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Variante Delta del Covid, l’infettivologo Giacometti: «È più diffusiva»

Dalla mascherina, passando per i rischi e la capacità di diffondersi. Tutto quello che c'è da sapere sulla variante del virus che preoccupa il mondo. Ne abbiamo parlato con due esperti

ANCONA – Preoccupano i casi di variante Delta individuati in Italia. Lombardia, Puglia, Trentino Alto Adige, Veneto, Umbria, Sardegna, Campania, Lazio e Sicilia, le regioni in cui sta circolando la mutazione del covid-19.

Stefano Menzo, direttore della Virologia degli Ospedali Riuniti di Ancona,

Nelle Marche la variante Delta al momento è stata rilevata in tre campioni come annunciato dal professor Stefano Menzo, primario del Laboratorio di Virologia degli Ospedali Riuniti di Ancona. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità evolve rapidamente, e per questo potrebbe presto diventare prevalente per la sua capacità di diffusione. Si tratta di tre donne non ancora vaccinate

Il professor Menzo chiarisce che nelle Marche continuano ad essere rilevati alcuni casi di variante Brasiliana, Nigeriana, Nord-Americana e Sud-Americana, ma non ancora della mutazione Indiana. Alla Virologia di Torrette ad Ancona è attivo il monitoraggio per la ricerca delle varianti del virus, dove i virologi cercano non solo questa mutazione, ma anche le altre varianti, incluse quelle ancora sconosciute e nuove.

Cosa sappiamo sulla variante Delta

Andrea Giacometti, primario Clinica Malattie Infettive Torrette

«La variante Delta è stata inizialmente denominata “indiana” perché era stata isolata in India all’inizio di quest’anno – spiega il professor Andrea Giacometti, primario della Clinica di Malattie Infettive di Torrette -. Successivamente si è diffusa in questo Paese con una incredibile rapidità, probabilmente aiutata da inopportune aggregazioni di folla in occasione di eventi religiosi: ricordo le incredibili immagini riprese alla foce del Gange, non solo in molti non indossavano la mascherina, ma anche l’avessero indossata quale efficacia poteva avere in situazioni di contatto spalla a spalla e con abluzioni di massa? Nell’acqua dolce dei fiumi il virus può resistere per ore».

L’infettivologo fa notare che «in India gran parte della popolazione era già stata contagiata, e quindi immunizzata, durante la prima ondata pandemica, quando il ceppo SARS-CoV-2 era ancora praticamente quello originario, poco mutato. Questo denota che anche chi è stato contagiato nella prima ondata, e probabilmente anche nelle due successive, può contrarre nuovamente l’infezione se questa è causata dalla variante Delta. È comunque lecito attendersi che in caso di seconda infezione la sintomatologia dovrebbe essere più attenuata, ma in India la peculiare situazione sanitaria ha comunque causato migliaia di morti».

Quali sono i rischi della variante Delta

Il rischio che preoccupa maggiormente gli esperti è quello «di contrarre di nuovo l’infezione». «In verità – spiega Giacometti – ancora non sappiamo se la variante Delta sia più o meno patogena, ossia se determini quadri meno gravi o più gravi rispetto alle altre varianti, però è sicuramente più diffusiva. I dati finora raccolti inducono a ritenere che si stia percorrendo il cammino che secoli fa avrebbero percorso i “vecchi” coronavirus, ossia i 4 coronavirus umani che sono responsabili ormai solo di comuni raffreddori o mal di gola».

L’infettivologo motiva la sua tesi facendo leva sui cambiamenti nella sintomatologia verificatisi dall’inizio della pandemia. «La variante Delta si manifesta spesso con sintomi diversi da quelli a cui eravamo abituati in occasione delle prime ondate – sostiene – : ora c’è spesso il naso che cola che prima era raro, il mal di gola, anche questo era raro, il mal di testa e la febbre. Insomma, almeno all’inizio la malattia si presenta come un comune raffreddore, sebbene a volte piuttosto impegnativo. Poi, però, anche in questo caso qualcosa a volte non va come si spera, perché le condizioni del paziente si aggravano e spesso si deve ricorrere al ricovero».

In ogni caso secondo il professore i dati a disposizione «ancora non ci consentono di capire se la variante delta è causa di minori o maggiori ricoveri rispetto all’originario SARS-CoV-2».

I vaccini funzionano con questa variante?

Secondo l’infettivologo sul tema vaccini sono due i fattori importanti: il fatto che «con il vaccino si ottiene una notevole riduzione della necessità di ricovero, perché l’infezione resterà limitata il più delle volte a disturbi tipo raffreddore – influenza», e che questa riduzione della necessità di ricovero «diventa realmente importante, superiore al 90%, solo dopo la seconda dose, qualunque vaccino sia stato utilizzato, sebbene il Pfizer sembri il più efficace in assoluto».

Come difendersi: la mascherina chirurgica è sufficiente?

Per difenderci dalla variante Delta sono necessarie le solite precauzioni: igiene delle mani, distanziamento e mascherina. Il professor Giacometti spiega che «va bene togliere la mascherina all’aperto se non ci sono persone vicine, distanti almeno 1,5 metri, però in tutte le altre situazioni, come al chiuso o quando, pur trovandoci all’aperto, c’è chi insiste ad avvicinarsi troppo, la mascherina è necessaria e consiglio la Ffp2, non quella chirurgica».

L’infettivologo ricorda: «Dobbiamo tenere a mente che la mascherina chirurgica impedisce soprattutto la diffusione delle goccioline di saliva da parte di chi la indossa, mentre la Ffp2 non solo blocca le goccioline che noi emettiamo, ma è molto più efficace della chirurgica nel bloccare quelle emesse da altri».

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