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Anastasia, 21enne in fuga dalla guerra: «Le mie amiche in Ucraina mi scrivono ogni sera come se fosse l’ultima»

Anastasia ci racconta le emozioni di una ragazza della sua età, fuggita dall'Ucraina dove è in corso il conflitto. Una vita sospesa la sua, con il pensiero rivolto a familiari e amici ancora nel paese

Foto di repertorio (Adobe Stock)

ANCONA – «Con le mie amiche ci sentiamo ogni sera e loro mi salutano ogni volta come se fosse l’ultima perché non sanno se domani saranno ancora vive». Anastasia ha il volto rigato di lacrime mentre racconta delle sue amiche rimaste in Ucraina, a Černivci, nella parte occidentale del Paese. Lei, 21 anni, è arrivata nelle Marche nei giorni scorsi, vicino al capoluogo marchigiano, quando suo cugino e sua zia sono andata a prenderla in auto, insieme alla sorella alla frontiera con la Polonia, dopo che il padre le aveva scortare dalla loro cittadina in Ucraina, fino alle porte della libertà.

Quella di Anastasia però in questo momento è una vita sospesa, quasi “congelata”, proprio come quella degli altri profughi che scappano dalla guerra. Lei ha avuto la fortuna di essere ospitata dalla famiglia degli zii, che la circondano di amore, per farle superare il momento terribile, altri invece non possono contare su un appoggio.

In Ucraina frequentava l’università, per diventare insegnante, ora, ci racconta sua zia Tania che ci fa da interprete perché lei, Anastasia, non parla italiano, dopo i primi giorni in Dad le università hanno sospeso le lezioni a causa delle guerra, e «gli studenti sono in pausa, una specie di vacanza estiva».

«Mi dicono che sono fortunata ad essere qua in Italia – racconta – , ed effettivamente mi sento fortunata, ma allo stesso tempo sono triste per i miei familiari e per le amicizie che invece non possono scappare e sono costretti a restare lì, dove rischiano la vita ogni giorno. Io qui, pur in tutte le difficoltà, posso fare una vita normale, mentre per chi è rimasto in Ucraina non è più vita, è lotta per la sopravvivenza».

«Le prime notti che ero qui, a casa dei miei zii, non sono riuscita a dormire – racconta – penso sempre al mio paese, a quello che sta succedendo, e sono tanto, tanto in pensiero per mio padre che è dovuto restare la». Il papà di Anastasia non è potuto uscire dal paese, e come molti altri uomini, che non hanno imbracciato le armi per combattere, si sta occupando, insieme ad altri, di sorvegliare le città, per consentire a chi esce a fare la spesa di essere più sicuro, e di contrastare fenomeni di sciacallaggio nelle abitazioni.

Il cugino di Anastasia, quasi coetaneo, anche lui rimasto in Ucraina come il papà, si occupa di dare un riparo ai tanti sfollati, mentre la mamma in questo momento è in Germania. «Ancora non ci credo a quello che sta succedendo nel mio paese è terribile» racconta con la voce rotta dal pianto. Non è semplice per Anastasia integrarsi in Italia, non parla la nostra lingua, non ha amicizie, ed è ancora sotto choc per quello che sta accadendo, «mi sento spaesata, persa e spaventata, vorrei tornare a casa mia, alla mia vita precedente, quando eravamo ancora felici».

Il suo appello accorato alle istituzioni, al quale si unisce anche la zia Tania, è quello di «fare tutto il possibile per fermare il massacro» che vede proprio la sua generazione pagare il prezzo più alto di questo conflitto che l’ha strappata dalle sue radici. Ai coetanei marchigiani chiede di «non lasciarci soli, di parlare di quanto sta accadendo nelle università e nelle scuole, per far capire la nostra battaglia, una battaglia per essere liberi, perché ci sentiamo europei, siamo europei».

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