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Discoteche ancora chiuse, lo sfogo di Asso Intrattenimento: «Nelle Marche a rischio il 40-50% dei locali»

L'industria del divertimento, chiusa da 15 mesi, chiede una data e certezze per evitare nuove chiusure. Un settore che nelle Marche dà lavoro a circa 8mila persone, ma che rischia di non tornare "in pista"

Maurizio Casarola direttore del Melaluna di Castelfidardo

ANCONA – «Basta essere invisibili». È quello che chiedono discoteche e locali da ballo chiusi da 15 mesi a causa della pandemia. Nel nuovo decreto varato dal Consiglio dei Ministri, non c’è ancora una data per la riapertura di questi locali che sono stati tra le prime attività a serrare i battenti e «saranno le ultime a riaprire» lamenta Maurizio Casarola, delegato per le Marche di Asso Intrattenimento, il sindacato dei locali da ballo di Confindustria.

«Si parla di tanti settori, ma non del nostro – fa notare – è come se fossimo spariti, ma è ora che ci facciano uscire da questo limbo». Ad oggi in Italia le discoteche e i locali da ballo hanno ricevuto ristori «esigui e insufficienti» spiega Casarola, titolare del MelaLuna Centerdance di Castelfidardo. Attività che devono sostenere costi fissi importanti per utenze, affitti e copertura assicurativa, per una media di almeno 1.500-2.000 euro al mese.

«Se dovremo restare chiusi anche per tutto il 2021 – prosegue – il rischio è che nelle Marche almeno il 40-50% dei locali non riusciranno più a riaprire. Servono ristori e sostegni per evitare che le attività arrivino alla chiusura». Quello del divertimento (locali e discoteche) è un settore che in Italia «da lavoro a 180mila persone, circa 8mila solo nelle Marche», ma si tratta di attività che si sentono «invisibili» come lamenta Casarola.

L’industria del divertimento marchigiana ha inviato una lettera al presidente della Regione Marche Francesco Acquaroli, per sollecitare un intervento a sostegno del settore. L’ultimo ristoro erogato dalla Giunta risale al mese di ottobre, ma dal momento che «il settore è stato annoverato insieme a quello dei locali commerciali – come evidenzia il delegato di Asso Intrattenimento – abbiamo ricevuto solo 1.000 euro, la stessa cifra ricevuta da un bar di 50 metri quadrati. I nostri locali, però, non hanno gli stessi costi fissi e la superficie delle nostre strutture si può aggirare dai 600 metri quadrati in su. Perché quando dobbiamo pagare la Tari prendono in considerazione i metri quadrati e quando si tratta di ristori invece no?».

Alla Regione Casarola chiede nell’ambito dell’assegnazione dei sostegni, di tornare nel novero del turismo, «com’era prima dell’ottobre scorso. Devono dare più spazio al nostro settore, considerando che dietro il divertimento ci sono persone che vi lavorano, ma se non riceveremo sovvenzioni finiremo per chiudere».

In attesa di conoscere la data prevista per la riapertura, l’industria del divertimento chiede certezze: «Le attuali linee guida prevedono il distanziamento di un metro al tavolo e due metri in pista – afferma -, ma chi viene in un locale per ballare dovendo rispettare queste misure, visto che si tratta per lo più di locali di aggregazione e per coppie? Abbiamo bisogno di certezze».

«Non vogliamo fughe in avanti – spiega – perché vogliamo lavorare in sicurezza, sia per salvaguardare i nostri clienti che noi stessi, così da evitare di incorrere nelle responsabilità penali che scatterebbero in caso di infezione da covid contratta all’interno dei locali».

Proprio in questi giorni in due discoteche, a Milano e a Gallipoli, sono in corso prove in vista delle riaperture: i clienti vengono sottoposti a tampone prima dell’ingresso e ad un ulteriore test trascorsa una settimana, ma le attività lamentano che si tratta di «un ulteriore aggravio visto anche l’abbattimento della capienza del 50%, senza però poter contare su sostegni a fondo perduto, come avviene per il mondo della cultura».

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