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Conserve casalinghe e botulino, ecco come evitare rischi

È tempo di preparazioni fatte in casa, ma nel vasetto possono nascondersi dei rischi che con i giusti accorgimenti si possono evitare. Ci spiega come fare la professoressa Laura Mazzanti

Conserve (Foto di Anna Armbrust da Pixabay)

ANCONA –  È un nemico invisibile che può gettare un’ombra su una delle pratiche culinarie più gratificanti e divertenti come quella della  conservazione domestica dei cibi. Stiamo parlando del botulino, la temuta proteina neurotossica, prodotta dal batterio Clostridium botulinum che può provocare una grave intossicazione alimentare, accompagnata da disturbi gastrointestinali e da un quadro neurologico di paralisi, che può condurre alla morte per il blocco dei muscoli respiratori.

I casi di botulismo attribuibili al consumo di conserve domestiche rappresentano la stragrande maggioranza delle notifiche che arrivano al Ministero della Sanità, e solo una piccola percentuale è associata a prodotti immessi in commercio da operatori del settore alimentare. Le segnalazioni
trasmesse tramite il sistema di allerta rapido europeo per alimenti e
mangimi (prodotti preconfezionati immessi sul mercato) riguardano un 33% circa di conserve vegetali industriali, seguite dal 16% di casi legati a zuppe, salse e condimenti, da un 14% di prodotti a base di carne e un 9% di prodotti della pesca, principalmente tonno in scatola.

E proprio il tonno è stato responsabile di una serie di intossicazioni poche settimane fa: ad essere contaminata una fornitura di scatolette prodotte in Spagna e  richiamate nel territorio europeo dopo il ricovero di alcune persone che avevano mangiato una insalata russa fatta in casa e condita con il tonno in questione. Ma la presenza di botulino è stata rilevata anche in minestre di farro e verdure, anche se l’allarme è rientrato il primo luglio scorso.  «Qualsiasi alimento si deteriora nel tempo perdendo le proprie caratteristiche nutrizionali e organolettiche – spiega la professoressa Laura Mazzanti, docente alla Scuola di Specializzazione in Scienza dell’Alimentazione della Facoltà di  Medicina e Chirurgia dell’Università Politecnica delle Marche -. Lo scadimento può essere dovuto all’azione di diversi agenti come per esempio microrganismi, enzimi oppure l’esposizione alla luce o al calore. A livello industriale sono state messe a punto tecnologie e processi che permettono di rallentare queste degradazioni, mantenendo un prodotto sicuro dal punto di vista igienico-sanitario, mentre il pericolo principale deriva dal consumo di conserve fatte in casa per la possibile presenza del batterio».

Come si sviluppa il botulino?
«Si tratta di un microrganismo anaerobio – prosegue – , vale a dire che si sviluppa in assenza di aria: si può trovare nel suolo, nei sedimenti e nella polvere, sotto forma di spora».  Non in tutti le conserve però si sviluppa il botulino: «sono sicure quelle naturalmente acide o acidificabili, come ad esempio la passata di pomodoro e i sottaceto;  le conserve preparate con alte concentrazioni di zucchero, come marmellate e confetture, o sale come le conserve alimentari in salamoia. Sono sicuri, inoltre, tutti quegli alimenti consumati freschi come l’insalata, mentre tutte le altre conserve alimentari per essere sicure necessitano di trattamenti di sterilizzazione, che non possono essere effettuati in casa, ma soltanto a livello industriale». Ecco perché la maggior parte dei casi di botulismo è correlata a conserve di produzione domestica.

Quali sono i sintomi?
«Dopo l’ingestione di un alimento contaminato, i sintomi caratteristici del botulismo, ovvero l’intossicazione da botulino, compaiono in genere entro 24-72 ore». Nella prima fase, dando origine a sintomi poco caratteristici, come ad esempio disturbi gastrointestinali. può esserci un ritardo nella diagnosi, mentre solo successivamente compariranno i segni caratteristici: sdoppiamento della vista, difficoltà di messa a fuoco, difficoltà a tenere le palpebre aperte, dilatazione delle pupille, secchezza delle fauci, difficoltà di deglutizione e stitichezza. Solo nelle forme più gravi si può arrivare all’arresto respiratorio e alla morte, importante, «non appena ci si accorge della gravità della sintomatologia, recarsi in ospedale».

Laura Mazzanti, professore ordinario di Biochimica presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia di Ancona, Vice direttore del Dipartimento di Scienze Cliniche, Specialistiche ed Odontostomatologiche, Coordinatrice e docente della Scuola di Specializzazione Aggregata in Scienza dell’ Alimentazione, Docente di Biochimica della nutrizione presso il Corso di Laurea in Dietistica e Socia fondatrice di BiomedFood, spinoff dell’Università Politecnica delle Marche

Il trattamento del botulismo avviene con la somministrazione dell’antitossina che però «è efficace soltanto nei primi giorni dopo l’assunzione dell’alimento contaminato – mente in guardia la professoressa Mazzanti – , in quanto agisce sulla tossina che si trova circolante a livello sanguigno e non ha azione sulla tossina che ha già danneggiato le terminazioni nervose. La malattia, per fortuna, si risolve totalmente e tutte le terminazioni nervose danneggiate riacquistano la loro funzionalità».

