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Autocostruzione familiare: perché non è possibile ricostruirsi una casa nelle zone del cratere?

Il modello organizzativo di cantiere nuovo e vantaggioso è stato ideato dall’Associazione A.R.I.A. Familiare ed ha lo scopo di promuovere progetti di autocostruzione di immobili per mezzo di una rete di solidarietà a livello nazionale. Intervista alla vicepresidente, l'architetto Sara Campanelli

Struttura portante in legno autocostruita nel cantiere di Rimini interamente autocostruito

MACERATA- “Farsi la casa” da soli, con le proprie mani, contenendo i costi e rinsaldando i rapporti sociali. L’autocostruzione familiare però – con l’aiuto di parenti, amici e volontari – non è possibile nelle zone colpite dal sisma del 2016. Per questo l’Associazione di promozione sociale A.R.I.A. Familiare (Associazione Rete Italiana Autocostruzione Familiare) con il supporto di EDT (Emidio di Treviri – gruppo di ricerca sul post sisma) ha lanciato nel 2019, tramite una petizione popolare, la proposta di inserire la forma dell’autocostruzione familiare tra quelle ammesse a finanziamento per i progetti di ricostruzione e/o recupero degli edifici colpiti dal terremoto e ubicati nella zona del cratere. Ma andiamo con ordine.

Nell’autocostruzione – pratica portata avanti nei secoli e con la quale in passato sono stati costruiti i nostri borghi – i futuri proprietari partecipano alla realizzazione della loro abitazione apportando il proprio “lavoro” manuale. In Italia era riconosciuta dalla legge solamente l’autocostruzione in economia diretta, ovvero il proprietario di casa poteva coinvolgere nei lavori i familiari di primo grado. Poi sono nate le cooperative edilizie: diverse famiglie formano una cooperativa ed sono assistite da un’impresa che manda avanti il cantiere. Possono partecipare ai lavori solo i soci o i lavoratori dipendenti. Entrambe modalità chiuse e non accessibili a tutti. Per ovviare a queste ristrettezze, negli ultimi anni si è sviluppata una nuova forma: l’autocostruzione familiare.

Il nuovo modello organizzativo di cantiere è stato ideato dall’A.P.S. A.R.I.A. Familiare ed ha lo scopo di promuovere progetti di autocostruzione per mezzo di una rete di solidarietà a livello nazionale. Una famiglia, un piccolo gruppo di persone, il vicinato solidale, un’associazione, costruiscono da soli la propria casa insieme a dei volontari, che operano gratuitamente in cambio di vitto ed alloggio. Il tutto secondo le normative vigenti. L’architetto Sara Campanelli, originaria di Ascoli Piceno nonché vicepresidente di A.R.I.A. Familiare, ci spiega che cos’è l’autocostruzione familiare e che cosa fa l’associazione.

Al lavoro nel cantiere di Rimini

«L’associazione è stata fondata nel 2012 per supportare coloro che vogliono provvedere da sé al recupero o alla costruzione della propria abitazione coinvolgendo amici, parenti e volontari. Siamo l’unica APS in Italia ad occuparci di questo. Per aprire un cantiere in autocostruzione familiare, oltre ad avere tutti i permessi previsti dalla normativa vigente, è necessario costituire un’APS e federarsi ad A.R.I.A. Familiare».

Architetto Campanelli, chi partecipa al cantiere?
«In questi anni ho visto entrare in cantiere persone di diversa estrazione sociale e culturale. Anche molte donne che, fatto il percorso di formazione da architetto e deluse dalla professione, hanno trovato conforto nella pratica manuale dei cantieri in autocostruzione familiare utili ad acquisire nuove competenze. Ci sono anche moltissimi uomini appassionati di lavori pratici che non hanno mai avuto a che fare con l’edilizia. Nel cantiere di Rimini hanno partecipato dei rifugiati politici e pensionati. L’autocostruzione familiare rinsalda i rapporti comunitari; in ogni cantiere di A.R.I.A. Familiare il clima di collaborazione e convivialità che si genera è di altissimo valore sociale. Nonostante le persone non si conoscano, sin da subito si adoperano per essere un gruppo coeso intento ad imparare, ad aiutare e a vivere una nuova esperienza insieme agli autocostruttori».

