Ancona-Osimo

Sicurezza stradale, tra prevenzione e repressione. L’intervista a Davide Scotti

Sospensione immediata della patente già dalla prima effrazione fino a tre mesi per chi usa il telefonino mentre è alla guida. La questione dal punto di vista di un formatore e segretario nazionale della Fondazione “Leadership in Health & Safety”

ANCONA – Sospensione immediata della patente già dalla prima effrazione fino a tre mesi per chi usa il telefonino mentre è alla guida. È quanto previsto dall’emendamento presentato e approvato lo scorso 19 luglio dalla Commissione Trasporti della Camera. Un inasprimento della pena che modifica l’articolo 173 del Codice della Strada, prevedendo la sospensione della patente da tre fino a sei mesi in caso di recidiva. Previste anche sanzioni pecuniarie più forti e una maggiore decurtazione di punti per il guidatore “pizzicato” con lo smartphone mentre è al volante. Una abitudine molto pericolosa, che nella sola provincia di Ancona ha fatto registrare dal 1 gennaio 2017 ad oggi circa 200 contravvenzioni (per violazione dell’articolo 173 del CdS) rilevate dal Compartimento di Polizia Stradale di Ancona.

Un tema quello della sicurezza stradale molto importante, dove la comunicazione e la sensibilizzazione dell’opinione pubblica gioca un ruolo strategico, specie nei giovani dai 18 ai 24 anni, la fascia d’età dove gli incidenti stradali sono la prima causa di morte. Per saperne di più il formatore in ambito Sicurezza, Davide Scotti.

Cosa pensa della proposta di inasprimento delle pene per chi guida usando il telefonino?
«Non mi piace questo approccio esclusivamente repressivo del nostro paese. Il problema è gravissimo perché deriva da un cambiamento recente della tecnologia che ha portato alla modificazione dei nostri usi e costumi, dei nostri modi di fare. Mi sembra un problema “speciale” che andrebbe trattato in maniera speciale, invece, all’italiana si pensa che per risolvere un problema basti una legge. Non dico che le leggi non servano, anzi sono importanti, ma funzionerebbero se venissero controllate. Spesso invece accade che all’inizio i controlli vengono fatti e vengono fatte anche tante multe ma poi successivamente, ti beccano solo se sei sfortunato. Non è questo il deterrente che può fermare questo tipo di comportamenti. Mi piacerebbe vedere meno repressione e più prevenzione. È una battaglia culturale quella della prevenzione, perché è un problema legato ai comportamenti di tutti i giorni e si risolve non attraverso le leggi ma attraverso la prevenzione e quindi la comunicazione perché bisogna far sì che le persone percepiscano la portata catastrofica delle conseguenze legate a comportamenti pericolosi come quello di usare il telefonino alla guida. Purtroppo soprattutto i giovani, nella fascia d’età 18-24 anni, ignorano queste conseguenze e quindi bisogna fare comunicazioni mediatiche di massa non convenzionali per toccare veramente il cuore delle persone».

Davide Scotti, formatore in ambito di sicurezza e HSE Culture Manager di Saipem, Segretario Generale della Fondazione LHS, ideatore del movimento Italia Loves Sicurezza e ricopre il ruolo di Technical Director HSE della SPE Italia e di Vice Presidente del Club Prevenzione nelle Grandi Organizzazioni (CPGO) di AIAS. Italia Loves Sicurezza è un movimento di persone che vogliono contribuire alla diffusione di una nuova cultura nell’ambito della salute e della sicurezza.

La battaglia sulla sicurezza stradale è fondamentale per salvare molte vite.  Quali sono i progetti che avete in cantiere come Fondazione LHS?
«Con la Fondazione “Leadership in Health & Safety” approcciamo il tema della sicurezza stradale, così come la sicurezza in genere, sia all’interno che fuori dai luoghi di lavoro, attraverso l’uso di strumenti di comunicazione non convenzionali, per colpire il cuore e lo stomaco delle persone, e non solo veicolando le informazioni per via razionale, come solitamente si fa. Cerchiamo di innalzare la cultura della sicurezza attraverso campagne ad alto impatto emotivo, con la realizzazione di spot e l’utilizzo di linguaggi diversi, quali il linguaggio della musica, del cinema, del teatro. Cerchiamo di parlare ai ragazzi, agli studenti, ai bambini, usando il loro linguaggio e svolgiamo attività che toccano un pò tutte le fasce d’età: vanno dalle scuole elementari, all’università fino ad arrivare agli adulti.

Sulla parte legata alla sicurezza stradale, e in particolare all’uso dei telefonini, abbiamo realizzato recentemente uno spot radiofonico, uscito dal network “Italia Love Sicurezza” che è divenuto virale anche sui social network. Poi abbiamo fatto tantissime attività nelle scuole, perché con i ragazzi la cosa migliore è parlarci, ma bisogna farlo con i linguaggi che possono calibrarsi bene a loro, al loro modo di fare, al loro modo di vivere,  per portarli ad avere una percezione delle potenziali conseguenze molto più vicina alla realtà rispetto a quello che loro potrebbero pensare a causa della loro mancanza di consapevolezza. Nei paesi nord europei queste comunicazioni non convenzionali ad alto impatto emotivo sono diffusissime e studi psicologici dimostrano che funzionano. L’Italia nell’approcciare questo tipo di problema, dovrebbe agire non solo promulgando leggi e inasprendo le pene, ma soprattutto coinvolgendo le persone, gli esperti, gli psicologi, i comunicatori, quelle figure che potrebbero avere qualcosa da dire, per cercare tutti insieme di trovare la soluzione migliore, che è sia di prevenzione che di certezza della pena.

Perché in Svizzera e in nord Europa le leggi sono rispettate? Perché la gente sa che se non le rispetta c’è una conseguenza. In Italia invece purtroppo non è così: anche se ci sono le leggi non è che tutte vengano controllate. Anche questa sull’uso dei telefonini alla guida rischia di essere l’ennesima legge fatta giusto per far vedere che qualcosa si fa. Di certo a qualcosa servirà, perché instillerà il concetto di paura, che è sicuramente un grande “drive” per controllare i comportamenti, ma non è ciò su cui dovrebbe far leva un paese moderno. Questi problemi culturali andrebbero affrontati soprattutto con strategie di prevenzione, non solo di repressione».

 

 

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