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Pinti untore Hiv, depositate motivazioni sentenza. Romina Scaloni: «Test e terapie obbligatori»

L'ex fidanzata di Claudio Pinti ha quasi ultimato il libro nel quale racconta la sua storia. Parlando delle infezioni chiede un maggiore monitoraggio

Romina Scaloni
Romina Scaloni

ANCONA – È un Claudio Pinti negazionista e consapevole di tenere un comportamento non lecito data la sua sieropositività, quello che emerge dalle motivazioni della sentenza d’Appello che il 26 novembre scorso ha confermato per l’autotrasportatore di Montecarotto la condanna a 16 anni e 8 mesi di reclusione. Pinti è accusato di aver contagiato con il virus dell’Hiv la compagna Giovanna Gorini morta nel 2017 per una patologia riconducibile all’Hiv e l’ex fidanzata Romina Scaloni. Ad entrambe aveva nascosto di essere sieropositivo nonostante lo sapesse già.

«La verità è venuta a galla nelle motivazioni, è emersa l’intenzionalità della sua condotta, la sua volontà di fare del male» commenta la Scaloni, «le motivazioni riconoscono che lui sapeva già dal 2007 di essere sieropositivo e non ha detto nulla, neanche alla compagna Giovanna Gorini, nonostante abbia sempre sostenuto il contrario e cioè di averla informata, che lei sapesse».

«Pinti non ha mai voluto curarsi – prosegue –  , in questo modo ha tolto la libertà e la salute a me, alla sua compagna e alle altre donne che ha abbordato e contagiato». «Ringrazio la Corte d’Appello e il Pm perché nel brutto di questa vicenda sono stati eccezionali, umani, precisi e accurati nel far emergere la verità in ogni suo aspetto».

Riproponiamo l’intervista alla donna che ha contratto l’hiv dall’ex partner e che ha avuto il coraggio di denunciare questo “amore malato”

L’ex fidanzata di Claudio Pinti poi ricorda le tesi negazioniste sempre ostentate dall’uomo e le chat in cui lo stesso «si vantava di curare la compagna con una modica cifra somministrandole bicarbonato di sodio e olio di cannabis». «Deve scontare ogni giorno di galera per quello che ha fatto», osserva dura, ma nonostante la dura condanna verso Pinti, Romina Scaloni è determinata a guardare avanti e tiene la barra dritta verso il suo obiettivo: fare in modo che la sua triste e dura esperienza possa servire da monito. Per questo, come ci aveva annunciato  alcuni mesi fa, ha scritto un libro nel quale ha messo nero su bianco la sua storia.

«L’ho quasi completato, mi resta solo da aggiungere l’epilogo della vicenda, cioè la parte riguardante il processo. Poi lo darò in mano ad un editore, ad una persona che abbia la sensibilità di comprendere il vissuto e la sofferenza che c’è dietro questa storia, ma anche il mio proposito che è quello di aiutare altre persone, altre donne ad evitare di incappare in uomini come Pinti, un demone travestito da angelo».

Per combattere l’escalation di contagi da Hiv, secondo la Scaloni servono idee e azioni rivoluzionarie: «Serve un maggiore monitoraggio sui casi di infezione. Sarebbe importante inserire il test per l’Hiv tra le analisi di routine prescritte dal medico, senza la necessità di dover chiedere il consenso al paziente per prescriverlo. Solo in questo modo si può scoprire in tempo l’infezione e curarsi con maggior successo».

Ma importante per l’ex fidanzata di Pinti è anche «obbligare alla terapia chi si scopre sieropositivo. Se una persona non vuole curarsi lo Stato dovrebbe farsi da garante per tutelare la salute pubblica».

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