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Covid, boom di ansiolitici: +68% nelle Marche. Lo psichiatra Volpe: «Colpiti donne e giovani»

Il primario della Clinica di Psichiatria di Torrette fa il punto sul disagio legato alla pandemia. In aumento i disturbi da stress post-traumatico e gli abusi di alcol e sostanze

Immagine di repertorio

ANCONA – Nelle Marche il consumo di ansiolitici è cresciuto del 68% nel 2020 per effetto dei disagi legati all’isolamento imposto per limitare la diffusione della pandemia e per il timore del contagio da covid-19. È quando emerge dal report Aifa sul consumo di medicinali in Italia. Proprio nella nostra regione, insieme all’Umbria, si è registrato il picco del consumo di questi farmaci che mediamente nel resto del Paese hanno registrato un +12%. E nella fase due (novembre) si è registrato un ulteriore incremento dell’acquisto di ansiolitici rispetto a quello già osservato durante la prima fase. I più colpiti sono donne e giovani fino ai 24 anni.

«Le Marche sono state una delle regioni più colpite a livello nazionale, dapprima nella provincia di Pesaro-Urbino e adesso nelle provincie di Ancona e Macerata, che hanno infatti anticipato l’istituzione dell’ultima zona rossa nazionale – commenta il professor Umberto Volpe, primario della Clinica di Psichiatria degli Ospedali Riuniti di Ancona – È un dato ormai abbastanza ben consolidato in letteratura che la più elevata incidenza di covid-19 si correli con l’emergere più ampio di un disagio mentale. Del resto, anche storicamente, in tutte le crisi sanitarie di ampia portata, anche in caso di disastri naturali o crisi economiche durature, si è riscontrata un’associazione con aumentati tassi di patologie affettive, disturbi da stress post-traumatico e abuso di alcol e sostanze».

Il primario evidenzia che il più ampio studio epidemiologico del nostro paese, lo studio Comet, coordinato dal professor Andrea Fiorillo, dell’Università “Vanvitelli” di Napoli e al quale ha partecipato anche la Clinica Psichiatrica di Ancona, «ha dimostrato, nella popolazione generale, l’aumento dei tassi di sintomi depressivi e ansiosi in risposta ad un innalzamento dei livelli di stress e ad una riduzione della percezione del benessere, a loro volta conseguenti alla paura del contagio e all’isolamento fisico».

Umberto Volpe

Ad essere colpiti più di tutti dal disagio mentale legato all’isolamento imposto per la pandemia sono i giovani e le donne «con pregressa tendenza ai disturbi affettivi, nelle quali si è evidenziato un significativo aumento di sintomi ansiosi e depressivi gravi durante il dilagare della pandemia». «Abbiamo osservato a livello locale – spiega – un aumento della prevalenza dei disturbi psichiatrici nella fascia di età che va dai 15 ai 24 anni con conseguente aumento anche dei ricoveri ospedalieri di persone adolescenti e giovani». Isolati in casa e obbligati a restare per ore davanti allo schermo di un pc per seguire la didattica a distanza, i giovani arrancano, dopo il taglio netto alle relazioni sociali.

Una recente ricerca statunitense riporta un aumento del 70% di sintomi depressivi, abuso di sostanze, binge drinking (abbuffata alcolica), ideazione suicidaria tra gli studenti del College. «Dovremo essere pronti – prosegue – ad intercettare questo nuovo disagio giovanile e fornire risposte concrete. In tale direzione vanno sia la nostra progettazione di strutture specifiche per accogliere le persone più giovani nella fase di transizione verso l’età adulta» in via di definizione e «la collaborazione già in essere della nostra Clinica Psichiatrica con esperti nazionali e internazionali per lo sviluppo di programmi specifici di prevenzione del suicidio giovanile nei mesi a venire».

Ora che siamo nel pieno della terza ondata della pandemia, quale ritiene potrà essere l’ulteriore impatto sulla salute mentale?
«La terza ondata è ancora in atto e non abbiamo dati sufficienti, al momento, per spiegare compiutamente quest’evidenza. È però possibile ipotizzare che la sofferenza psicologica sia anche più ampia dei mesi scorsi per l’effetto del perdurare della “emergenza contagi” e delle misure di contenimento. La scorsa estate in molti si erano illusi che la pandemia sarebbe scomparsa e quando da ottobre abbiamo dovuto tutti constatare che non era affatto così, non è difficile immaginare che il senso di speranza e la capacità di resilienza del cittadino medio si siano abbassati in questi ultimi mesi e siano cresciuti il senso di paura, l’ansia per il futuro e il pessimismo».

Quali effetti potrà avere la pandemia sul lungo periodo? 
«Questo è un dibattito attualmente molto vivace nella comunità scientifica nazionale e internazionale, in quanto il vero peso della pandemia si riuscirà a valutare compiutamente quando potremo dire di esserne usciti. Molti esperti ritengono che il carico di disabilità associato alle malattie mentali sarà maggiore, anche per il prevedibile effetto nocumentale (danno, ndr.) della crisi economica che conseguirà alla pandemia in molti paesi, incluso il nostro».

Secondo lo psichiatra resta da capire anche quale sarà l’impatto delle nuove tecnologie nei percorsi di cura: «La telepsichiatria e la psichiatria digitale sono oggi strumenti terapeutici innovativi che hanno avuto una notevole diffusione negli ultimi mesi, anche nel nostro Paese. Si può sperare che la recente disponibilità di approcci terapeutici innovativi, che abbiamo implementato anche presso la Clinica Psichiatrica di Ancona, possa fornire risposte innovative e quindi contribuire a migliorare la situazione in futuro».

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