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Alcolismo giovanile, nelle Marche l’11% della popolazione sopra gli 11 anni eccede nel bere

Un approccio alle bevande alcoliche, soprattutto birra, che inizia sempre più precocemente e che a volte porta a conseguenze tragiche come le stragi del sabato sera. Abbiamo analizzato il fenomeno con Carlo Ciccioli, direttore del Dipartimento Dipendenze Patologiche di Ancona e con Luca Natalucci, segretario provinciale di Polizia Locale

È un “incontro” molto precoce quello tra i giovani e l’alcool: circa l’86,5% degli adolescenti italiani alle medie ha già avuto un primo contatto con l’alcol, un “assaggio” che nel 41,2% dei casi avviene già tra i 10 e i 13 anni di età. Sono questi i dati allarmanti che emergono da un’indagine condotta nel 2017 dall’Osservatorio permanente sui Giovani e l’alcol, riguardo al rapporto tra adolescenti e alcol. Ma il dato più significativo è che è in consistente crescita il consumo di alcool fra le ragazze: oltre i 10 anni di età sono il 36,6% di loro ad aver già consumato l’alcol, anche se la maggiore precocità nell’assunzione è ancora di dominio maschile. In genere il primo “bicchierino” viene consumato in famiglia, alla presenza di genitori e parenti, magari in occasione di cene o ricorrenze, ma poi è nel gruppo degli amici che il fenomeno prende il via, in alcuni casi in quantità smodate.

Secondo il rapporto Istat pubblicato nel 2017, già dai 18-19 anni i valori sul consumo di alcol si avvicinano a quelli della media della popolazione, mentre per le ragazze sono anche più elevati (63,3% contro un valore medio relativo all’intera popolazione femminile di 52,9%). Tra le persone di 25 anni e più, aumenta il consumo di bevande alcoliche al crescere del titolo di studio conseguito, soprattutto tra le donne: consuma alcol almeno una volta all’anno il 51% delle donne con licenza elementare e ben il 70,1% delle laureate. Le differenze di genere si attenuano all’aumentare del titolo di studio, anche a parità di età.

Carlo Ciccioli, Direttore del Dipartimento Dipendenze Patologiche di Ancona

Nelle Marche, circa l’11% della popolazione oltre gli 11 anni, nel 2016, ha ecceduto nel bere in maniera abituale. Una situazione che rispecchia l’andamento nazionale, come precisa Carlo Ciccioli, responsabile del Dipartimento Dipendenze Patologiche di Ancona: «Una tendenza più frequente nelle zone dell’entroterra, dove però il consumo è più controllato perché connaturato alla cultura locale. I giovani nelle Marche bevono soprattutto in maniera occasionale o nei week end. La mancanza del controllo nel quantitativo di alcool assunto è frequentemente legato al consumo concomitante di altre sostanze, soprattutto Cannabis, Anfetamine e Cocaina. Un elemento che comporta spesso ricadute sociali e condotte molto trasgressive, come bullismo, vandalismo, liti e risse, soprattutto nei luoghi della movida.

L’età di più frequente assunzione di alcolici è la tarda adolescenza dai 16-17, ma gli episodi di abuso più pericolosi per la salute avvengono intorno ai 12-13 anni, quando abusano in maniera estrema, in alcuni casi fino addirittura ad arrivare al coma etilico o allo svenimento, in occasioni come feste e compleanni. Un comportamento molto pericoloso, se si considera che a quell’età il metabolismo è più lento e quindi impiegano più tempo per smaltire l’alcool ingerito».

La birra è tra le bevande più consumate dai ragazzi, seguita dai superalcolici, dai soft-drink e dagli aperitivi. Più raro il vino. «Le condotte alcoliche portano più spesso a due tipi di situazioni: risse, accompagnate anche da accoltellamenti e bottigliate con conseguenti lesioni gravi, e gli incidenti stradali, specie se l’alcool è abbinato alle droghe, come la Cannabis, in questo caso i ragazzi perdono spesso il controllo dell’auto finendo fuori strada», spiega Luca Natalucci, segretario provinciale di Polizia Locale di Ancona.

Il Segretario Provinciale di Polizia Locale dottor Luca Natalucci

Infatti cocktail, vino e superalcolici sono responsabili della maggior parte degli incidenti stradali, specie durante i week-end, quando i ragazzi si lasciano andare al binge drinking e assumono quantità smodate di alcol tutto in una volta. La legge che regola la guida in stato di ebrezza (Dgls. 285/1992- articolo 186) stabilisce norme severe per chi è sorpreso ubriaco al volante. «Guidare in stato di ebrezza è un reato punito con sanzioni diverse a seconda del tasso alcolemico riscontrato nel sangue – spiega Luca Natalucci – se il conducente viene beccato alla guida con un valore che va da 0,5 a 0,8 grammi per litro (g/l) la legge prevede una sanzione amministrativa da 532 a 2.127 euro e la sospensione della patente di guida da 3 a 6 mesi. Se invece il tasso alcolemico supera gli 0,8 grammi per litro ma non oltrepassa il valore di 1,5 g/l l’ammenda sale e la sanzione da pagare va dagli 800 ai 3.200 euro, con l’arresto fino a sei mesi e la sospensione della patente di guida da 6 mesi ad 1 anno. Nei casi più estremi con valori oltre 1,5 grammi per litro g/l, l’ammenda varia dai 1.500 ai 6.000 euro, con l’arresto da sei mesi a un anno e la sospensione della patente da 1 a 2 anni. Se il veicolo appartiene a persona estranea al reato la durata della sospensione della patente è raddoppiata, inoltre il titolo di guida è sempre revocato in caso di recidiva nello stesso biennio».

