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Reddito di cittadinanza, allo studio app per incrociare domanda e offerta

Il premier Conte ha annunciato di voler rivedere la misura di sostegno con la creazione di un sistema unico e nazionale informatico che aiuti i disoccupati a trovare un lavoro e le aziende a trovare le persone che lo cercano. Nelle Marche tra aprile 2019 e agosto 2020 sono 35.807 le persone che hanno ottenuto il sussidio

ANCONA – Una app per incrociare domanda e offerta di lavoro e dare un bel giro di vite sul Reddito di cittadinanza. È quanto intende fare il presidente del Consiglio Giuseppe Conte che ha annunciato di voler rivedere la misura di sostegno al reddito in modo da garantire una stretta su chi percepisce il sussidio e rifiuta un lavoro. In pratica in previsione c’è l’istituzione di una task force che dovrà mettere in piedi una piattaforma informatica e successivamente una app per consentire l’incrocio fra domanda e offerta di lavoro, così da rendere difficile rifiutare un lavoro e mantenere il Reddito di cittadinanza.

I NUMERI
Nelle Marche, tra aprile 2019 e agosto 2020 hanno ottenuto il Reddito di cittadinanza 15.130 famiglie e 35.807 persone, per un importo medio mensile pari a 481,22 euro, mentre sono 13.279 le respinte. In testa c’è la provincia di Ancona con 4.875 famiglie che hanno ottenuto questa forma di reddito, seguita da Macerata con 3.046, Pesaro Urbino 2.990, Ascoli Piceno 2.334 e Fermo 1.885. Prendendo ad esame il numero delle persone, primeggia sempre la provincia di Ancona con 11.678 cittadini che hanno ottenuto il Reddito di cittadinanza, seguita da Macerata (7.418), Pesaro Urbino (6.740), Ascoli Piceno (5.402) e Fermo (4.569). A percepire la pensione di cittadinanza invece sono 2.619 persone nelle Marche con un importo mensile medio di 219,30 euro.

Parla di «riforma innovativa in via di miglioramento, a partire dalla riforma dei centri per l’impiego» il senatore marchigiano e facilitatore del Movimento 5 Stelle Giorgio Fede che rimarca come tuttavia l’iter sia ancora in corso di attuazione: «In Germania hanno impiegato 10 anni alla revisione dei centri per l’impiego. Se poi pensiamo anche che per i Puc (Progetti di Ultilità Collettiva), su oltre 8.000 comuni, solo 400 sono stati in grado di avviarli, capiamo ancora meglio che è un percorso i cui benefici sono condizionati dalla completa attuazione della norma ancora in corso. Una attuazione che passa per la riforma dei centri per l’impiego in capo alle Regioni, all’impegno dei comuni Italiani». Una misura che fin dall’inizio ha suscitato divisioni e polemiche e per la quale ora Conte vuole aggiustare il tiro per evitare che ci siano situazioni “scabrose” con persone che percepiscono questo reddito e che rifiutano una occupazione facendo affidamento sul sostegno.

Giorgio Fede
Giorgio Fede

Insomma, aggiustamenti a parte, è necessario secondo Fede che «tutte le istituzioni Italiane lavorino per rendere ancor più efficace una disposizione che deve dare la miglior soluzione per i milioni di Italiani in difficoltà, cercando tutte le azioni per rimuovere quelle inefficienze del sistema del lavoro italiano, a partite da un controllo efficace per migliorare una norma giusta, finalmente attuata anche in Italia».

Esempi negativi, osserva «li troviamo in tutte le disposizioni, dalla previdenza, alle pensioni di invalidità, fino ad arrivare a misure importanti del welfare come la cassa integrazione, in cui con l’esperienza Covid abbiamo visto quanti furbetti sono stati registrati anche tra gli imprenditori. Il compito reale – prosegue –  è rendere l’Italia un paese migliore, in cui pochi furbi, ovunque collocati, non annullino sacrosante norme di giustizia sociale e di tutela delle categorie più deboli».

Il senatore ricorda che nell’ambito dei Patti per il lavoro e l’inclusione sociale, i beneficiari del Reddito di cittadinanza «sono tenuti a svolgere Progetti Utili alla collettività nel comune di residenza per almeno 8 ore settimanali, aumentabili fino a 16. I Comuni sono responsabili dei Puc e li possono attuare in collaborazione con altri soggetti». Non solo un obbligo, i Puc rappresentano e devono rappresentare un’occasione di inclusione e crescita per i beneficiari e per la collettività.

Una mossa, quella di Conte, che raccoglie il plauso anche del senatore marchigiano del Movimento 5 Stelle Mauro Coltorti. «Doveva essere una misura transitoria, che avvia al lavoro e, dunque, a una occupazione, preferibilmente stabile, come stabili sono tutti i posti di lavoro le che il Movimento 5 Stelle intende creare da quando è al Governo – dichiara il senatore Mauro Coltorti – . Il processo è stato rallentato dalle Regioni che avrebbero dovuto istituire e/o potenziare gli uffici regionali per i navigator, cioè coloro che si sarebbero dovuti occupare della raccolta dati e del processamento delle richieste».

Mauro Coltorti, presidente della Commissione Lavori Pubblici del Senato

Ma secondo il senatore è mancato anche «un sistema integrato telematico che mettesse insieme domanda e offerta delle le varie regioni italiane, in modo che il lavoro e chi lo svolge potessero essere un patrimonio del Paese e non di una singola regione. È inaccettabile che persone in grado di lavorare e anche in possesso di conoscenze avanzate siano impedite a farlo dalla mancanza di capacità organizzativa. Inoltre inizialmente era stato stabilito che le persone che ricevevano un’offerta avrebbero dovuto rispondere a rischio di perdita del Reddito di cittadinanza. Vanno sicuramente aumentati i controlli affinché il sussidio vada a chi effettivamente ne ha bisogno. Non è una misura assistenziale, come qualcuno lo vuole dipingere, e come è stato durante l’emergenza Covid. Con la pandemia il Reddito di cittadinanza è stato un perfetto strumento in grado di garantire la tenuta economica delle fasce più deboli della popolazione e ha sicuramente evitato disordini sociali. Chi lo ottiene lo deve anche meritare rispondendo prontamente alle offerte di lavoro e mettendosi in gioco».

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