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Congresso Fdi, Mangialardi: «Ricatti tra Baldelli e Baiocchi che rischiano di paralizzare la Regione»

Per il capogruppo Pd in consiglio regionale “Gli scontri di potere all’interno del centrodestra affondano le Marche”

Maurizio Mangialardi, capogruppo Pd

PESARO – Tensioni in maggioranza, il capogruppo del Partito Democratico in consiglio Regionale Maurizio Mangialardi le sottolinea.

«Da alcuni mesi, e in particolare da dopo l’approvazione di quel Piano Socio Sanitario Regionale che dovrebbe rappresentare l’anima e il cuore del nuovo corso politico marchigiano inaugurato dalla vittoria del centrodestra alle regionali del 2020, assistiamo al crescere di tensioni tra i partiti di maggioranza. Tensioni che stanno febbrilmente scuotendo le fondamenta della giunta Acquaroli.

L’ultimo capitolo è la feroce polemica che scoppiata a Pesaro intorno al congresso di Fratelli d’Italia tra l’assessore regionale alle Infrastrutture Francesco Baldelli e il consigliere regionale Nicola Baiocchi. Alcuni potrebbero obiettare che non si ficca il naso in casa degli altri partiti, ma la vicenda sta assumendo un peso rilevante sugli assetti istituzionali della Regione Marche e i giochi di potere tra le diverse fazioni del partito della Meloni stanno avendo gravi ripercussioni sulla comunità marchigiana. Infatti, le eventuali dimissioni minacciate da Baldelli (di fatto un ricatto a Baiocchi, che in tale caso uscirebbe dal consiglio) andrebbero a paralizzare ulteriormente due settori strategici come le infrastrutture e l’edilizia sanitaria, deleghe in capo all’assessore, e la sanità, visto che Baiocchi è presidente della commissione competente».

Per Mangialardi «lo scontro Baldelli-Baiocchi rappresenta solo l’ultimo capitolo. Non dimentichiamo, infatti, la crisi aperta a ottobre dalla segretaria della Lega Giorgia Latini per chiedere la testa degli assessori Saltamartini, Biondi e Antonini. Nel primo caso un vero e proprio atto di sfiducia di fronte disastro sanitario prodotto negli ultimi tre anni, nel secondo e nel terzo una classica manovra da Prima Repubblica per fare spazio a dirigenti di partito in cerca d’autore come Mauro Lucentini. Una crisi per il momento risolta dal presidente Acquaroli facendo pagare ai marchigiani 60 mila euro all’anno per la nomina a sottosegretario della giunta (ma sarebbe meglio dire a tutor dell’assessore Saltamartini) dell’ex primario del Pronto soccorso di Torrette Aldo Salvi. Una manovra, vale la pena ricordarlo, che ha sollevato i dubbi della Corte dei Conti.

Tutto ciò accade mentre l’assessore al Lavoro Stefano Aguzzi arde dalla voglia di scappare dalla giunta per tornare a candidarsi a sindaco di Fano, incurante delle crisi aziendali che si moltiplicano sul territorio, e l’assessore al Bilancio Goffredo Brandoni, ritrovatosi in giunta per caso, dopo la mancata nomina di Carlo Ciccioli, appare totalmente spaesato, come dimostra plasticamente l’opaca vicenda che vede coinvolta l’Atim e la compagnia aerea Aeroitalia.

Di fronte a questo sconfortante quadro, qualcuno ancora si stupisce che in soli tre anni di governo del centrodestra le Marche siano retrocesse dal gruppo delle regioni più sviluppate a quelle in transizione? La verità è che la cosiddetta filiera istituzionale, che secondo i rappresentanti del centrodestra, da Meloni e Acquaroli in giù, doveva rappresentare la panacea di tutti i mali della nostra regione, si sta rivelando un melmoso terreno di faide interne e carrierismi che non hanno nulla a che fare con i problemi dei marchigiani. Il dramma, però, è che ad affondare non sono questi improvvisati timonieri delle istituzioni regionali, bensì i cittadini e le imprese».

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