Ancona-Osimo

Stop ad auto a benzina e diesel dal 2035, politica divisa: ecco i diversi pareri

Il Parlamento Europeo ha approvato la proposta con 339 voti a favore e 249 contrari. «Sono profondamente favorevole», dice Coltorti dei 5 Stelle. «Per l'Europa e l'Italia sarebbe un suicidio»: Prisco di Fratelli d'Italia

ANCONA – La politica si divide sullo stop alla vendita di nuove auto e furgoni a benzina, diesel, gpl, anche ibridi, a partire dal 2035. Il Parlamento Europeo ha approvato la proposta con 339 voti a favore e 249 contrari. Si tratta di un obiettivo che rientra nei quattordici provvedimenti inseriti dalla Commissione Europea nel pacchetto Fit for 55, che punta a ridurre del 55% le emissioni entro il 2030 e arrivare a zero entro il 2050.

Se da un lato il centrosinistra festeggia l’obiettivo come un traguardo storico che condurrà ad un cambiamento epocale, il centrodestra è critico e pone l’accento sugli aspetti critici della questione.

«Lo stop alla vendita di auto a benzina e diesel al 2035 votato dal Parlamento Europeo mi trova profondamente favorevole – afferma il senatore del Movimento 5 Stelle Mauro Coltorti -. Credo sia evidente a tutti che la lotta al cambiamento climatico è una urgenza non più rimandabile». I pentastellati sono tra i fautori della rivoluzione green nel campo della mobilità, per combattere gli effetti deleteri dell’inquinamento sulla salute e sull’ambiente.

Mauro Coltorti, presidente della Commissione Infrastrutture e Trasporti del Senato

«Tutti vorrebbero aver più tempo – osserva facendo riferimento alle polemiche sollevate dai costruttori che si sono espressi a livello nazionale attraverso le associazioni di categoria – ma da decenni era nota l’urgenza e non è stato fatto quasi nulla ed ora i nodi vengono al pettine. Chi come il vice ministro allo Sviluppo Economico Gilberto Picchetto Frattin o il presidente dell’Unione Industriali di Torino Giorgio Marsiaj segnala una perdita di occupazione nel settore dell’automotive perché l’elettrico esclude tutta una serie di componenti usati nel settore classico deve tener presente che l’innovazione tecnologica avanza a passi da giganti e non è possibile, né saggio, attendere oltre».

Secondo il senatore, presidente della Commissione Infrastrutture e Trasporti del Senato «piuttosto lo sviluppo economico dovrebbe anticipare i cambiamenti e lavorare per mettere in sicurezza ed anzi incrementare l’occupazione. Da qui al 2035 ci sono 13 anni ed è un tempo assolutamente congruo per far fronte ai problemi innescati da una transizione ecologica urgente ed indispensabile per l’intero pianeta. In tutta Italia ci saranno problemi occupazionali e di riconversione industriale». «Dovremo fronteggiare immani problemi di riconversione industriale – conclude – e bonifiche ambientali in tutto il Paese. Ma non è più possibile attendere».

Emanuele Prisco, parlamentare di Fratelli d’Italia

Di parere diametralmente opposto Fratelli d’Italia che con il parlamentare Emanuele Prisco, già commissario regionale del partito della Meloni esprime il suo dissenso evidenziando che «per l’Europa e l’Italia sarebbe un suicidio». «La decisione Ue ha conseguenze devastanti e ci porta verso le braccia della Cina – dice – . Noi non affrontiamo, a differenza delle sinistre gialle o rosse, in maniera ideologica le questioni, ma cerchiamo di entrare nel merito, soprattutto quando si tratta di temi che devono contenere il miglior bilanciamento possibile tra difesa dell’ambiente, giustizia sociale, sviluppo economico, sicurezza nazionale

«Sono rimasto scioccato – aggiunge – una volta di piu’ dall’atteggiamento totalmente ideologico con cui e’ stata
approcciata la questione ambientale in Parlamento europeo. Una svolta verso l’elettrico i cui componenti sono per lo più prodotti fuori dall’Europa e di cui la Cina ha sostanzialmente il monopolio: questo – conclude – significa consegnarsi mani e piedi alle dipendenze della Cina».

«Sono rimasto scioccato – aggiunge – una volta di più dall’atteggiamento totalmente ideologico con cui è stata approcciata la questione ambientale in Parlamento europeo. Una svolta verso l’elettrico i cui componenti sono per lo più prodotti fuori dall’Europa e di cui la Cina ha sostanzialmente il monopolio: questo – conclude – significa consegnarsi mani e piedi alle dipendenze della Cina».

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