Ancona-Osimo

Referendum sulla giustizia, i cinque quesiti tra pro e contro: ecco cosa dicono i partiti

Il referendum sulla giustizia, per cui le urne sono aperte domenica 12 giugno, spiegato da chi sostiene la posizione del sì e da chi invece è contrario a cambiare la normativa attuale

ANCONA – Domenica 12 giugno, oltre che per le elezioni amministrative con il rinnovo di sindaci e consigli comunali in 17 comuni marchigiani su 225, le urne sono aperte dalle 7 alle 23 anche per il referendum sulla giustizia. Cinque i quesiti referendari sui quali gli italiani sono chiamati ad intervenire, potendo scegliere di votare anche per uno solo. Trattandosi di un referendum abrogativo, votando “sì” si sceglie di cambiare la legge attuale, mentre votando “no” si sceglie di mantenere l’assetto e la normativa corrente.

Abbiamo raccolto due diverse posizioni politiche, una favorevole a cambiare la normativa e quindi favorevole al sì, espressa dalla Lega che ha promosso il referendum insieme ai Radicali, e l’altra contraria al voto, che chiede dunque di mantenere l’attuale assetto, espressa in questo caso dal Movimento 5 Stelle. Vediamole.

Marchetti, Lega: «Per giustizia più equa votare “sì”»

Riccardo Augusto Marchetti, coordinatore regionale Lega

«La necessità di riformare la giustizia è al centro del dibattito parlamentare da decenni: dove governi con maggioranze differenti hanno fallito, possiamo riuscirci noi italiani. Il 12 giugno è importante andare a votare e votare “sì” per impedire che il Decreto Severino continui a rovinare la carriera e l’immagine dei nostri amministratori locali trattandoli come colpevoli ancora prima della condanna definitiva», spiega il coordinatore regionale della Lega Augusto Marchetti.

Che aggiunge: «Votiamo sì per porre fine agli abusi della custodia cautelare, perché negli ultimi trent’anni in Italia circa trentamila innocenti sono finiti in galera, e non si tratta solo di un danno per lo Stato che ha dovuto risarcirli, ma soprattutto di vite distrutte, dalle relazioni personali al lavoro, dalla famiglia alla carriera. È importante un sì anche per porre fine al cambio di casacca tra giudici e PM, per avere processi equi dove il giudice è realmente arbitro e non indossa la stessa casacca di una delle parti in causa. Fondamentale rispondere sì anche al quesito che riguarda l’equa valutazione dei magistrati, cosicché smettano di essere giudicati solo da altri membri della categoria, ma anche da avvocati e docenti universitari, le cui valutazioni potrebbero essere meno viziate. E infine dobbiamo votare sì anche per dire basta allo strapotere delle correnti che da troppi anni ormai hanno soggiogato il Csm e deciso le sorti del nostro Paese. Per una giustizia più giusta, finalmente equa, è fondamentale andare a votare e votare SÌ ai cinque quesiti del Referendum Giustizia».

Coltorti, M5s: «Compatti per il “no”. Peggiora la giustizia»

Mauro Coltorti, presidente della Commissione Infrastrutture e Trasporti del Senato

«Il Movimento 5 Stelle si presenta compatto per il “no”» spiega il senatore del Movimento 5 Stelle, Mauro Coltorti. «Sono, credo, evidenti le ragioni del “no” al primo quesito che abolirebbe il divieto di candidatura a cariche pubbliche per chi è stato condannato per un reato contro la Pubblica Amministrazione – osserva -, ma in particolare, il terzo quesito che propone di abolire la seconda parte dell’articolo 274 del codice di procedura penale avrebbe come conseguenza quella che potranno essere sottoposti a misura cautelare solo coloro nei confronti dei quali sussiste il concreto e attuale pericolo che commettano gravi delitti con uso di armi o altri mezzi di violenza ovvero delitti di criminalità organizzata. Non potranno più essere sottoposti a custodia cautelare ladri, bancarottieri, corrotti e corruttori. Quindi, l’approvazione del quesito avrà come effetto che uno scippatore o un ladro di appartamenti arrestati, anche in flagranza di reato, dovranno essere rilasciati».

