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Strade, è strage di pedoni e ciclisti. Seri (UniKore): «Servono infrastrutture funzionali e sicure, ma anche attraenti»

Solo nelle Marche negli ultimi 8 giorni sono due le vittime della strada: il piccolo Francesco Lignola di appena 11 anni travolto mentre era in bici a Marzocca e un 23enne bengalese investito a Mondolfo

ANCONA – Superato il tetto dei 300 pedoni uccisi (301) sulle strade italiane dall’inizio dell’anno, di cui 37 solo a settembre, mentre sono 144 i ciclisti morti da gennaio al 17 settembre. Il dato è dell’Osservatorio Asaps, l’Associazione sostenitori della Polizia stradale, in collaborazione con Sapidata. Solo nelle Marche negli ultimi 8 giorni sono due le vittime della strada: il piccolo Francesco Lignola di appena 11 anni investito il 20 settembre a Marzocca mentre era in sella alla sua bici e un 23enne bengalese (pedone) travolto a Mondolfo.

Secondo il report da inizio anno nel Paese sono morti complessivamente 195 pedoni uomini e 106 donne: 149 avevano più di 65 anni, 15 avevano meno di 17 anni. I ciclisti morti (al 17 settembre) sono 124 uomini e 20 donne: 56 avevano più di 65 anni. Perché così tanti morti? Lo abbiamo chiesto al professor Paolo Seri professore aggiunto di Economia del territorio e dell’ambiente Unikore e Univpm.

Alla base del problema, secondo il docente c’è la carenza di infrastrutture e servizi pubblici che mettano al centro e siano complementari con la mobilità leggera. «Le città italiane, al contrario di quelle del Nord Europa si sono sviluppate dal punto di vista economico dopo l’avvento dell’automobile – spiega – per cui gli insediamenti sono funzionali soprattutto all’uso dell’automobile, questo è un problema storico nel nostro Paese».

Negli ultimi anni, osserva, si è moltiplicato il numero dei comuni che hanno realizzato piste ciclabili con fondi dell’Unione Europea «tralasciando però, in troppi casi, la qualità della progettazione in termini funzionali ma anche estetici, una progettazione che possa cioè incidere sulle funzioni di preferenza (abitudini) degli individui».

Paolo Seri, docente Univpm

Insomma, le piste ciclabili non mancano, ma «spesso sono sconnesse e scollegate fra loro, non funzionali e quindi, infine, non attraenti. Per far cambiare abitudine agli italiani e preferire la bicicletta all’auto bisogna rendere queste infrastrutture funzionali e anche belle, ad esempio con ponti in legno per attraversare in sicurezza la strada e alberature come viene fatto regolarmente in Germania». La qualità secondo l’esperto è un aspetto cruciale, «la politica deve capire che bisogna puntare sulla funzionalità delle ciclabili che devono collegare aree ad alta pendolarità, ma deve anche farlo con ciclabili di qualità (anche estetica) che attraggono e riescano a cambiare le abitudini di spostamento degli individui».

Ma l’incidentalità deriva anche, secondo il docente Univpm, da un aspetto culturale «i pedoni e i ciclisti vengono visti dagli automobilisti come un ‘inciampo’ alla viabilità sulle strade e su questo aspetto c’è molto da fare da parte dei media e delle pubbliche amministrazioni per cambiare i riferimenti culturali, che attualmente pongono l’auto al centro di forti valori emozionali».

Per quanto concerne la sicurezza dei pedoni, un altro tema è quello delle aree urbane con limite di velocità fissato a 30 km/h, «far rallentare i mezzi è una soluzione per incrementare la sicurezza, ma serve anche una pianificazione urbanistica che conduca ad una mobilità diversa coordinata con i piani urbanistici». Servono ponti pedonali per gli attraversamenti, e occorre «incentivare l’attrattività del trasporto pubblico per cambiare le abitudini degli automobilisti che prendono l’auto anche per percorrere poche centinaia di metri. Non è realizzando parcheggi nei centri cittadini che si disincentiva l’uso delle auto. Utilizzare i mezzi pubblici aumenta la sicurezza di pedoni e ciclisti e riduce l’inquinamento», conclude.

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