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Coronavirus: Eleonora e Paolo, volontari osimani nel focolaio di Bergamo

I due operatori della Misericordia sono rientrati a Osimo dopo quattro giorni di servizio in Lombardia in appoggio al 118. «È stato come stare in guerra, non sottovalutate questo virus»

Paolo Serenellini ed Eleonora Bellaspiga, i due volontari osimani della Misericordia che hanno prestato servizio a Bergamo

OSIMO – Quando sono stati chiamati per andare in Lombardia non hanno avuto esitazioni. Eleonora Bellaspiga e Paolo Serenellini, osimani volontari della Misericordia, sono partiti mercoledì alla volta di Bergamo, uno dei principali focolai del coronavirus in Italia, e lì hanno prestato servizio con l’ambulanza del 118. Sono tornati a casa ieri dopo quattro giorni durissimi, dal punto di vista fisico ed emotivo, con turni di servizio di oltre 12 ore al giorno, in prima linea contro l’emergenza, consapevoli dei i rischi che correvano ma consci del fatto che c’era bisogno del loro aiuto. Ma guai a chiamarli eroi. «Per noi questo è normale, siamo abituati a operare nell’emergenza – ci spiega Eleonora – siamo volontari e andiamo dove c’è bisogno a seconda della nostra disponibilità. Con gli altri ragazzi della Misericordia stavo facendo il servizio di consegna a domicilio dei medicinali e della spesa qui a Osimo, poi ci è arrivata la chiamata e con il mio collega Paolo ci siamo detti “okay, partiamo” e dopo mezz’ora eravamo già in viaggio».

Lo scenario al quale hanno assistito in Lombardia è apocalittico. « Un altro mondo  – continua Eleonora – ho avuto l’impressione di stare in un clima di guerra contro un nemico invisibile. Noi abbiamo operato tra Bergamo, Brescia e provincia, gli ospedali sono al collasso, ci sono code anche di quattro ore, ambulanze in fila con il paziente dentro che non possono entrare in ospedale, in attesa che si liberino dei posti letto e questo avviene spesso perché nel frattempo sono decedute altre persone che erano ricoverate. Una delle signore che abbiamo soccorso purtroppo non ce l’ha fatta». C’è comprensibile commozione nelle sue parole. «È un’esperienza che ti segna – conferma la volontaria osimana – sono saltati tutti i protocolli, il paziente che viene portato in ospedale rimane da solo, non può essere seguito dai parenti, è isolato. La stessa cosa ovviamente vale per i bambini, che vengono presi senza poter portare a bordo la mamma.

Noi abbiamo pregato che non ci capitasse, ma purtroppo queste situazioni esistono».  Tra tanto dolore però l’aspetto forse più confortante è proprio il calore della gente e la grande solidarietà di cui il nostro Paese sta dando ancora una volta dimostrazione. «Noi italiani quando c’è un’emergenza rispondiamo sempre all’appello – spiega Paolo Serenellini, appena 23enne anche lui volontario della Misericordia -. Ho visto tantissimi colleghi provenienti da altre regioni, Toscana e Liguria in particolare. È stata bellissima l’accoglienza e il calore che abbiamo ricevuto, soprattutto quando sapevano che venivamo dalle Marche. Non dimenticherò mai gli occhi delle persone che soccorrevamo e che ci erano grati per essere venuti». I due volontari hanno operato con tutti i dispositivi di protezione possibili. «Aavevamo una copertura integrale – spiega Paolo – ci hanno rifornito di tuta anticontaminazione con cappuccio, occhiali e mascherine FFP2, guanti multistrato, copri scarpe che ogni volta cambiavamo. Terminato il servizio venivamo sanificati con appositi prodotti».

Ora i due volontari dovranno osservare un periodo di quarantena nel proprio domicilio della durata di 14 giorni. «Sarà difficile stare in casa sapendo di non poter essere d’aiuto – ci dice Paolo – ma è assolutamente giusto farlo per non mettere a rischio gli altri. Terminata la quarantena rientrerò in servizio e se servirà mi metterò a disposizione per il nostro territorio». Eleonora lancia invece un appello: «Restiamo a casa, io ho visto l’entità della malattia da vicino e so quando è pericolosa, chi la descrive come “poco più di un’influenza” non ha la minima percezione di cosa si tratti, non è un virus che colpisce solo anziani, noi abbiamo soccorso anche 40enni, con il Covid-19 davvero non si scherza e l’unico modo che abbiamo per uscire fuori da questa situazione è rimanere a casa».

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