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Associazione mafiosa, sequestro milionario a commerciante d’auto di San Benedetto

I militari del comando provinciale della Guardia di finanza di Ascoli Piceno hanno sequestrato oltre 2 milioni di euro all'imprenditore di origine pugliese. L'uomo gestiva le sue attività illecite attraverso dei prestanome. Tra i suoi beni, 2 aziende, 5 immobili, 19 auto, tra le quali una Porsche da 200 mila euro, 2 moto di grossa cilindrata

ASCOLI PICENO – Associazione di stampo mafioso, ricettazione, riciclaggio, bancarotta fraudolenta, truffa, furto e appropriazione indebita. Sono solo alcuni dei reati commessi da un commerciante d’auto pluricondannato che a San Benedetto del Tronto aveva avviato una serie di fiorenti attività “schermo” attraverso le quali gestiva i suoi illeciti.

L’uomo, 52enne di origine pugliese si era trasferito nel 2000 nella Riviera delle Palme, dove sin da subito non era sfuggito all’attenzione del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Ascoli Piceno che a fine luglio, a conclusione di un’articolata indagine, ha sequestrato all’imprenditore il patrimonio di sua proprietà pari a 2,2 milioni di euro.

All’imprenditore sono stati sequestrati 5 immobili, tra cui fabbricati ad uso commerciale e appartamenti ubicati nei territori di San Benedetto del Tronto (AP) e di Orta Nova (FG), 2 aziende operanti nel settore del commercio di autovetture, una delle quali con sede a San Benedetto del Tronto e l’altra in provincia di Potenza, 19 autovetture, tra le quali una Porsche del valore di oltre 200 mila euro e 2 moto di grossa cilindrata.

Il provvedimento di sequestro, disposto dall’Ufficio Misure di Prevenzione del Tribunale di Ancona, su proposta del Procuratore della Repubblica di Ascoli Piceno ha riguardato anche le disponibilità finanziarie rilevate su 18 conti correnti e titoli di credito, oltre a gioielli, diamanti e perle rinvenuti all’interno di una cassetta di sicurezza presso un istituto di credito.

La complessa attività di indagine delle fiamme gialle picene ha abbracciato il periodo dal 2000 al 2017 e si è avvalsa del supporto dell’intelligence dello Scico, Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata della Guardia di Finanza di Roma. Sulla base delle informazioni fornite dal servizio di intelligence, il Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Ascoli Piceno ha avviato una serie di accertamenti di carattere patrimoniale che oltre ad aver accertato la sproporzione tra redditi dichiarati e beni posseduti dall’imprenditore ne ha stabilito la ”pericolosità sociale di tipo
economico-finanziario” sia del commerciante d’auto che dei suoi familiari, prestanome delle attività e dei beni.

Il comandante provinciale delle fiamme gialle di Ascoli Piceno, Michele Iadarola

Un bel risultato quello messo a segno dai militari delle fiamme gialle picene, guidati dal comandante Michele Iadarola, che arriva a pochi giorni di distanza dalla confisca dei beni per 1,1 milioni di euro eseguita dal Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Ascoli Piceno nei confronti di un faccendiere di Grottammare. «Conferma la particolare attenzione posta nei confronti di queste situazioni che vedono coinvolti personaggi che la giustizia ha ormai definito come socialmente pericolosi dal punto di vista economico e finanziario per i proventi derivanti dalle attività illecite – spiega il colonnello Iadarola -. Un’attività costante e specialistica che ha portato alla ricostruzione del patrimonio di proprietà dell’imprenditore».

Le società del commerciante d’auto erano amministrate infatti da “prestanome” e da membri del suo nucleo familiare, dei quali l’imprenditore stesso si è servito per effettuare le sue attività illecite. Nel corso degli anni, infatti, l’uomo aveva effettuato investimenti mobiliari ed immobiliari, di ingente valore, sproporzionati rispetto ai redditi dichiarati e, quindi, alle disponibilità ufficiali. Questo ha permesso di applicare il “Codice Antimafia” data la sproporzione di 2,5 milioni di euro rilevata dalle Fiamme Gialle nel corso degli accertamenti. I beni sono stati affidati, in gestione ad un amministratore giudiziario nominato dal Tribunale di Ancona.

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