Ancona-Osimo

Vaccinazione nelle Marche, sindacati e Articolo Uno attaccano: «No a ritardi e fughe in avanti»

Cgil, Cisl e Uil chiedono alla Regione il rispetto delle priorità previste nel piano vaccinale nazionale. Articolo Uno invece punta il dito contro «il caos organizzativo»

ANCONA – La vaccinazione contro il covid-19 è ancora sotto i riflettori nelle Marche. Cgil, Cisl e Uil, richiamano la Regione al rispetto del piano vaccinale, così come Articolo Uno, che chiede di «evitare fughe in avanti e ritardi».

«Tutti devono potersi vaccinare in sicurezza ma senza fughe in avanti o percorsi preferenziali. Per questo, prima di avviare le vaccinazioni nei luoghi di lavoro, occorre accelerare e garantire la vaccinazione dei più anziani e dei soggetti fragili e soprattutto è indispensabile attendere l’esito del confronto che si è aperto a livello nazionale per definire il quadro delle garanzie e dei criteri di vaccinazione nei luoghi di lavoro». È quanto precisano in una nota stampa congiunta i segretari regionali dei sindacati Daniela Barbaresi (Cgil), Sauro Rossi (Cisl) e Claudia Mazzucchelli (Uil).

Cgil, Cisl e Uil chiedono che la vaccinazione «avvenga nel rigoroso rispetto del piano vaccinale nazionale e delle recenti raccomandazioni del Ministero della Salute a garanzia innanzitutto nell’ordine di priorità delle categorie di soggetti in esse definito, priorità che tengono conto dell’età e delle condizioni patologiche delle persone».

I sindacati richiamano la Regione al rispetto delle priorità definite nel piano vaccinale dopo l’annuncio del protocollo per la vaccinazione negli ambienti di lavoro proposto dal governatore Francesco Acquaroli alle associazioni datoriali e sindacali.

Da sinistra, Daniela Barbaresi, Sauro Rossi e Claudia Mazzucchelli

«Prima di avviare le vaccinazioni nei luoghi di lavoro – si legge nella nota stampa – è necessario che vengano accelerate e garantite le vaccinazioni dei soggetti prioritariamente individuati: over 80, ospiti delle case di riposo, delle residenze protette e delle RSA visto che non tutti hanno ricevuto la prima dose e sono ancora pochi quelli che hanno ricevuto la seconda, mentre stenta ancora a partire la vaccinazione degli over 80 costretti a domicilio perché non deambulanti o non in grado di raggiungere i centri vaccinali».

Cgil, Cisl e Uil rimarcano la priorità nella somministrazione dei sieri, alle persone con «elevata fragilità, estremamente vulnerabili o con disabilità grave (dializzati, malati oncologici, diabetici e altre categorie di persone più a rischio), i loro familiari e caregiver che offrono assistenza continuativa; va completata la vaccinazione del personale scolastico e universitario, delle forze armate, di Polizia, dei servizi penitenziari, del soccorso pubblico. Vanno poi vaccinate le persone tra i 70 e 79 anni e a seguire quelle tra i 60 e i 69 anni e poi quelle con meno di 60 anni con comorbilità».

I sindacati ricordano infatti che nelle raccomandazioni del Ministero della Salute si evidenzia che le vaccinazioni nei luoghi di lavoro sono possibili «solo se le dosi di vaccino disponibili lo permettono, avendo esse un carattere complementare rispetto agli interventi gestiti dal Servizi sanitari regionali».

A livello nazionale si è aperto un confronto tra le forze economiche e sociali e i ministri della Salute e del Lavoro, per aggiornare il Protocollo nazionale delle misure di contrasto della diffusione della pandemia nei luoghi di lavoro, per questo i sindacati chiedono alla Regione di attendere gli sviluppi del vertice, il cui prossimo incontro è calendarizzato per il 25 marzo, così da definire i criteri di somministrazione «in sicurezza del vaccino» in questi ambienti.

No alle «fughe in avanti e improvvisazioni che possono ingenerare solo confusione e diseguaglianze tra i cittadini di diverse realtà territoriali», secondo i sindacati è necessario aggiornare i protocolli aziendali anti-contagio con il coinvolgimento dei Comitati come previsto dal Protocollo nazionale, e «l’attivazione del confronto preventivo con le rappresentanze sindacali territoriali e ove presenti, con le RSU e con il RLS/RLST».

Da definire poi i protocolli operativi specificando «la platea dei soggetti coinvolti, le sedi di vaccinazione, il personale medico, infermieristico e amministrativo coinvolto». I sindacati chiedono un’«adeguata campagna d’informazione» su questa «specifica articolazione», oltre ad una «adeguata specifica informativa sindacale a tutti i lavoratori dipendenti in forza nelle singole aziende coinvolte» e «il massimo rigore» sulle norme di riservatezza «legata ai trattamenti sanitari, a tutela di ogni lavoratore».

Massimo Montesi con il Ministro della Salute Roberto Speranza

Articolo Uno dopo il via libera dell’Ema al vaccino AstraZeneca, sospeso dall’Aifa per approfondire alcune reazioni avverse verificatesi nel Paese, punta il dito contro «il caos organizzativo che regna nella campagna vaccinale delle Marche». Secondo il coordinatore regionale del partito, Massimo Montesi, sono state «create difficoltà alle famiglie marchigiane che fino all’ultimo momento hanno avuto informazioni discordanti sulla ripresa della vaccinazione».

«Mentre nel resto d’Italia si è data conseguenza alla nota Aifa di riprendere la vaccinazioni venerdì 19 marzo alle 15, e in alcune Regioni si è subito deciso di riprendere da lunedì 22, l’indecisione della Giunta regionale marchigiana ha lasciato tanti cittadini all’oscuro e impossibilitati a organizzarsi di conseguenza».

Montesi evidenzia che l’assessore alla Sanità Saltamartini ha «annunciato possibili accordi corporativi al di fuori di ogni piano vaccinale, che darebbero la possibilità di autogoverno nella somministrazione dei vaccini agli ordini professionali, senza alcuna logica di priorità né di garanzia sul piano della somministrazione. Non ci siamo: è opportuno che la Regione Marche si uniformi al piano vaccinale nazionale e al comportamento delle altre Regioni senza ritardi né fughe in avanti».

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