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Ancona, primo doppio switch al cuore su bambino tachicardico. La mamma del piccolo Francesco: «Avrà una vita normale»

Intervento di 17 ore per Francesco, bambino di 3 anni di Arquata del Tronto, affetto dalla nascita da una rara patologia cardiaca congenita e da una tachicardia. Ora il piccolo sta bene. Ecco il racconto della mamma

Il cardiochirurgo Pozzi, con il piccolo Francesco Rossi e sua mamma Aurora Lauri

ANCONA – «Francesco sta bene, ha avuto una ripresa incredibile a neanche due mesi dall’intervento che gli ha restituito la speranza di un futuro, di una vita normale, di crescere come i suoi coetanei». A parlare è Aurora Lauri, la mamma del piccolo Francesco Rossi, che a pochi mesi dai 3 anni di età, che compirà a maggio, ha subìto un intervento di doppio switch al cuore, eseguito il 2 febbraio scorso dal cardiochirurgo Marco Pozzi, direttore del reparto di Cardiochirurgia e Cardiologia Pediatrica e Congenita dell’Azienda ospedaliero universitaria delle Marche.

Francesco era nato, racconta la mamma, con una cardiopatia, la trasposizione congenitamente corretta delle grandi arterie, scoperta durante la gravidanza alla quale si somma la sindrome di Wolff-Parkinson-White che consiste nell’anomalia del percorso elettrico del cuore, che causa tachicardia, tanto da spingere il suo cuoricino anche a 320 battiti al minuto, spiega la mamma. L’intervento eseguito a Torrette è definitivo per la trasposizione congenitamente corretta delle grandi arterie.

Un percorso di vita complesso quello del piccolo Francesco che, già appena nato si trova a lottare come un leone, insieme ai suoi genitori, con i quali vive ad Arquata del Tronto, il comune del cratere sismico, devastato dalle scosse del 2016. «A quattro giorni dalla nascita – ricorda la mamma – eravamo ancora ricoverati in ospedale, quando ha avuto il primo episodio di tachicardia, e a 17 giorni ha subìto un bendaggio dell’arteria polmonare» a cui è seguito un correttivo ad un anno di età.

Un momento dell’attività dell’associazione Un Battito di Ali con Francesco Rossi

Nel destino di Francesco c’era già l’intervento di doppio switch, che lui ha eseguito, come 14esimo bambino in Italia e come primo al mondo affetto anche da sindrome di Wolff-Parkinson-White. Ora «sta benissimo» ed i suoi genitori sono sollevati, perché può condurre una vita normale, pur curando la tachicardia, in attesa dell’intervento di ablazione. Una famiglia piombata nell’incubo, in «una realtà a noi sconosciuta. Avevamo già due figli, uno di 14 anni e uno di 13, entrambi sportivi e senza problemi di salute, seguiti, proprio per lo sport anche sotto il profilo cardiaco. La malattia di Francesco ci ha cambiato la vita, perché per lui, senza l’intervento, si sarebbe prospettata la strada dello scompenso cardiaco e del trapianto, come una soluzione».

L’incontro con il dottor Pozzi «ci ha cambiato la vita – racconta la mamma di Francesco – un intervento, quello che ha eseguito, molto complesso, specie nel suo caso, che solo pochi cardiochirurghi eseguono e che nel suo caso non ci era mai stato prospettato da altri». Un intervento durato 17 ore che Francesco ha subìto a nemmeno 3 anni di età e che lo ha visto uscire dall’ospedale dopo un mese dall’operazione. Un bambino che dalla nascita è entrato e uscito più volte dall’ospedale, subendo esami ed interventi invasivi, mentre per la sua età dovrebbe trascorrere il tempo, dedicandolo al gioco.

A rendere meno traumatico il ricovero in ospedale ci hanno pensato i volontari dell’associazione Un battito di Ali guidata da Valentina Felici: «Francesco si è rimesso in piedi grazie a loro – dice la mamma -, a un progetto chiamato “cartella giocosa” con delle attività pensate e studiate appositamente per lui, finanziate dall’associazione e proposte dal ‘dottor Pupozzi’».

Un progetto che accompagna il bambino dalla camera dell’ospedale alla sala operatoria, dove Francesco è arrivato accompagnato dal ‘dottor Pupozzi‘, travestito dall’incredibile Hulk: una bella iniziativa che solleva non solo i piccoli pazienti, ma anche le loro famiglie, regalando un momento spensierato nella fase più traumatica, quella del distacco dai genitori per l’intervento chirurgico. La mamma rivolge «un sentito ringraziamento a cardiologi, cardiochirurghi e infermieri, che sono stati speciali», oltre che all’associazione.

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