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Boccata d’ossigeno per la pesca. Caldaroni: «Nell’uovo di Pasqua i contributi per i costi sostenuti a causa della crisi russo-ucraina»

Le festività pasquali hanno mosso il settore della pesca alle prese con numerose difficoltà. L'aumento del consumo di pesce ha fatto risalire i prezzi che sono tornati «a livelli accettabili» per i pescatori. Il punto con il presidente nazionale delle Marinerie Italiane, Francesco Caldaroni

La Pasqua ha mosso il mercato del settore della pesca a strascico e della piccola pesca, dando una boccata d’ossigeno ad un comparto che sta resistendo nonostante le numerose difficoltà. «Gli italiani sono tornati a comprare pesce in occasione delle festività pasquali – dice Francesco Caldaroni, presidente nazionale delle Marinerie Italiane -: i prezzi all’ingrosso sono buoni e questo ci ha aiutato».

La maggior richiesta di pescato fresco da parte dei marchigiani ha fatto risalire i prezzi del pesce che sono tornati «a livelli accettabili» per i pescatori. «Con la Pasqua il prezzo dei merluzzi è raddoppiato, passando da 6 a 12 euro circa al chilo, quello della coda di rospo è salito da 7 a 12 euro al chilo e quello della triglia da 2,50 a sei euro». Il timore dei pescatori è quello che trascorse le festività le quotazioni all’ingrosso tornino a calare «come avviene tutti gli anni», rendendo sempre più difficile proseguire una professione che rischia di scomparire sotto il peso delle politiche europee, che puntano ad eliminare progressivamente la pesca a strascico, e sotto i colpi del caro carburante.

Il prezzo del gasolio, infatti, è tornato ad aumentare e attualmente si attesta «sopra 0,80 euro al litro, mediamente si paga intorno a 0,84 euro, a seconda delle marinerie. Per noi si tratta di un costo troppo elevato – dice – basta pensare che questo incremento per un peschereccio medio si traduce in un costo doppio per la spesa di carburante, che passa dai 20mila ai 40mila euro al mese, una batosta». Le marinerie chiedono che il prezzo del gasolio «torni a 0,50 euro al litro, un costo per noi sostenibile».

A minare il settore non sono solo i rincari, ma anche le importazioni di pesce da altri Paesi, extra Ue, che fanno concorrenza al pescato locale, a fronte però di una qualità inferiore, sostengono le marinerie, e poi la carenza di personale. «I marittimi non si trovano – prosegue – e le imbracazioni fanno difficoltà a trovare gli equipaggi: gli italiani non vogliono più fare questo lavoro, ormai sono rimasti solo i capitani, per il resto tamponiamo avvalendoci di personale straniero, ma anche questo non basta. I giovani non vogliono più fare questo lavoro e comunque non sarebbero appetibili per noi armatori, perché ci costano come il personale esperto ma non rendono alla stessa maniera in quanto devono essere formati».

Intanto però il settore è riuscito ad ottenere il contributo previsto dal governo per le imprese della pesca per i maggiori costi sostenuti a causa della crisi Russa-Ucraina. «Una bella sorpresa nell’uovo di Pasqua – dice Calderoni – i contributi stanno arrivando alle imprese e probabilmente in settimana verrà liquidato anche alle imprese che ancora devono averlo, circa un 20%. Siamo soddisfatti di questo riconoscimento da parte del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste».

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