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Trend Marche: nel 2022 oltre 5.500 imprese hanno cessato la loro attività. Dal 2012 se ne sono perse 17.500

Il rapporto sull’artigianato marchigiano e la micro e piccola impresa è stato presentato da Intesa San Paolo, Confartigianato e Cna Marche in collaborazione con l'Univpm e l'Università di Urbino

MARCHE- Sono 5.543 le aziende marchigiane che nel 2022 hanno cessato definitivamente la loro attività. Il numero delle imprese attive crolla da 145.066 a 140.066 facendo registrare un -3,8% che catapulta le Marche all’ultimo posto tra le regioni italiane. In dieci anni, dal 2012 al 2022, se ne sono perse ben 17.549, pari all’11,1%. Un triste primato rispetto alle altre regioni che nello stesso periodo hanno visto un calo medio delle imprese attive del 2,1%. A lanciare l’allarme è l’Osservatorio Trend Marche presentato da Intesa San Paolo, Confartigianato e Cna Marche in collaborazione con l’Università Politecnica delle Marche e l’Università di Urbino. Il rapporto sull’artigianato marchigiano e la micro e piccola impresa è stato analizzato nel dettaglio questa mattina, 9 febbraio, in Regione, a Palazzo Li Madou.

Quasi la metà delle chiusure d’impresa ha riguardato l’artigianato che lo scorso anno ha perso 2.054 imprese attive, scendendo da 42.711 a 40.657 (-4,8%). Nel cratere sismico hanno cessato ben l’attività 1.519 imprese (-4,35). Dal focus emerge che se da una parte il 2022 è stato un anno nero con imprese in fuga dalle Marche, dall’altro nel terzo trimestre si registra un aumento di ricavi e investimenti per le aziende rimaste sul mercato.

Nello specifico il settore che ha risentito maggiormente del calo di imprese è stato il commercio (-2.186), seguito dall’agricoltura (-1.152), dalle costruzioni (-902) e dal manifatturiero (-764), in particolare il calzaturiero (-105) e l’abbigliamento (-139). A chiudere sono state le imprese individuali (-5.662) e in parte le società di persone (-686), mentre sono aumentate di 823 unità le società di capitali.

Secondo i dati di Trend Marche, il terzo trimestre del 2022 ha visto però per le imprese artigiane e le piccole e medie imprese rimaste sul mercato un incremento di ricavi del 20,1% e di investimenti del 15.9%. A goderne maggiormente sono state le imprese edili che, grazie a Superbonus e ricostruzione, hanno registrato un aumento dei ricavi del 25%; +10,5% per le manifatture e + 8,5% per i servizi. Gli investimenti sono in crescita nei settori delle costruzioni e dei servizi, calano invece del 35% nel manifatturiero a causa delle incognite derivanti dai costi energetici e dalla guerra in Ucraina.

«Nelle Marche c’è un tessuto imprenditoriale che ha mostrato resilienza, capacità di reggere l’urto in situazioni di complessità» afferma Vincenzo De Marino, direttore commerciale Retail Emilia-Romagna e Marche Intesa San Paolo.

«Pur in un clima generale di incertezza l’economia marchigiana ha mostrato una buona crescita nel 2022. Nel 2023 è atteso un rallentamento che interesserà in modo particolare le micro imprese. Segnali positivi arrivano invece per le imprese di dimensioni maggiori e per la metalmeccanica – spiega Giovanni Foresti, Direzione Studi e Ricerche Intesa San Paolo-. Il tessuto produttivo locale dovrà affrontare varie criticità come l’aumento dei costi dell’energia, delle materie prime e dei trasporti. Per far fronte a questa situazione le imprese marchigiane stanno adottando un mix di strategie per continuare ad essere competitive sul mercato, come investimenti in energie rinnovabili, rimodulazione dei turni in funzione dei picchi dei prezzi dell’energia ecc…».

«Il terzo trimestre del 2022, seppur con dati positivi, ha iniziato a rallentare. Mancano ancora i dati del quarto trimestre perciò dobbiamo essere cauti con i risultati ottenuti», sostiene il Prof. Ilario Favoretto dell’Università di Urbino Carlo Bo.

«Sono numerose le piccole imprese che hanno chiuso, altre hanno scelto di accorparsi per affrontare la crisi. Ma segnali di ottimismo arrivano dall’edilizia e dal turismo, tornati sopra i livelli del 2019. Ad andare bene è tutta l’economia del lusso, dall’alta moda alla nautica marchigiana, che ha ordinativi fino al 2026 – commenta Carlo Ciccioli, consigliere regionale FDI -. Sul 2023 però gravano le incognite della guerra e dei costi energetici. Il nostro compito è quello di favorire la competitività di tutto il sistema produttivo regionale, insieme alle associazioni di categoria, alle università e agli istituti di credito».

Dal rapporto Trend Marche emergono ulteriori dati su cui riflettere. Nel 2022 le imprese iscritte all’Albo erano 158mila circa, ma solo 140mila erano operative. Ciò significa che 17.826 imprese si sono registrate ma lo scorso anno non avevano ancora avviato la loro attività. Inoltre, negli scorsi 12 mesi sono state più numerose le aziende che si sono cancellate (8.122) rispetto a quelle che si sono iscritte (7.193).

«Paghiamo lo storico gap infrastrutturale che frena la competitività del sistema produttivo, la fuga dei giovani dalla nostra regione, il taglio dei servizi alla persona e alle imprese, soprattutto nelle arre interne delle Marche» commentano Paolo Silenzi, presidente CNA Marche, e Emanuele Pepa, presidente Confartigianato Marche.

«In questo contesto caratterizzato dall’aumento dei costi energetici, dei costi delle materie prime, all’inflazione, dal costo del denaro e dalla non certezza delle norme, è evidente che un approccio standard per le imprese non è possibile. Le PMI devono adattare la politica di prezzo e realizzare attività di controllo di gestione» dichiara il Rettore dell’Università Politecnica delle Marche, Gian Luca Gregori.

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