Con la sentenza di condanna, anche se è stata disposta la sospensione condizionale della pena, scatta sempre anche la confisca del veicolo, salvo che non appartenga a persona estranea al reato. Nel caso in cui il conducente in stato di ebrezza provochi un incidente in stradale, le sanzioni raddoppiano e viene disposto anche il fermo amministrativo del veicolo per 180 giorni, e se il suo tasso alcolemico supera 1,5 grammi per litro g/l il titolo di guida è sempre revocato.

Pene molto severe che però non fermano ancora le stragi del sabato sera. Serve un cambio di cultura e di abitudini come spiega Luca Natalucci, segretario provinciale di Polizia Locale: «Sarei propenso a seguire la linea di alcuni paesi europeisti dove il tasso alcolemico deve essere pari a zero, ma dove c’è anche una diversa organizzazione tra i ragazzi. Ci sono tante possibilità per divertirsi in maniera sobria senza rischiare, con coscienza e senso di responsabilità che ogni maggiorenne dovrebbe avere, per evitare di uccidere se stessi o gli altri».

Guidatore designato, ricorso ai mezzi pubblici
 o taxi, sono solo alcune delle soluzioni che possono essere adottate per non rischiare la patente di guida e soprattutto la vita. «Come segretario provinciale di PL – conclude Luca Natalucci – mi sento di rivolgere un ringraziamento alla polizia locale, ai carabinieri, alla polizia stradale, a tutti gli uomini che in divisa svolgono ogni giorno il controllo stradale, garantendo così un grande contributo alla sicurezza di automobilisti e cittadini».

Un fenomeno, quello dell’alcolismo giovanile, incentivato anche dal cattivo rapporto dei ragazzi con le famiglie. «L’alcoolismo giovanile è un fenomeno epocale – sottolinea Ciccioli – che vede nella perdita della relazione dei ragazzi con i genitori, una delle cause maggiori. I genitori sono sempre più spesso assorbiti dal lavoro e in alcuni casi da condizioni di precarietà. Frequentemente si tratta di nuclei familiari dove è presente un solo genitore, perché magari sono figli di coppie separate. I nonni non ci sono e i ragazzi crescono da soli, non ricevono un processo educativo adeguato, anche perché al giorno d’oggi non ci sono più i grandi educatori di un tempo: la famiglia non è più presente, i ragazzi non frequentano gli oratori e neanche i gruppi sportivi e la scuola non educa più è diventata nozionistica. I ragazzi oggi si trovano a crescere da soli e apprendono più spesso dal gruppo dei pari, è in questo che si possono formare leadership positive, quando tendono ad introdurre passioni sportive, musicali, o negative se invece si costituiscono in bande di bulli, delinquenti o trasgressivi».

Una formazione, quella dei coetanei, che può essere positiva o negativa, a seconda delle persone incontrate. «Altro aspetto importante – precisa lo psichiatra – è il ruolo della rete e l’impatto delle nuove tecnologie sui giovani. Un discorso delicato, per molti ragazzi il computer diventa l’altro se, la loro identità si forma con questo, uno strumento che li porta a perdere la capacità di relazionarsi con gli altri, perché la relazione è mediata dal video, da Facebook, dalla connessione ad internet. Tutto questo produce una grande distorsione comunicativa: i ragazzi non sono più se stessi, ma la rappresentazione di come si manifestano su internet e sui social. Non conta più come si è veramente, ma come si appare».

È un vero e proprio allarme quello lanciato da Ciccioli: per alcuni ragazzi, internet rappresenta una parte significativa della giornata, che trascorrono per gran parte inchiodati al pc, con una «Contrapposizione fortissima tra reale e virtuale. Allora sui social si trovano ragazzi molto aggressivi sulla rete, ma molto timidi nella realtà, con tendenze collettive e non individuali. I processi di identificazione risultano disturbati dalla globalità della rete, e ci sono ragazzi che arrivano a compiere azioni solo perché scritto sulla rete, o a mettere in scena gesti estremi solo perché poi saranno condivisi sui social.

Comportamenti dei quali forse non ci si può stupire, se si considera che la maggior parte degli adolescenti è bombardata da una serie enorme di stimoli negativi, che passano spesso anche attraverso i media. Modelli positivi e modelli negativi che vengono continuamente proposti. In questo senso un grande veicolo è la musica, e uno tra i pezzi più popolari ascoltati dai teenagers in questo periodo parla di cocaina.

La musica è sempre stato un veicolo delle emozioni nei giovani. Oggi va molto di moda il rap, una musica ritmica, non melodiosa, dove i testi rappresentano rabbia, rivendicazione, aggressività e a volte anche instabilità e violenza sociale, una rabbia che è tipica dei bambini, quando ancora non riescono ad elaborare le emozioni. In questo senso il rap è una sorta di colonna sonora di una fascia giovanile, della quale esalta i comportamenti trasgressivi, antisociali, di fallimento e insuccesso, di chi non ce la fa, ed ha una forza drammatica dal punto di vista distruttivo e autodistruttivo. Occorre recuperare la relazione e il rapporto con le famiglie, dare senso ai comportamenti e all’agire dei ragazzi. C’è un brano di Vasco Rossi, dove l’artista cantando afferma che “bisogna dare un senso a questa cosa che un senso non ce l’ha”. Ecco questa frase fotografa bene l’esatta condizione dei giovani, che hanno sempre una domanda di senso a cui gli adulti devono dare una risposta. I giovani vivono di emozioni e contenuti, invece gli adulti di abitudini, che possono anche essere prive di senso e di emozioni. Le famiglie devono recuperare la relazione con i figli e ascoltarli, se non è possibile in questi casi è bene rivolgersi ai servizi e cercare di ricostruire la rete di amicizie per i figli. Al dipartimento dipendenze patologiche è attivo un servizio dedicato ai minori».

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