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Alluvione Emilia Romagna, Farabollini: «Frutto di 30 anni di mancata prevenzione»

Il presidente dei geologi delle Marche interviene sull'alluvione che ha colpito l'Emilia Romagna e parte delle Marche sottolineando l'importanza della prevenzione

Piero Farabollini
Piero Farabollini (Immagine di archivio)

ANCONA – I geologi delle Marche intervengono sull’alluvione che ha colpito l’Emilia Romagna affermando che «è frutto di 30 anni di mancata prevenzione». «I drammatici eventi che hanno colpito l’Emilia Romagna e, in parte, anche le Marche – scrive in una nota stampa Piero Farabollini, presidente dell’Ordine dei Geologi delle Marche – sono il frutto di una mancata prevenzione che va avanti da 30 anni. Come abbiamo detto a gran voce dopo l’alluvione di settembre 2022, ribadiamo con forza oggi che non è più possibile perdere tempo. Sappiamo cosa fare e dove intervenire e, superata l’emergenza, la politica nazionale e locale ha il dovere di farlo».

Le alluvioni di questi giorni, secondo Farabollini – si potrebbero evitare con una corretta manutenzione degli alvei, ma non con gli interventi isolati cui spesso assistiamo, bensì dalla foce alla sorgente. Questo implica un’attenta gestione del territorio montano, che negli ultimi decenni è stato colpevolmente lasciato a sé stesso. Lo scopo di queste opere è allo stesso tempo semplice a livello teorico e complicato a livello pratico: far sì che i fiumi tornino a occupare le aree che gli spettavano e, laddove si è costruito molto come a Senigallia, ma anche in tanti altri piccoli centri della nostra regione (ad esempio a Cantiano, dove il fiume Burano è stato tombato e deviato in più punti e otto mesi fa provocò ingenti danni) è possibile intervenire a monte creando anche delle vasche di espansione».

L’altro elemento messo in luce dal presidente dei geologi marchigiani è che «fare prevenzione non significa solo mitigare gli effetti delle prossime alluvioni, ma anche della siccità che, per quanto possa sembrare lontana anni luce in questi giorni, è l’emergenza annunciata dell’estate in arrivo. Ad esempio, la soluzione degli invasi artificiali, specchi d’acqua dove far defluire quella in eccesso, possono rivelarsi risorse decisive nei periodi meno piovosi. L’acqua che ha devastato campi, case e infrastrutture infatti è finita tutta sprecata, senza alcun intervento per canalizzarla o conservarla. Riflettiamo anche su questo».

«Se il rischio idrogeologico è così sottovalutato tra le amministrazioni del nostro Paese – conclude – , è anche perché al loro interno ci sono pochissimi geologi. La nostra professionalità è fondamentale per accrescere il livello di consapevolezza del rischio e far comprendere la necessità di interventi rapidi e mirati ai decisori politici».

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