Ascoli Piceno-Fermo

Scossa ad Accumoli, paura nelle Marche. «In caso di sisma si rispetta il coprifuoco?»

Francesco Riti, imprenditore alimentare di Acquasanta Terme, solleva provocatoriamente l'interrogativo che accende i riflettori sull'incertezza vissuta dalle popolazioni colpite dal sisma del 2016

Pescara del Tronto dopo il sisma del 2016

ANCONA – Dopo la scossa sismica di magnitudo 3.0 avvenuta nella giornata di ieri (2 dicembre alle 19.02) ad Accumoli nel Lazio, a soli 8 chilometri da Arquata del Tronto, tra la popolazione marchigiana colpita dal terremoto del 2016 è tornata a diffondersi la paura. Una paura mista a senso di incertezza che ai tempi del covid è ulteriormente amplificata.

I provvedimenti restrittivi, imposti per limitare la diffusione del coronavirus, che danno una stretta sugli spostamenti e impongono il coprifuoco dalle 22 alle 6, sono vissuti come una ulteriore incertezza da un popolazione che attende ormai da più di 4 anni una ricostruzione, mai arrivata. E che tengono duro, proseguendo le loro attività nonostante in montagna non vada più nessuno, con il blocco degli spostamenti. Una emergenza nell’emergenza, una popolazione che continua a resistere nonostante tutto e anche se il senso di abbandono è ormai una ferita viva e lacerante.

Francesco Riti davanti alla sua azienda colpita dal sisma, prima della messa in sicurezza
Francesco Riti davanti alla sua azienda colpita dal sisma, prima della messa in sicurezza

In maniera provocatoria Francesco Riti, imprenditore alimentare a cui il sisma del 2016 aveva lesionato irrimediabilmente l’azienda con sede ad Acquasanta Terme, si chiede: «Se fa una scossa di terremoto dopo le ore 22 che facciamo? Usciamo e raggiungiamo i punti di raccolta come disposto dai piani di emergenza della protezione civile, o restiamo a casa perché dobbiamo rispettare il copri fuoco e la legge sull’assembramento? Magari questa domanda al milanese o al romano farà sorridere, ma dove vivo io non fa tanto ridere».

Interrogativi che rendono la dimensione dello stato di incertezza in cui vive questa popolazione e ai quali l’imprenditore chiede di dare una risposta, ricordando che dopo la scossa del 30 ottobre 2016 «ci fu l’evacuazione dei nostri comuni». Insomma un timore sempre vivo che si attualizza ulteriormente con la pandemia di covid-19 e le relative norme. A tranquillizzare la popolazione sull’applicazione del divieto di uscire dopo le 22, è l’avvocato Corrado Canafoglia, coordinatore regionale di Unione Nazionale Consumatori puntualizzando il fatto che «laddove ci fosse un evento calamitoso, come il sisma che si è verificato ieri, nessuna autorità potrà elevare contravvenzioni per violazione del coprifuoco, trattandosi di un caso di forza maggiore».

Corrado Canafoglia

Secondo il legale anche nel caso in cui «qualche burocrate zelante elevasse multe in un contesto del genere, oltre ad esporsi al pubblico ludibrio, qualsiasi giudice di pace annullerebbe la relativa multa: date le problematiche relative alla mancata ricostruzione nelle cittadine del cratere, una multa per sfuggire ad una scossa di terremoto rappresenterebbe una beffa».

«Il problema non è l’entità della scossa – sottolinea l’avvocato Canafoglia -, bensì l’esperienza tragica già vissuta, la sensibilità ad eventi catastrofici maturata, ma soprattutto l’esigenza di salvaguardare l’integrità fisica, un diritto che trova fondamento nell’articolo 32 della Costituzione (il diritto alla salute) e che prevale rispetto a qualsiasi norma restrittiva».

Ad accendere i riflettori sulle lungaggini della ricostruzione è anche la parlamentare marchigiana di Fratelli d’Italia, Lucia Albano, subentrata alla Camera dopo l’elezione di Francesco Acquaroli, alla presidenza della Regione Marche. La deputata, commentando le dichiarazioni rilasciate ieri mattina durante un convegno dal commissario alla ricostruzione Legnini, che aveva affermato «per la ricostruzione privata a ritmo del 2019 sarebbero occorsi 28 anni solo per esaminare tutte le pratiche», ha dichiarato che «certificano, proprio da chi ha ereditato la gestione inconcludente e farraginosa del post-sisma, il fallimento dei commissari straordinari che lo hanno preceduto e che avrebbero dovuto sfruttare i primi anni post-emergenza per impostare una ricostruzione non schiava della burocrazia e che potesse garantire nel più breve tempo possibile un futuro ai nostri territori feriti».

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