Ancona-Osimo

Trans, presentato il primo manifesto regionale. L’Arcigay di Ancona: «C’è bisogno di professionisti che si formino su questi temi»

Critiche da Arcigay sulla legge 164 dell'82: «È datata e ormai inadeguata. Vogliamo una società che guardi al non binarismo come una risorsa preziosa»

Da sinisrta, Marchegiani, Rebori e Caporalini

ANCONA – Presentato il nuovo manifesto programmatico di Comunitrans, il primo gruppo trans strutturato della Regione Marche. A farlo sapere, in una nota stampa diffusa oggi (30 gennaio), è l’Arcigay di Ancona. 

Il manifesto, costruito e redatto dal gruppo, traccia le linee politiche della segreteria dell’associazione e, in un’ottica antipatriarcale, non binaria ed intersezionale, «individua criticità e obiettivi per una migliore qualità di vita delle persone Trans* e non binarie. 

«In particolare – fa sapere Filippo Roberto Rebori, delegato di segreteria per temi Trans* – si è rilanciata la necessità di avere professionist* in campo psicologico, medico e  legale che vogliano rendersi disponibili a formarsi su questi temi». 

Ieri, all’incontro in largo Staffette Partigiani, sede dell’Arcigay, anche il segretario dell’associazione, Matteo Marchigiani.

Matteo Marchegiani, segretario di Arcigay Ancona

Tra le tante cose affrontate, si è ribadita «la presenza di Rainbow Hub, centro di accoglienza per  persone Lgbtquia+ vittime di discriminazioni o violenza. Il progetto, finanziato dalla presidenza del consiglio dei ministri, mette a disposizione gratuitamente personale per supporto psicologico e psicoterapeutico, legale, di mediazione culturale e linguistica». 

Per gli autori del manifesto, «l’obiettivo cardine è quello di rendere il nostro territorio Trans* Friendly.  Sentiamo l’esigenza – spiegano dall’associazione – di sensibilizzare la società civile e le istituzioni affinché venga colmato il  vuoto di servizi dedicati alle persone Trans*».

Nel testo del manifesto, ampiamente sdoganato è lo schwa (ə), il cui suono è da molti considerato non discriminatorio e consente dunque di evitare le definizioni di genere (maschile o femminile).

E ancora: «A questo scopo, ci proponiamo di dialogare e fare rete  con medicə, psicoterapeutə, avvocatə e con le figure professionali che vorranno avvicinarsi ad una  più approfondita conoscenza delle tematiche di genere».

Poi, l’appello: «Vogliamo essere il supporto che non c’è stato fino ad ora e per questo cerchiamo alleatə. La legge 164 del 1982, datata e ormai inadeguata a consentire l’autodeterminazione di tutte le  persone Trans* e fortemente discriminatoria per le persone non binarie e intersessuali, ci costringe ad un farraginoso e spesso arbitrario percorso legale per adire a tribunali scarsamente informati rispetto alle questioni legate alle soggettività Trans*». 

Per Marchegiani, Caporalini e Rebori, «è giunto il momento di chiedere con maggiore forza il diritto all’autodeterminazione, il diritto ad esistere nell’identità che ogni persona sente come propria e a vederla riconosciuta  giuridicamente, fisicamente e socialmente, superando la dicotomia maschile o femminile». 

Un momento della presentazione del programma trans

«Chiediamo – continuano dal manifesto – che venga garantito il diritto al lavoro e ad un reddito che permetta una qualità di  vita consona e soddisfacente. Troppo spesso, infatti, le persone Trans* si vedono discriminate  nell’accesso e nel mantenimento del lavoro». 

Persino il lavoro – dicono loro – potrebbe rivelarsi fonte di stress e discriminazione: «I colloqui di lavoro? Possono essere fonte di angoscia e umiliazione e spesso la candidatura di una persona identificata come Trans* per aspetto fisico, per look o per il fatto di avere documenti difformi, viene respinta. Il mantenimento e la stabilità del posto di lavoro sono spesso messi a rischio dallo svelamento, volontario o involontario, della propria condizione Trans*.  Per evitare mobbing e discriminazioni si è dunque portatə a nascondere la propria reale identità di  genere». 

Tra i punti cruciali, il richiamo alle carriere alias nelle scuole: «Abbiamo bisogno di veder riconosciute le carriere alias nelle scuole e nel mondo del lavoro, per poter vivere serenamente la quotidianità».

«Vogliamo una società che guardi al non binarismo non con sospetto ma come una risorsa preziosa, capace di liberarci dall’etero-cis-patriarcato e da una mentalità che troppo spesso divide e genera  violenza, procurando nocumento ad ogni corpo, trans* e cis, incatenato in continue performance di  genere». 

Il loro desiderio è quello di «un mondo che rigetti la rigidità degli stereotipi di genere, spesso tossici e opprimenti,  che incatenano corpi e menti a ruoli prestabiliti e ne limitano la libertà di espressione; un mondo  che lasci spazio ad empatia e rispetto reciproco, nel quale si possa imparare ad aprirsi e ad  accogliere tutto ciò che esce dai binari come parte dell’esperienza umana». 

La manifestazione Arcigay Comunitas in Piazza Cavour ad Ancona (foto di repertorio)

«Aspiriamo – concludono – ad un mondo nel quale siano abbattuti i muri dell’ignoranza, lontano dalla realtà becera  che ha affossato il DDL Zan tra esultanze da stadio, come se la discriminazione delle persone che  esulano dal contesto eterocisnormativo sia in qualche modo giustificata e dovuta; un mondo  migliore nel quale le persone Trans* non debbano vedersi denigrate nei titoli di giornale e costantemente ricordate con i loro deadname. Desideriamo con forza e passione scrivere una pagina di storia del nostro territorio, per un  futuro che riconosca finalmente piena dignità ad ogni soggettività». 

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