Ascoli Piceno-Fermo

Peste suina, cluster ad Accumoli: tremano anche gli allevatori del Piceno

Il ministero invita ad usare la massima accortezza se si viene a contatto con le carcasse dei cinghiali. L'Area Vasta 5: «Abbiamo attivato tutti i protocolli necessari»

ASCOLI – È allarme peste suina anche nel Piceno. Nelle ultime ore, infatti, gli allevatori ascolani stanno tremando a seguito di un cluster che si è verificato ad Accumoli, in provincia di Rieti, ma proprio a due passi dal confine con la provincia picena e con il comune di Arquata. Solo un’ottantina di chilometri, fra l’altro, separa Accumoli dalla città di Ascoli e da parte della Asl laziale è stato lanciato un avvertimento anche alla Asl marchigiana, in quanto il virus sembrerebbe viaggiare molto velocemente su tutto il territorio. Ad Accumoli, la peste suina è stata isolata su una carcassa di cinghiale, ma gli allevatori temono che lo stesso virus possa presto contagiare i maiali.

«Il caso di Accumoli crea qualche preoccupazione – spiegano dall’Area Vasta 5 -. Abbiamo comunque attivato tutti i protocolli necessari, anche se va detto che il caso è stato individuato ormai qualche giorno fa e sembrerebbe che non ci siano stati altri episodi. Inoltre, va anche precisato che la pesta suina africana è una malattia virale che colpisce suini e cinghiali. È altamente contagiosa e spesso letale per gli animali, ma non sembra essere trasmissibile agli esseri umani». Sarà fondamentale, comunque, evitare che gli animali selvatici vengano a contatto con quelli degli allevamenti, per fare in modo che un eventuale virus non possa essere trasmesso e non possano finire degli animali malati sulla tavola delle persone.

I consigli dal Ministero

Un vademecum sul giusto comportamento da adottare, nelle ultime ore, è stato diffuso dal ministero della salute. «Chiunque provenga da aree in cui la malattia è presente può rappresentare un veicolo inconsapevole di trasmissione del virus agli animali – spiega il ministero -. Anche i cinghiali, liberi di avvicinarsi alle zone antropizzate, oramai rappresentano uno dei mezzi di diffusione del virus, qualora entrino in contatto con allevamenti che non rispettano le norme di biosicurezza o con rifiuti alimentari abbandonati o con lavoratori del settore domestico.

È indispensabile adottare una serie di comportamenti corretti e di precauzioni per prevenire la diffusione della malattia. Non bisogna portare in Italia, dalle zone infette comunitarie, prodotti a base di carne suina o di cinghiale, quali, ad esempio, carne fresca e carne surgelata, salsicce, prosciutti, lardo, che non siano etichettati con bollo sanitario ovale. Occorre smaltire i rifiuti alimentari, di qualunque tipologia, in contenitori idonei e chiusi e non somministrarli per nessuna ragione ai suini domestici o ai cinghiali. Non lasciare rifiuti alimentari in aree accessibili ai cinghiali e informare tempestivamente i servizi veterinari del ritrovamento di una carcassa di cinghiale. Per gli allevatori – conclude il ministero – è fondamentale rispettare le norme di biosicurezza, in particolare il cambio di abbigliamento e calzature quando si entra o si lascia l’allevamento e scongiurare i contatti anche indiretti con cinghiali o maiali di altri allevamenti».

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