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Fine vita, “Mario” racconta la sua battaglia: «Ci ho messo 20 mesi, mi auguro che le prossime persone ci mettano molto meno tempo»

Il video racconto di Mario, nome di fantasia di Federico Carboni, ripercorre la battaglia per porre fine alla sua vita con il suicidio medicalmente assistito

Federico Carboni

ANCONA – «Essendo stato il primo in Italia ci ho messo 20 mesi e mi auguro che le prossime persone che ripercorrono la mia strada ci mettano molto meno tempo perché 20 mesi, per chi sta male e soffre, sono veramente, veramente lunghi. Vi saluto a tutto “Mario” e per chi mi conosce Federico». Sono le parole pronunciate da Mario, nome di fantasia di Federico Carboni, il primo uomo in Italia ad aver avuto accesso al suicidio medicalmente assistito, sulla base di quanto previsto dalla sentenza della Corte Costituzionale 242\2019 sul caso “Cappato/Antoniani -djFabo.

Il 44enne di Senigallia, rimasto immobilizzato ad un letto per 12 anni a causa di un incidente stradale, pochi giorni prima di porre fine alle sue sofferenze (il decesso è avvenuto ieri mattina) ha raccontato la sua battaglia in un video consegnato a Filomena Gallo, segretario nazionale dell’Associazione Luca Coscioni, alla quale Carboni ha chiesto di rendere noto il contenuto il giorno dopo il decesso avvenuto i 16 giugno nella sua abitazione.

Federico Carboni racconta la sua battaglia per il fine vita

«Ciao a tutti. Ero Mario, sono Federico e quando vedrete questo video non ci sarò più perché finalmente dopo una battaglia che ho fatto da due anni potrò porre fine alle mie sofferenze – dice nel video -. Ho fatto un incidente stradale a ottobre del 2010 andando a sbattere contro un casottino e sono rimasto tetraplegico. Da quel momento la mia vita è cambiata completamente. Non sento più niente del mio corpo dalle spalle in giù, ma ho fatto tutto per far sì che la mia vita fosse il meglio possibile, però in questi anni ho avuto un continuo aumento dei dolori e della sopportazione che io non tollero più sul mio corpo».

Federico Carboni prosegue il suo racconto spiegando che «a gennaio del 2020 mi sentii con la Dignitas e incominciai a fare tutta la documentazione per andare Svizzera. Verso maggio-giugno ho ottenuto anche il semaforo verde. Poco prima di partire per la Svizzera, mandai una email a Marco (Cappato, ndr) e lo ringraziavo per tutte le battaglie che stavano facendo e che io sarei stato l’ennesimo italiano costretto a esiliare all’estero per porre fine alle mie sofferenze. Lui mi rispose: Federico, fai quello che vuoi però hai la possibilità di provare a farlo nel tuo paese. E così dopo pochi giorni contattai il segretario dell’Associazione Luca Coscioni, l’avvocato Filomena Gallo, e incominciammo la parte burocratica per cercare di ottenere suicidio assistito in Italia».

Il tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, Marco Cappato dichiara: «Ci uniamo all’auspicio di Mario, dal giorno successivo il compimento del suo aiuto al suicidio riteniamo sia indispensabile un’inversione di rotta sull’attuale testo di legge. Ma leggiamo che anche il Ministro Speranza, dopo il Segretario del Pd Letta, insiste oggi sulla importanza di una legge facendo riferimento al testo attualmente in discussione che Pd e il Movimento 5 stelle non sembrerebbero disponibili a modificare. Dobbiamo tornare dunque a chiarire che, grazie alla tenacia di Federico Carboni, da oggi la questione si pone in termini completamente nuovi. Avere potuto Federico ottenere l’aiuto medico al suicidio grazie all’ associazione Luca Coscioni e al dott. Mario Riccio crea un precedente di portata “storica”, come lo stesso Federico lo ha definito nel suo commiato alla vita».

Secondo Cappato, «approvare definitivamente al Senato una legge come quella votata dalla Camera, che restringe i paletti di ciò che è già possibile fare in base alla sentenza della Corte costituzionale, sarebbe ormai inutile. Spacciare tale obiettivo come la nuova frontiera avanzata dei diritti civili sul fine vita in Italia diventa ormai una presa in giro. Una legge servirebbe eccome, se eliminasse le discriminazioni tra malati e introducesse tempi certi per le procedure. Di
meno, come è il caso della legge Pd / M5S nella versione attuale, che impone criteri ancora più restrittivi, non è accettabile, perché rischierebbe di rendere ancora più difficile il percorso per i futuri Federico Carboni e Mario
Ridolfi. C’è bisogno di una legge, non di ulteriori giochini elettoralistici sulla pelle dei malati».

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