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Variante Omicron, il virologo Clementi: «Gran parte delle preoccupazioni è rientrata»

Il direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’Ospedale San Raffaele di Milano rassicura sulla nuova variante. Ecco cosa sappiamo ad oggi

ANCONA – «La variante Omicron? Gran parte delle preoccupazioni è rientrata. Prima di definirla problematica sarebbe stato meglio avere dati alla mano più certi». A rassicurare sulla variante del virus SARS Cov2 è il virologo Massimo Clementi. La notizia della sua diffusione, partita dal Sudafrica, ha fatto ripiombare molti nel panico, rievocando gli scenari di appena un anno fa, quando un’altra variante, la Delta, si era diffusa con grande rapidità provocando nuove vittime e ondate di ricoveri negli ospedali, facendo scattare di conseguenza nuove restrizioni e zone rosse.

Il virologo Massimo Clementi

Al momento però la situazione sembrerebbe assumere contorni meno preoccupanti del previsto. «Ad aver impressionato la fantasia di alcuni – spiega Massimo Clementi, direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’Ospedale San Raffaele di Milano -, possono essere state le 32 mutazioni di rilievo, tutte localizzate sulla proteina Spike, un quadro mai visto finora nelle varianti precedenti, che al massimo avevano 12 o 13 mutazioni».

Come fa notare il virologo, questo numero maggiore di mutazioni «non significa necessariamente un quadro più pericoloso. Questa variante si è sviluppata in una zona, il Sudafrica, dove la percentuale di vaccinati contro il Covid è molto bassa (25% circa) rispetto ai Paesi più ricchi, e dove molte persone sono affette dall’Hiv e da Tubercolosi. Un contesto molto diverso da quello europeo e da quello italiano dove la quota di vaccinati raggiunge il 90% e ci sono già molte terze dosi somministrate».

Clementi spiega che la prima variante Omicron è stata individuata «in un soggetto immunodepresso del Mozambico, rimasto infetto per oltre 200 giorni», e che da quanto sappiamo ad oggi la nuova variante sarebbe ben controllata  anche dai vaccini attualmente in circolazione, come dimostrerebbero i primi dati in arrivo da Israele, dove la terza dose sembra avere un effetto protettivo anche su questa mutazione.

Un tema fondamentale da affrontare, secondo il virologo, è la vaccinazione dei Paesi poveri, per contrastare la circolazione del virus e la formazione di nuove varianti: «I vaccini a m-Rna però non vanno bene per quei Paesi, dove le temperature sono molto elevate, servirebbero altri vaccini come AstraZeneca, Sputnik, vaccini che possono essere conservati non a meno 80 gradi, ma in un normale frigorifero».

Accanto a questo è fondamentale vaccinare anche gli indecisi, chi non ha ancora ricevuto per propria scelta neanche una dose. Se da un lato la nuova variante ha avuto l’effetto catastrofico di far crollare i mercati finanziari, bruciando in un solo giorno svariati miliardi, dall’altro ha avuto un impatto positivo sugli indecisi «invogliando alcuni a vaccinarsi e spingendo molti a fare la terza dose». Ma se con gli indecisi «si può dialogare», con i No-vax non è semplice: si tratta infatti di una fascia di popolazione «più difficile da convincere – conclude – , perché caratterizzata da una forte componente ideologica».

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