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Caccia alle specie protette nelle Marche: è stop dal Governo. Animalisti pronti a denunciare la Regione

Su proposta del Ministro dell'Ambiente Sergio Costa, il Consiglio dei Ministri ha bloccato l'attività venatoria a piccioni, storni e tortore: era stata prorogata, a giugno, dalla giunta regionale

ANCONA – Il Consiglio dei ministri ha bloccato la delibera della Regione Marche che concedeva la caccia a piccioni, storni e tortore. Su proposta del Ministro dell’ambiente Sergio Costa, il Consiglio dei ministri ha annullato la delibera 834 del 29 giugno 2020 e la 1.235 del 5 agosto, che autorizzavano rispettivamente l’attività venatoria nei confronti dello Storno (Storno Vulgaris), del Piccione o Colombo di città (Columba livia forma domestica) e della Tortora dal Collare (Streptopelia decaocto) per il 2020.

Un provvedimento che era stato assunto dalla Giunta Ceriscioli per prevenire i danni alle coltivazioni agricole, nonostante in contrasto con il parere espresso dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). «Siamo soddisfatti di questa impugnazione» commenta il delegato Lac Danilo Baldini «peccato però che questa sospensione del Consiglio dei ministri sia arrivata dopo più di 4 mesi da quando, come Lac Marche, avevamo segnalato l’assenza di motivazioni e la mancanza di dati per consentire la caccia a queste specie che, lo ricordiamo, sarebbero protette ai fini della Legge sulla caccia».

Il delegato Lac lamenta che il provvedimento è arrivato «alla fine del periodo di caccia per queste specie, dopo che i cacciatori marchigiani hanno ormai compiuto autentiche carneficine di questi animali». Le associazioni animaliste e ambientaliste delle Marche stanno valutando di denunciare la Regione presso la Corte dei Conti per danno erariale: «La caccia allo Storno, era già stata sospesa da oltre un mese dalla Regione stessa, quando cioè si sono resi conto che era stato ormai raggiunto e, probabilmente, superato il numero di 65.000 capi uccisi – prosegue Baldini -. A parte questo, comunque, il fatto importante a livello giuridico e legislativo è che il Consiglio dei Ministri abbia appurato l’assoluta mancanza di dati e di censimenti faunistici e quindi di giustificazioni reali per riaprire la caccia a queste specie, come peraltro era stato chiaramente segnalato anche dall’Ispra, che è l’organo del Ministero dell’Ambiente preposto ad effettuare i monitoraggi ed i censimenti sulle specie animali e che quindi dovrebbe essere sempre tenuto in seria considerazione dalle Regioni, quando queste legiferano in materia venatoria».

Il delegato Lac va all’attacco della Regione: «Purtroppo tutto questo viene sistematicamente disatteso dalle Regioni, soprattutto dalle Marche, che invece ad ogni vigilia di stagione venatoria si “inventano” queste “deroghe” e “concessioni”, con la scusa di prevenire danni alle coltivazioni agricole, ma in realtà solo per accontentare la bramosia “sparatoria” dei cacciatori marchigiani».

L’auspicio di animalisti e ambientalisti è che Governo e il Parlamento «mettano finalmente mano alla riforma del titolo quinto della Costituzione, quella cioè che ha dato alle Regioni le competenze legislative, anche in concorrenza con lo Stato centrale, in materie come la sanità, l’istruzione e, appunto, la caccia, creando numerose e deleterie controversie in materia costituzionale, anche per le ripetute condanne dell’Italia da parte dell’Unione Europea. È evidente quindi come questa riforma sia completamente fallita e lo vediamo soprattutto per come è stata finora gestita, sempre da parte delle singole Regioni, l’attuale emergenza pandemica».

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