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Nella Rianimazione di Torrette nasce la Stanza di Jacopo

Taglio del nastro per la prima Stanza di Jacopo nelle Marche, un'oasi di conforto per i familiari dei degenti della Rianimazione, che troveranno calore umano, conforto, riflessione e raccoglimento in solitudine.

Da sinistra Sauro Longhi, Michele Caporossi, Marisa Carnevali, Fausta Tocchio

ANCONA – Calore umano, conforto, riflessione e raccoglimento in solitudine. E’ questo che i familiari dei ricoverati nella Clinica della Rianimazione di Torrette potranno trovare nella Stanza di Jacopo, inaugurata nella mattinata di stamane. Uno spazio a loro dedicato, dove la parola di conforto data dal personale sanitario, o la piccola attenzione come un caffè o thè caldo, possano essere rivolte in un luogo più familiare e intimo rispetto ad una fredda sala di attesa o ad un corridoio.

La Stanza di Jacopo

Sesta in Italia, la Stanza di Jacopo è arrivata ad Ancona grazie a Filippo Bertin, veneto di nascita e marchigiano di adozione, che aveva avuto occasione di beneficiare di questo spazio in occasione della morte di suo padre avvenuta in Veneto. Bertin aveva talmente apprezzato la Stanza di Jacopo che ha deciso di proporne l’apertura anche a Torrette, contattando la Fondazione Ospedali Riuniti di Ancona. Dalla proposta alla realizzazione il passo è stato breve, dal momento che la presidente della Fondazione Ospedali Riuniti di Ancona Marisa Carnevali ha subito accolto con interesse il progetto, insieme al primario della Rianimazione Abele Donati, che ha messo a disposizione una stanza del suo reparto. Un’idea condivisa in pieno anche dal direttore generale dell’Azienda ospedali Riuniti di Ancona Michele Caporossi che ha subito concesso il suo benestare alla realizzazione del progetto.

A sinistra Michele Caporossi e Filippo Bertin

Una stanza nata da una storia di vita vissuta, quella della mamma di Jacopo, Fausta Tocchio, che ha fondato a Venezia l’omonima associazione no profit, il 27 settembre del 2011, dedicandola a suo figlio scomparso prematuramente. Il ragazzo era stato ricoverato nel 2011 nella rianimazione di un’ospedale londinese in seguito ad una crisi asmatica fulminante. La mamma di Jacopo fu accolta in quell’occasione in una stanza della rianimazione dedicata ai familiari dei degenti e da qui preso avvio il progetto di aprire delle stanze simili anche in Italia, costituendo un’associazione su scala nazionale. La prima di queste stanze è stata inaugurata all’Ospedale San Paolo di Savona il 18 aprile del 2012 nel reparto di Pediatria. A questa ne sono seguite altre 5, tra le quali quella di Ancona. La seconda è stata aperta nel 2014 sempre all’Ospedale San Paolo a Savona nel reparto di Gastroenterologia e Endoscopia Digestiva. Lo stesso anno ne è stata inaugurata un’altra al pronto Soccorso dell’Ospedale Civile di Venezia, e una successiva all’Ospedale di Imperia, inaugurata lo stesso giorno del compleanno di Jacopo (13/11/2014). Nel 2015 è arrivata la quinta stanza, inaugurata nel pronto Soccorso dell’Ospedale L’Angelo di Mestre e a seguire quella di Ancona inaugurata oggi.

Il taglio del nastro. Da sinistra Marisa Carnevali, Abele Donati, Fausta Tocchio, Sauro Longhi

Un’idea semplice e geniale, come l’ha definita il direttore generale Michele Caporossi, che ha sottolineato l’importanza del calore umano e della vicinanza degli operatori sanitari verso pazienti e familiari, quale valore aggiunto che può fare la differenza nell’ambito dell’assistenza sanitaria. Un meccanismo virtuoso basato sulla sensibilità e la motivazione degli operatori: «sappiamo che è difficilissimo formare le persone al dare – ha sottolineato Caporossi – ma occorre stimolare questa componente. Il meccanismo tradizionale in sanità è quello che vige nei rapporti di lavoro e si ferma alla qualità tecnica di quello che facciamo. La Stanza di Jacopo è un esempio emblematico che anche dove non ci sono risorse la società si mobilità attraverso la sussidiarietà per trovarle». Il direttore ha poi richiamato l’attenzione sulla questione della donazione degli organi, tanto cara alla mamma di Jacopo, che ha donato gli organi del figlio consentendo a 7 persone di continuare a vivere.

«Il ricovero di un familiare in terapia intensiva sconvolge la vita di una famiglia – ha evidenziato il primario della Clinica di Rianimazione, Abele Donati – la Stanza di Jacopo nasce proprio per dare conforto a situazioni di alta emotività dei familiari dei pazienti». Un luogo dove poter eventualmente anche ricevere un supporto psicologico o dove poter riflettere sull’ipotesi della donazione degli organi nelle situazioni di morte cerebrale del paziente.

«Per me è un onore ricordare mio figlio Jacopo in questo modo – ha detto Fausta Tocchio, vice presidente nazionale dell’Associazione la Stanza di Jacopo – il grande lavoro di umanità che ho sempre riscontrato in questi ambienti mi da la forza per trovare altri spazi per aprire la Stanza di Jacopo».

Da sinistra Michele Caporossi, Marisa Carnevali, Fausta Tocchio e Abele Donati

Un progetto, che come ha spiegato il rettore dell’Università politecnica delle Marche Sauro Longhi, rende più umano il curarsi: «trovare uno spazio all’interno di un ospedale dove una persona possa avere una diversa attenzione fa la differenza» nell’ambito dell’alta intensità di cura. Un aspetto, quello dell’umanizzazione delle cure, nel quale l’Università Politecnica pone una grande attenzione e verso il quale sta già compiendo degli sforzi con l’istituzione di un Master in Medicina Narrativa, che coniuga la cultura umanistica con quella di tipo clinico, perché come ha sottolineato il rettore «la narrazione aiuta a curare. Occorre ripensare agli spazi ospedalieri, perché il disagio può essere affrontato anche attraverso una nuova organizzazione di questi luoghi». Ribadita dal rettore anche l’importanza del ruolo e del contributo delle associazioni di volontariato e di familiari di pazienti, nell’attività di miglioramento della qualità assistenziale nell’ambito degli ospedali.

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