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Produzione industriale in calo. Cardinali, Confindustria: «Pesa il rallentamento dell’economia tedesca e la flessione nel Nord Europa»

Secondo l'ultima rilevazione dell'Istat la produzione industriale nel Paese è in flessione del 3,4% rispetto a gennaio 2023. Il punto sull'andamento dell'economia regionale con il presidente di Confindustria Marche, Roberto Cardinali

Roberto Cardinali, presidente Confindustria Marche

Produzione industriale in flessione del 3,4% a gennaio rispetto al 2023, e del -12,1% rispetto a dicembre 2023. Emerge dall’ultimo rapporto dell’Istat. A crescere lievemente è solo l’energia (+0,4%), mentre calano i beni intermedi (-2,5%) e in misura più accentuata i beni strumentali (-4,9%) e quelli di consumo (-5,4%).

Gli unici settori di attività economica in crescita sono la fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (+2,0%), la fornitura di energia elettrica, gas, vapore ed aria (+1,1%) e le industrie alimentari, bevande e tabacco (+0,6%). Le flessioni più ampie si registrano, invece, nella produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (-15,2%), nell’attività estrattiva (-9,9%) e nell’industria del legno, della carta e della stampa (-8,0%).

Quale la situazione nelle Marche? Ne parliamo con il presidente regionale di Confindustria, Roberto Cardinali.

Quali sono i settori che soffrono di più nelle Marche e perché?
«La situazione di incertezza è trasversale e tocca tutti i settori produttivi. Lo possiamo constatare ad esempio guardando alcuni comparti tipici del Made in Italy, come il mobile e il calzaturiero. Guardando agli arredi, si registra anche nella nostra regione un rallentamento della domanda, anche sull’export, dovuta ai conflitti in corso, dal protrarsi della guerra in Ucraina alla crisi in Medio Oriente. Il blocco del canale di Suez ha inoltre causato una difficoltà consistente nel reperire le materie prime».

Cardinali fa notare che «tra le imprese c’è grande attesa in vista del Salone del mobile ed Eurocucina in programma a Milano a metà aprile. Un appuntamento importante nel quale si spera in un’inversione di tendenza. Nel calzaturiero, invece, un segnale di allarme arriva dall’incremento di richieste di cassa integrazione. Le piccole e medie imprese sono quelle messe più alla prova, per via di un calo di ordinativi dai mercati principali. Pesa soprattutto il rallentamento dell’economia tedesca e la flessione nel Nord Europa».

Cosa sarebbe necessario per invertire la rotta?
«C’è stato un raffreddamento degli investimenti, di cui invece è auspicabile una ripresa: lo scenario di incertezza può e deve essere uno stimolo a diversificare i mercati, ad introdurre innovazioni di prodotti e di processo, alla digitalizzazione. Chiaramente c’è bisogno di supporto e di creare un contesto favorevole a fare impresa, perché l’industria è strategica per la competitività della regione. Occorrono anche strumenti coerenti, investendo risorse su quelli che garantiscono maggior ritorno occupazionale e di creazione di valore».

Quanto pesano i costi elevati di energia e soprattutto delle materie prime?
«In questo momento incidono relativamente perché viviamo una fase di graduale normalizzazione dei prezzi. Questo è dovuto ad un rallentamento della domanda, sia per una situazione economica delicata che per le temperature mediamente più alte rispetto agli anni passati. Calando l’esigenza, la  crisi russa ed il blocco del canale di Suez non stanno impattando come si poteva temere su gas e prezzo dell’energia. Rimanendo sulla situazione del canale di Suez, è chiaro l’impatto su costi e tempi di approvvigionamento da e verso l’Asia, ma non solo. Inoltre, non sono trascurabili le preoccupazioni per i porti del bacino del Mediterraneo».

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