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Coronavirus, Sassoferrato: la storia di Roberta Giorgi che ha vinto la sua battaglia

È stata in Rianimazione, con il casco per aiutare la respirazione, lontana da marito e figli, con il senso di colpa per la possibilità di aver contagiato i genitori. Lancia un appello ai no-mask e no-vax

Roberta Giorgi

SASSOFERRATO – In Rianimazione, con il casco per aiutare la respirazione, lontana dal marito e dai figli, con un senso di colpa per la possibilità di aver contagiato i genitori, questa è la storia di Roberta Giorgi di Sassoferrato che è riuscita, finalmente, a vincere la sua battaglia con il Coronavirus. Sono stati giorni cupi, densi di sentimenti contrastanti, ma con il lieto fine.

«È stata dura», racconta Roberta che, dal 2 dicembre 2020 al 9 gennaio 2021, ha combattuto la propria battaglia contro il virus. È risultata positiva e, purtroppo, ha avuto anche i sintomi più duri. Febbre alta per più di dieci giorni. «Mi hanno ricoverata nel reparto Covid di rianimazione allestito all’interno dell’ospedale Carlo Urbani di Jesi. Per ben otto giorni, i medici mi hanno fatto indossare il casco per aiutare la respirazione, 24 ore su 24. Mi mancava il respiro, ero senza forze, ho temuto seriamente per la mia vita. Mi ha aiutata anche sapere che tutta la comunità di Sassoferrato ha pregato intensamente per me e per tutta la mia famiglia», racconta.

Casco per ventilazione

Roberta ha avuto paura, lontana e sola dai suoi bambini di 8 e 13 anni, positivi al Covid ma fortunatamente asintomatici. Contagiato anche suo marito «che, però, è riuscito ad affrontare la sua polmonite bilaterale restando in casa, con i nostri figli». Oltre alla paura, anche il timore perché contagiati anche i suoi genitori. «Fortunatamente, sono ora negativi al Covid, ma mio padre sta ancora affrontando le conseguenze della malattia. Il Coronavirus, infatti, gli ha creato altri problemi legati alla sfera neurologica e cognitiva».

Dopo tanta sofferenza, la lenta guarigione. «Quando ho tolto il casco e sono tornata a utilizzare solo la maschera facciale per l’ossigeno, mi è sembrata una grande vittoria. In questo frangente ho preso una decisione, rinunciare alla mia privacy in favore di tutti. Mi sono scattata delle foto perché volevo che si capisse bene la pericolosità di questa malattia. Vi invito a riflettere sull’opportunità che ciascuno di voi ha. Vi assicuro che è meglio indossare la mascherina in luoghi pubblici, invece che stare h24 con il casco. Non è uno scherzo. Per niente. Non vi nascondo che provo molta rabbia quando mi imbatto in commenti di gente che parla a sproposito di fantomatiche teorie del complotto, o di persone che fieramente no-vax e no-mask, mettono in dubbio quanto ho subito personalmente e visto con i miei occhi. Non è possibile per la vostra sicurezza, ma sarebbe opportuno che tutta questa gente potesse farsi un giro nei reparti Covid dei nostri ospedali regionali, sono certa che cambiereste idea velocemente, almeno me lo auguro».

Roberta Giorgi ha vinto la sua battaglia e lo ha fatto anche grazie alla professionalità e competenza di chi l’ha avuta in cura. «Sono stati giorni difficili, ma si può battere il Covid – dice Roberta -. E per questo non posso che concludere, ringraziando i medici, infermieri e Oss del Carlo Urbani di Jesi che, con grande professionalità, mi hanno fatto rivivere una seconda volta».

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