Ascoli Piceno-Fermo

Nel Piceno il covid favorisce la riscoperta dei vini locali e a km zero

Per Armando Falcioni, direttore del Consorzio Vini Piceni, a soffrire sono le aziende più grandi per il calo dell'horeca e dell'export. Attesa per i fondi del Piano di Sviluppo Rurale

ASCOLI – Non tutti i mali vengono per nuocere. Il lockdown per il covid ha colpito duro anche nel mondo enologico, ma ha rilanciato nuove possibilità a livello di singoli territori. È il caso dell’Ascolano, dove nell’ultimo anno si è assistito ad una forte riscoperta dei vini locali, soprattutto di quelli venduti sfusi e senza etichetta. Dal piccolo produttore direttamente al consumatore, attraverso negozi alimentari in città e paesi, o nelle aziende di campagna più vicine.

Un vero km zero che se non arricchisce chi il vino lo produce in quantità ridotte, perchè i margini di guadagno sono stretti – il prezzo medio non supera i 2,5 euro al litro -, però contribuisce in questo periodo complicato a far reggere una parte importante dell’economia agroalimentare della provincia, che conta su un migliaio di piccole cantine, viticoltori e realtà impegnate a valorizzare il Rosso Piceno, il Pecorino e la Passerina, oltre a favorire gli acquisti di fascie di reddito che non si possono più permettere prodotti dai costi elevati.

Il fenomeno in corso, che si accompagna alle sofferenze delle aziende più grandi e strutturate che commercializzano nei canali horeca ( hotel e ristoranti) e all’estero, è confermato da un esperto del settore come Armando Falcioni, direttore del Consorzio dei Vini Piceni ( 54 soci tra Ascoli e Fermo) , nonchè sindaco di Maltignano, alle porte di Ascoli: «La ripresa delle vendite al dettaglio di vino sfuso, favorita dalle limitazioni agli spostamenti su lunghe distanze, ha permesso al settore di avere una continuità produttiva che poteva essere messa a rischio dalle chiusure imposte dalle normative sanitarie. La scorsa estate poi – aggiunge Falcioni – c’era stato un forte recupero complessivo della domanda che faceva ben sperare per il futuro. Ma l’autunno ha di nuovo portato ad un rallentamento delle attività delle imprese, che ancora si sta scontando».

In soccorso del mondo del vino è arrivata comunque anche la Regione Marche che con due provvedimenti ha tamponato una situazione che poteva diventare grave. Da un lato ha finanziato il trasferimento del prodotto negli impianti di distillazione, per smaltire le eccedenze. Dall’altro ha attivato per un anno lo stoccaggio di grosse quantità di vino in strutture apposite, sovvenzionando in parte i produttori.

Ma è chiaro che si è trattato di due interventi preziosi ma che dovranno essere superati nei prossimi mesi da un rilancio di tutto il comparto, perchè altrimenti l’impatto negativo su aziende e lavoratori ( almeno 5 mila addetti con l’indotto, nel Piceno) sarà significativo.

Viticoltori singoli e piccole realtà a parte, per i gruppi o le cantine storiche del Piceno il 2020 è stato un anno se non da dimenticare molto difficile da affrontare. La flessione dei consumi nell’horeca ha ridotto i ricavi di queste imprese che propongono al mercato prodotti di fascia medio alta, i quali non sono sempre considerati un bene essenziale dalle famiglie in tempi di crisi e di grandi incertezze.

E poi c’è l’export, che in condizioni normali valeva il 50% del fatturato e che invece ha dovuto subire un ridimensionamento, anche se non ancora irrecuperabile: «Le esportazioni dei nostri migliori vini non si sono fermate, specie su mercati maturi e importanti come Germania, Inghilterra, Stati Uniti – spiega Falcioni – ma è evidente che non vi è continuità negli ordini come prima del covid. E tuttavia molte aziende possono resistere alcuni mesi e aspettare che il peggio sia passato. »

Nel frattempo tutto il comparto vitivinicolo attende che arrivino i fondi del nuovo Piano di Sviluppo Rurale che la Regione sta predisponendo a valare sulla nuova programmazione europea 2021-2027. Il Consorzio dei Vini Piceni ha presentato progetti per il sostegno alla promozione delle attività per un valore di 700 mila euro. Le risorse dovrebbero arrivare entro la primavera, anche se poi bisognerà capire come e dove investire quel denaro in un quadro nazionale e internazionale mutato e pieno di incognite e incertezze.

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