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Femminicidio Osimo, il centro antiviolenza Donne e Giustizia: «Sconcertate. Non aveva mai preso contatti con noi»

L'avvocato Roberta Montenovo, presidente dell'associazione che gestisce il centro antiviolenza di Ancona evidenzia una recrudescenza del fenomeno e delle violenze sessuali

I carabinieri nel casolare a Padiglione di Osimo dove è stato trovato il cadavere di Ilaria Maiorano (Immagine di repertorio)

ANCONA – «Il femminicidio di Osimo ci sconcerta e va ad aggravare un bilancio già pesante a livello nazionale». È il commento di Roberta Montenovo, presidente dell’associazione Donne e Giustizia di Ancona che gestisce il centro antiviolenza della provincia di Ancona, alla notizia del rinvenimento, oggi – 11 ottobre – del corpo di Ilaria Maiorano, la 41enne osimana, morta nell’abitazione, un casolare di campagna in via Montefanese a Padiglione di Osimo (Ancona).

Il sospetto degli inquirenti che indagano sulla vicenda, i carabinieri del comando di Osimo, è quello che la donna sia stata uccisa a furia di botte dal marito, un marocchino, dal quale aveva avuto due figlie piccole, al culmine di un litigio. L’uomo è stato portato via dai carabinieri che lo hanno condotto in caserma.

A trovare la donna sono stati gli operatori del 118, inviati dai carabinieri, allertati da una familiare della vittima. Il marito all’arrivo dei carabinieri si sarebbe giustificato dicendo che la donna avrebbe battuto la testa durante una caduta.

L’avvocato Montenovo spiega che la donna, Ilaria Maiorano, non era conosciuta dal centro antiviolenza in quanto «non aveva mai preso contatti con noi». «Maltrattamenti, violenze e femminicidi – spiega – sono fenomeni in crescita nelle Marche come anche a livello nazionale, mentre sono calati altri reati, c’è una recrudescenza di femminicidi e di episodi di violenza sessuale».

Secondo l’avvocato Montenovo se da un lato, rispetto al passato «oggi le normative e gli strumenti ci sono e sono adeguati, spesso la richiesta di aiuto ha una risposta tardiva, ancora le donne fanno fatica ad essere credute rispetto alla pericolosità dei fenomeni che raccontano: se non c’è il ‘sangue’ ci sono difficoltà nell’accogliere le storie di violenza e le donne non vengono credute, ne consegue che le denunce possono anche restare ferme».

«Nonostante l’introduzione del Codice Rosso – aggiunge – , ci si perde molte volte nell’applicazione delle norme e c’è una certa difficoltà nel far passare il messaggio della vittima di violenza in Tribunale».

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