L’architetto Sara Campanelli, vicepresidente A.R.I.A. Familiare

Veniamo alla nota dolente. Per quale motivo l’autocostruzione familiare non può essere messa in pratica nelle zone del cratere sismico?
«Non capiamo per quale motivo non sia stata inserita nel decreto 189 del 2016 la possibilità dell’autocostruzione familiare. Chiamiamola una dimenticanza del Governo… Una famiglia di Camerino aveva espresso il desiderio di autoRicostruire la propria casa chiedendo aiuto a noi dell’associazione; purtroppo abbiamo dovuto confermare loro l’impossibilità di procedere in tal senso. Ci siamo battuti, siamo anche andati dall’allora Commissario Speciale alla Ricostruzione Piero Farabollini e abbiamo lanciato una raccolta firme, sia online che cartacee, affinché fossero ammessi a finanziamento i progetti di ricostruzione e/o recupero degli edifici terremotati. In pratica lo Stato riconosce l’impresa di costruzioni ma non riconosce il cittadino come un operatore che possa dare una mano per mandare avanti la ricostruzione. Il problema è il passaggio di soldi, come si configura tra stato e cittadino».

Che cosa avete intenzione di fare?
«Nonostante le difficoltà e l’impossibilità incontrate per inserire i cantieri in autocostruzione familiare tra quelli ammessi a contributo, noi non ci fermiamo. Attualmente stiamo elaborando altre strategie legali per aprire questo tipo di cantieri nel cratere, vi aggiorneremo!»

Lei è stata spesso nelle zone terremotate, che “aria” tira?
«Lo scorso anno abbiamo partecipato ad eventi ed organizzato molti incontri nei luoghi colpiti dal sisma raccontando le potenzialità dell’autocostruzione familiare e raccolto adesioni. In molti hanno compilato una manifestazione d’interesse che evidenzia i dati generici dell’immobile e il motivo per cui si richiede l’autoricostruzione. Ci sono tante case terremotate, le persone sono smarrite, alcune non si sentono più parte di quei territori che hanno lasciato definitivamente. Sono stati delocalizzati oppure vedono ricostruite strutture che non fanno parte della loro identità. Le persone si sentono più a “casa” se prendono parte al processo costruttivo insieme alla collettività di cui facevano parte ma questo non è stato capito dallo Stato. Chiaramente l’autocostruzione familiare non sarebbe la panacea di tutti i mali ma sicuramente potrebbe essere d’aiuto!».

Il cantiere di Rimini interamente autocostruito

L’autocostruzione permette di risparmiare?
«A questa domanda io rispondo sempre che si risparmierà tanto quanto è la bravura dell’autocostruttore che, oltre alla parte logistica di cantiere, ha molte responsabilità ed oneri. Ad ogni modo è possibile organizzare la formazione con dei cantieri – scuola che servono all’autocostruttore inesperto ad imparare la tecnica per poi trasmetterla ai volontari che lo andranno ad aiutare».

L’autocostruzione è una pratica diffusa? Quali sono i cantieri partiti nelle Marche?
«Rispetto al 2015 c’è stata una crescita di richieste da parte di persone interessate all’autocostruzione. Anche se ancora tanti cantieri non sono tecnicamente partiti, le persone chiedono, si informano. Nelle Marche lo scorso anno è partito un cantiere a Borgo Braccano, a Matelica, e prossimamente partirà un cantiere vicino Pollenza».

Architetto Campanelli, Lei come si è avvicinata all’autocostruzione?
«Nel 2009, dopo aver vinto una borsa di studio messa a disposizione da UNICAM per sviluppare tesi di laurea nei paesi terzi (non europei), ho avuto la possibilità di studiare l’autocostruzione in un quartiere di favelas “Chacarita” in Assuncion, Paraguay dove sono stata per diversi mesi. Volevo capire come l’architettura potesse diventare uno strumento utile a tutti per garantirsi un tetto sulla testa; ho potuto constatare che l’autocostruzione rende possibile questo processo».