Ancona-Osimo

Ancona, operare da svegli: crescono i casi di “awake” nella Neurochirurgia dell’ospedale di Torrette

La struttura operativa di Neurochirurgia, guidata dal dottor Roberto Trignani, ha iniziato ad applicare la tecnica "awake" da più di dieci anni e, tre anni fa, ha celebrato i "Primi 100 casi in awake"

Neurochirugia ospedale di Torrette, tecnica awake (Foto: Azienda Ospedaliero Universitaria delle Marche)
Neurochirugia ospedale di Torrette, tecnica awake (Foto: Azienda Ospedaliero Universitaria delle Marche)

ANCONA – Operare tutti i pazienti neurochirurgici con la tecnica ‘Awake’, dalla spina al cervello. È questo lo step ulteriore che sta applicando la Neurochirurgia Generale con particolare interesse pediatrico dell’Azienda Ospedaliero Universitaria delle Marche. Un ritorno, paradossalmente, al sistema scientifico primordiale, quando non esistevano l’anestesia e la figura dell’anestesista e gli interventi venivano effettuati da ‘svegli’ appunto: un ritorno alla voce dell’uomo.

Tornando al presente, qualcosa di inimmaginabile fino a pochi anni fa, ossia effettuare interventi delicatissimi al cervello mantenendo il paziente sveglio, privo di dolore e collaborante a tutti gli effetti. La struttura operativa di Neurochirurgia, guidata dal dottor Roberto Trignani, ha iniziato ad applicare questa tecnica da più di dieci anni a questa parte ed esattamente tre anni fa ha celebrato i ‘Primi 100 casi in awake’.

Oggi la percentuale di pazienti candidabili è in costante aumento grazie a un altissimo livello di specializzazione e soprattutto alla multidisciplinarietà, tale da rendere il centro di Torrette quasi un unicum: «Per noi, a livello tecnico, dopo tanti anni intervenire su pazienti da ‘svegli’ è diventata quasi una routine – spiega il dottor Trignani – Stiamo lavorando assiduamente per rendere la nostra struttura sempre più dedicata alla tecnica in ‘Awake’, aumentando anche il grado delle funzioni da monitorare a seconda dei pazienti, ognuno diverso dall’altro. Un’evoluzione in cammino grazie a metodiche sempre più affinate che ci ha consentito, nel tempo, di allargare i campi di attuazione: dalle aree motorie e del linguaggio fino alla vista e alle altre funzioni cognitive. Il paziente non è più passivo, non è addormentato, ma, al contrario, è sveglio nel corpo, nell’anima e nella mente. I benefici dell’approccio multidisciplinare all’intervento sono per tutti, per il paziente e per il team che continua a crescere grazie al dialogo costante tra i suoi membri e all’innesto di forze fresche, giovani che ci stanno facendo compiere un salto di qualità».

Il paziente è sveglio, non prova dolore e collabora fattivamente alla riuscita dell’intervento, segnalando sensazioni, modifiche del quadro neuropsicologico e appunto funzionali, da qui il termine coniato di ‘Neurochirurgia funzionale’. Per arrivare allo stadio attuale, tuttavia, è stata fondamentale la crescita di un team affiatato, all’interno del quale ognuno si fida al 100% dell’altro.

Riassumendo il percorso in tre step chiave: la preparazione psicologica del paziente, le procedure del neuro anestesista e l’intervento dei chirurghi. Senza una di queste specialità nulla sarebbe possibile.

Nella prima fase entra in gioco la figura del neuropsicologo, nel caso della struttura di Torrette la dottoressa Silvia Bonifazi della Psicologia Ospedaliera, diretta dalla dottoressa Oriana Papa. «L’approccio con il paziente a cui devo spiegare la tipologia di intervento chirurgico, facendogli capire tra le varie cose che sarà sveglio, dialogante e con il cranio aperto, non è semplice. Lo stress pre-operatorio interessa dal 30 al 50% dei pazienti – racconta la neuropsicologa dell’AOUM – e quindi il mio compito è quello di aumentare la fiducia della persona che dovrà entrare in sala operatoria. Un paziente in ‘Awake’ è molto più lungo da preparare, ma quando lo stesso percepisce le professionalità che ha intorno e una volta bilanciato bene i vantaggi della tecnica, quasi dimentica i timori, le paure vengono cancellate. Chi esce da un intervento da sveglio sfida proprio le sue paure e quando le vince esce dalla sala operatoria più convinto e fortificato nel carattere».

Tra la preparazione psicologica e l’atto neurochirurgico c’è la fase anestesiologica. Come accennato in precedenza, dopo uno sviluppo costante delle tecniche chirurgiche è come se si tornasse ai primordi: «L’approccio in ‘Awake’ non prevede l’infusione di farmaci sotto il profilo dell’anestesia, perché per noi è fondamentale che il paziente rimanga sveglio per tutta la procedura – spiega il neuro anestesista dell’equipe, Edoardo Barboni – Responsabile della struttura di Neuroanestesia e Tipo – La procedura prevede il blocco regionale cosiddetto dello ‘scalpo’, cioè intervenire sul cuoio capelluto per rendere il cranio insensibile al dolore e garantire la massima collaborazione del paziente. Va da sé che la tecnica in ‘Awake’ garantisce degenze e recuperi molto più brevi. Siamo una squadra unita, si è creata una specie di ‘magia chimica’, una sinergia che va al di là delle competenze dei singoli e questo per me e per noi fa la differenza rispetto a tutto il resto».

L’evoluzione scientifica e tecnologica oggi si traduce in una terminologia che a volte rischia di essere abusata: Intelligenza Artificiale. Una svolta per il Roberto Trignani: «L’IA è già presente all’interno di alcuni percorsi diagnostici e chirurgici e andrà applicata sempre di più. Secondo me l’Intelligenza Artificiale non ammazzerà l’uomo. Anzi, ci può aiutare a potenziare le vere facoltà dell’uomo, quelle cognitive e dell’astrazione che ci rendono uomini e ci distinguono dalle macchine che continueranno a occuparsi degli aspetti tecnici con la sua precisione che le contraddistingue. In uno scenario simile ci sarà sempre più spazio per l’interazione uomo-uomo; con la IA che si occuperà del monitoraggio dei pazienti, tutti noi potremo parlare con la persona e fare un lavoro di interazione. Io stesso sarò in grado di parlare con i pazienti per tranquillizzarli, per creare quel clima di comfort e armonia che consente alla tecnica, manuale o tecnologica che sia, di fare la sua parte».