, Marinangeli ha programmato di uccidere la sua vicina di casa per il debito di gioco accumulato e per la vergogna che i familiari scoprissero che aveva ripreso a giocare. La donna fu sgozzata e rapinata di alcuni gioielli poi rivenduti da Marinangeli in un compro oro di Falconara, per 400 euro. Per i giudici popolari il cuoco si era costruito un castello di menzogne per apparire migliore e cambiato. 

«L’imputato – scrive Masini – negli ultimi 20 anni aveva progressivamente e colpevolmente impresso al proprio percorso di vita una spirale via via sempre più negativa che gli ha fatto inanellare un fallimento dietro l’altro in tutte le sfere esistenziali. Il tutto respingendo una autocritica del proprio vissuto ma affidandosi invece ad un vittimismo autoassolutorio. La condotta e le relazioni interpersonali si manifestavano attraverso il sotterfugio, la menzogna, la simulazione, la dissimulazione».

Un castello di menzogne che è crollato. È stata quella la spinta a premeditare il delitto, la Corte ha riconosciuto anche la premeditazione contrariamente al pm Paolo Gubinelli che alla fine del processo non l’aveva più contemplata. «Dopo aver giocato un’ora e mezza compulsivamente all’ex Bar Sorriso (era il giorno prima del delitto) – si legge nella sentenza – ha maturato il proposito criminoso, non soltanto la rapina ma anche l’omicidio con finalità predatoria».

Infatti fa un sopralluogo con la sua auto al compro oro dove poi venderà i gioielli di Grilli. «È evidente che Emma Grilli non poteva restare viva – scrive Masini – perché avrebbe senz’altro raccontato a tutti il furto o la rapina o anche solo la richiesta di oro subiti dal Marinangeli. La spinta che ha indotto l’imputato a delinquere è proprio l’esigenza di nascondere al mondo, familiari, colleghi di lavoro, condomini, la sua grande menzogna e la sua ricaduta nel gioco».

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