Ancona-Osimo

«Verità e giustizia per Huub Pistoor e per tutte le vittime di omicidi stradali». La lettera della compagna

Gioia Bucarelli interviene dopo la seconda richiesta di archiviazione sul caso dell’ingegnere olandese di 56 anni ucciso dal rimorchio di un tir ad Agugliano

ANCONA – Il suo compagno, Huub Pistoor, morì a 56 anni, travolto ed ucciso dal rimorchio di un tir ad Agugliano, mentre era volante della sua auto. Era il 29 marzo del 2019. Da quel giorno la compagna dell’ingegnere olandese, tra i fondatori della scuola di Filosofia di Macerata, combatte per avere giustizia. 

«Alla notizia della seconda richiesta di archiviazione – scrive in una lunga lettera Gaia Bucarelli – sorgono spontanee alcune riflessioni. Il Pubblico Ministero della Procura di Ancona ha richiesto di nuovo l’archiviazione per i titolari della società di trasporti proprietari del camion e del rimorchio che si staccò schiacciando l’auto in cui si trovava l’ingegnere Huub, da 28 anni residente a Osimo. A giugno la Gip aveva accolto l’opposizione presentata dai nostri legali ordinando al Pm di effettuare indagini integrative sulla manutenzione dei mezzi fino al 20 ottobre ma il 7 ottobre abbiamo ricevuto la notifica della nuova richiesta di archiviazione, depositata a luglio«.

Per l’omicidio stradale di Huub Pistoor è già stato condannato il conducente che ha patteggiato 1 anno e 3 mesi, pena sospesa. Gli avvocati hanno però sempre affermato che le maggiori responsabilità sono dei proprietari e di chi aveva il compito della manutenzione dei mezzi. «La perizia del consulente del Tribunale – continua Bucarelli – mette infatti in luce le pessime condizioni dell’autocarro e del rimorchio, l’usura del perno del gancio di traino e del sistema frenante del lato destro. L’inefficienza dei freni ha impedito al rimorchio di fermarsi, nonostante si fosse attivato il sistema automatico di frenatura di emergenza. Se i freni fossero stati efficienti, il mezzo si sarebbe arrestato nello spazio di pochi metri. Ciò che si legge nelle perizie rende con chiarezza l’idea di  mezzi totalmente fuori controllo, vere e proprie mine vaganti». Stando alla compagna erano presenti altre gravi carenze tecniche, «facilmente rilevabili anche da un occhio poco esperto, riparazioni casalinghe e in economia con cavi e pezzi volanti che nessuna officina avrebbe potuto fare senza l’autorizzazione dei proprietari dei mezzi».

«La richiesta del Pm causa dolore, sconcerto, amarezza, delusione – osserva la donna -. Presenteremo di nuovo opposizione, è una questione di principio e di civiltà. La sicurezza stradale riguarda tutti e serve il massimo impegno per aumentare consapevolezza e senso civico nel luogo pubblico che frequentiamo ogni giorno. Quando un lavoratore perde la vita nel luogo di lavoro schiacciato da un macchinario sono subito coinvolti nelle indagini i proprietari della ditta e gli addetti alla manutenzione, mi chiedo perché non si adotti lo stesso metodo se si vieni schiacciati sulla strada da un rimorchio usurato, che non avrebbe dovuto circolare. Accertare la verità e le responsabilità di un omicidio stradale dovrebbe essere sentito come un dovere da parte delle istituzoni ed è un segno di rispetto nei confronti delle vittime e dell’intera società che non può tollerare comportamenti che mettono a rischio l’incolumità pubblica. Solo attraverso indagini approfondite si può fare prevenzione per evitare che accada ancora. Archiviare vuol dire far vincere la violenza stradale, l’ncuria, la superficialità, la negligenza, la mancanza di rispetto delle regole e della vita. Fino a quando saranno sottovalutati reati così gravi non saremo una società civile e non potranno essere garantiti ai cittadini i diritti alla vita, alla mobilità, alla sicurezza. E alla Giustizia».

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