Come evitare la formazione di questa neurotossina?
Ci sono delle regole da rispettare per evitare che si sviluppi il botulino nelle conserve alimentari casalinghe. Vediamo quali sono.
Innanzi tutto è fondamentale partire dall’igiene dell’ambiente in cui si prepara, in questo caso la cucina della propria casa. Importante poi la pulizia di utensili e stoviglie e delle stesse verdure o degli altri cibi che si vogliono conservare. Attenzione alle cross-contaminazioni dirette e indirette tra prodotti crudi e cotti e all’igiene personale di chi cucina, che dovrà spesso lavare le mani.

L’altra regola è quella di utilizzare la giusta attrezzatura e contenitori adatti: le pentole per la pastorizzazione devono essere capienti in modo da contenere i barattoli e lasciare almeno altri 5 cm d’acqua al di sopra del tappo. Importante sostituire capsule e guarnizioni a ogni utilizzo per garantire la tenuta ermetica. I vasetti non devono essere né troppo grandi né troppo piccoli, oltre che ben puliti. Inoltre vanno riempiti in modo corretto, mai fino all’orlo: è importante lasciare sempre uno spazio vuoto fra il livello massimo di liquido e il collo del contenitore, necessario affinché si generi il vuoto all’interno del contenitore.

Gli ingredienti devono essere di prima scelta, e vanno lavati accuratamente dopo aver eliminato le parti ammaccate o marce. Se per la conserva si opta per l’aceto è importante fare attenzione che il quantitativo di acido acetico dichiarato in etichetta non sia inferiore al 5%.

Durante il trattamento termico, bollitura, è importante verificare che siano sempre completamente immersi nell’acqua. «Questo processo non elimina tutte le forme microbiche e non è una sterilizzazione, che invece prevede il raggiungimento di temperature superiori – precisa la professoressa Mazzanti – . La pastorizzazione elimina la maggior parte dei microrganismi ma non le spore, per questo motivo è necessaria l’azione combinata di pastorizzazione e altri trattamenti che bloccano lo sviluppo microbico. Alcuni esempi dei trattamenti che si possono fare in casa sono l’acidificazione o la riduzione dell’acqua disponibile ai batteri attraverso l’aggiunta di sale o zucchero».

Prima di consumare una conserva fatta in casa, è importante controllare che non ci siano stati versamenti di liquido né la perdita del vuoto evidenziata dalla curvatura verso l’alto del coperchio in metallo: il tappo non deve fare click clack, per intenderci, quando viene premuto. Inoltre il prodotto all’interno non deve presentare colore o odore innaturale, né bollicine che dal fondo salgono verso l’alto. In tutti questi casi, va buttato. Dopo il raffreddamento, è importante controllare i contenitori per verificarne l’ermeticità della chiusura e il raggiungimento del vuoto. Una volta aperto il vasetto va consumato il prima possibile e conservato in frigo.

In estrema sintesi per preparare una conserva fatta in casa in modo sicuro è meglio optare per le preparazioni che non richiedono sterilizzazione: via libera dunque a sottaceti, alimenti in salamoia, marmellate e confetture, preparazioni che vanno fatte facendo bollire le verdure con una soluzione fatta al 50% da acqua e al 50% da aceto di vino che contenga almeno il 5% di acido acetico. Vanno poi scolate e lasciarle asciugare avvolte in un canovaccio pulito, poi invasate e ricoperte di olio, lasciando uno spazio vuoto tra il coperchio e l’olio di un paio di centimetri.

Via libera anche le conserve in salamoia, bisogna usare una soluzione acquosa contenente almeno il 15% di sale da cucina (150 grammi di sale ogni litro di acqua). Se per esempio si preparano le olive in salamoia, non deve essere tolto quel velo biancastro che si forma sul pelo libero della salamoia, in quanto si tratta di microrganismi che servono per far avvenire la naturale fermentazione e maturazione dell’oliva. Trascorso il periodo di maturazione, le olive si sgocciolano e si invasano immergendole completamente in una nuova salamoia. Immediatamente prima del consumo possono essere lavate con acqua fresca in modo da eliminare gli eccessi di sale.

Marmellate e confetture «dovrebbero essere fatte con ricette tradizionali che prevedono l’impiego di frutta e zucchero in pari quantità – spiegala professoressa Mazzanti – . Contenuti minori di zucchero potrebbero permettere alterazioni della conserva, anche se non necessariamente a carico del botulino. Mentre per quanto riguarda poi il pesto, a livello domestico è consigliabile la preparazione e la porzionatura in bicchieri di plastica da congelare. Al momento dell’uso scongelare il quantitativo necessario e conservare eventuali eccedenze in frigorifero, avendo premura di consumarle prima possibile, entro 3-4 giorni.

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