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Aggressioni al Pronto soccorso di Jesi, i camici bianchi: «Ci sentiamo in trincea»

I sindacati hanno sollecitato l'Ast a riprendere la proposta del posto di Polizia presso i Pronto soccorso per tutelare gli operatori

L'esterno del Pronto Soccorso dell'ospedale Carlo Urbani di Jesi

JESI – In attesa che venga convocato il Consiglio comunale straordinario aperto sulla sanità per fare il punto sulla situazione dell’ospedale “Carlo Urbani” di Jesi, le sue criticità e le possibili soluzioni, non si è sciolto il nodo delle aggressioni ai danni del personale medico e infermieristico del Pronto soccorso. Frequenti i casi balzati alla ribalta della cronaca di esagitati in preda ai fumi dell’alcol o sotto l’effetto di stupefacenti che si sono scagliati con violenza contro i sanitari danneggiando triage e sala d’attesa. O di psichiatrici difficili da contenere tanto da dover chiamare il 112.

«Ci sentiamo esposti, in trincea di fronte a un pericolo costante», lamentano i camici bianchi. «Chiediamo da tempo un presidio delle forze dell’ordine al pronto soccorso, perché la gente dopo ore di attesa reagisce con violenza e ci minaccia, senza comprendere che vi sono delle urgenze prima. È paradossale, rischiamo per fare il nostro lavoro che è salvare la vita alle persone».

Lo sconforto è palpabile. Da eroi della pandemia, medici e infermieri sono diventati bersagli. Sul piede di guerra anche i sindacati. «Abbiamo scritto all’Azienda a seguito dell’aggressione di un nostro collega che aveva riportato delle ferite, per fortuna non gravi – spiega Salvatore Viscio delegato Fp Cgil -; è una problematica che si sta cronicizzando, vogliamo una soluzione, perché chi opera in prima linea vive in una situazione di disagio. Avevamo ipotizzato un presidio di guardie giurate ma la proposta era decaduta. Il primo gennaio abbiamo inviato una lettera indirizzata al Commissario dell’Ast di Ancona dottoressa Storti auspicando di trovare una soluzione per arginare questo fenomeno, ma non abbiamo ricevuto risposta. Jesi non è l’unica realtà dove accadono questi episodi. I pronto soccorso di tutta Italia sono diventati valvola di sfogo di un sistema sanitario territoriale che non funziona. Mancano l’educazione del cittadino a un accesso consapevole del servizio di emergenza/urgenza cui bisognerebbe rivolgersi solo per emergenze vere e anche la volontà di dire la verità ai cittadini: se sapessero come è la situazione reale del sistema sanitario forse sarebbero più consapevoli».

«Riceviamo segnalazioni continue di aggressioni sia verbali che fisiche ai danni di nostri operatori sanitari – conferma Marcello Evangelista, segretario generale Uil Fpl Marche – negli ultimi mesi abbiamo registrato tantissimi casi ad Ancona (l’ultimo di qualche giorno fa, quando madre e figlia ubriache avevano aggredito il medico del 118, ndr), Ascoli, Pesaro e Civitanova. Un problema che va affrontato al più presto. Per accrescere la sicurezza nei luoghi di lavoro da tempo chiediamo il ripristino dei presidi della polizia di Stato nei Pronto soccorso».

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