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Alika, Verducci: «Quel pezzo di strada, quel pezzo di città, porti il suo nome»

Il senatore marchigiano e vice presidente della Commissione Antidiscriminazioni del Senato interviene nell'Aula del Senato sulla morte dell'ambulante nigeriano

Il luogo dove è stato aggredito e ucciso l'ambulante nigeriano Alika Ogorchukwu

ANCONA – «Quel pezzo di strada, quel pezzo di città» dove è stato ucciso Alika Ogorchuckwu «porti il suo nome». È l’auspicio espresso in Aula dal senatore marchigiano del Pd Francesco Verducci, vice presidente della Commissione Antidiscriminazioni del Senato dopo la morte dell’ambulante 39enne nigeriano, ucciso in pieno centro a Civitanova Marche, venerdì scorso.

Con l’accusa di omicidio volontario, aggravato da futili motivi, e rapina è recluso in carcere a Montacuto il 32enne salernitano Filippo Ferlazzo che aveva colpito l’ambulante con la sua stessa stampella lasciando esanime nella centralissima Corso Umberto I.

«La morte di Alika ci chiama in causa tutti. Non è un fatto privato di cronaca – ha detto -, non riguarda solo lo strazio della sua sposa o l’incredulità del suo bambino, né solo il dolore e la rabbia della comunità nigeriana. L’omicidio di
Alika riguarda tutti noi, il mondo e la società in cui vogliamo vivere».

Secondo Verducci «la cosa inaccettabile sarebbe rimuovere quello che è successo, non parlarne e fare finta di nulla. Serve invece una reazione civile che scuota le coscienze di ognuno – dice il senatore fermano -, abbiamo il dovere di chiederci perché è successo e di manifestare tutti insieme nel luogo dove Alika è stato ucciso, fare in modo che quel pezzo di strada, quel pezzo di città porti il suo nome, in modo che i ragazzi delle scuole, a settembre, possano anch’essi deporre un fiore e dire mai più alla violenza, all’indifferenza, alla paura, alle discriminazioni».

«Alika è morto da straniero – aggiunge – , ma non era uno straniero, era ed è un nuovo italiano, come la sua sposa e come suo figlio Emmanuel, che è nato in Italia e studia in Italia». Secondo il senatore «per onorare l’esistenza di Alika, il futuro di suo figlio e dei nostri figli» è necessario «costruire una società aperta, solidale e inclusiva per
tutti».

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