Proseguendo nella sua disanima, Coltorti puntualizza che per quanto concerne la «separazione delle funzioni dei magistrati essa rischierebbe di isolare i Pm e impedirebbe loro di svolgere funzioni diverse. Sulla valutazione dei magistrati si rischierebbe invece che un giudice debba essere giudicato da un avvocato che potrebbe esprimersi negativamente sul suo operato per ragioni di inimicizie o contrasti professionali. Infine, l’abolizione della raccolta firme per la candidabilità dei membri del Consiglio superiore della magistratura è già prevista dalla riforma Cartabia, quindi non ha senso proporre il quesito».

«Se vincesse il “sì” – prosegue – politici incriminati potrebbero ripresentarsi incrementando la già lunga lista di parlamentari condannati in Parlamento. E, guarda caso, non ce n’è nessuno dei 5 Stelle. Vogliono che al Csm, uno degli organi più importanti della Magistratura, possa candidarsi chiunque, magari anche sponsorizzato da un partito o da una associazione che ha interesse alla nomina. Non vedo motivi per far optare un magistrato per una funzione specifica sin dall’inizio della carriera. C’è forse paura che possa acquisire esperienza per poi lavorare bene nell’altra funzione? Un magistrato è di valore o non lo è e se lo è questo è indipendente dalla funzione che svolge sin dall’inizio della carriera. Stendiamo un velo pietoso – aggiunge – sulla limitazione delle misure cautelari. Se un giudice ne vede l’importanza per quale motivo ci si dovrebbe opporre a questa decisione? Non da meno l’opzione di giudicare un giudice data a chicchessia. Così un giudice si troverebbe alla mercè di chi magari ha condannato o di associazioni a delinquere».

Secondo il pentastellato «un giudice deve essere libero di pronunciarsi e non temere ritorsioni. La Lega e i Radicali avrebbero fatto bene a non far spendere denaro ai contribuenti per peggiorare la giustizia del Paese, già messa a dura prova. Non sono questi i provvedimenti che snellirebbero le procedure. Aumentiamo il numero dei magistrati ed il personale e digitalizziamo i procedimenti».

I cinque quesiti

Primo quesito, abolizione legge Severino e incandidabilità dei politici condannati

La legge Severino prevede l’incandidabilità alle elezioni per chi è condannato in via definitiva per gravi reati penali (come mafia, corruzione, concussione o peculato) e per gli eletti la sospensione dopo la sentenza di primo grado. Votando sì, l’incandidabilità per i condannati in via definitiva e la sospensione per gli eletti negli enti locali, non saranno più automatiche, ma decise da un giudice.

Secondo quesito, limitazione delle misure cautelari

Con il secondo quesito, votando sì verranno eliminate le misure cautelari, ovvero provvedimenti disposti e decisi da un giudice, che limitano, in fase di indagine, la libertà personale dell’indagato non ancora condannato (custodia cautelare in carcere, domiciliari o divieto di espatrio, o anche sequestro di beni, conti correnti e somme di denaro).

Attualmente le misure cautelari vengono applicate se c’è il pericolo di fuga, di ripetizione del reato o di inquinamento delle prove. Votando si viene eliminata la ripetizione del reato tra le motivazioni per cui un giudice può disporre le misure cautelari, mentre restano il pericolo di fuga e di inquinamento delle prove.

Terzo quesito, separazione delle carriere dei magistrati

Il terzo quesito affronta il tema della separazione delle carriere dei magistrati che negli anni possono passare più volte dal ruolo di pubblici ministeri a quello di giudici. Votando sì, i magistrati dovranno scegliere all’inizio della propria carriera se ricoprire i ruolo di giudici o piuttosto quello di pubblici ministeri.

Quarto quesito, valutazione dei magistrati

Il quarto quesito referendario punta ad intervenire sui membri laici dei consigli giudiziari. Si tratta di organi (i consigli giudiziari) che valutano i magistrati e che attualmente sono composti da magistrati, dal presidente della Corte d’Appello e dal suo procuratore generale, oltre che da membri laici, ovvero avvocati e professori universitari, che però non esprimono una valutazione. Votando sì, avvocati e professori potranno esprimere la loro valutazione.

Quinto quesito, elezione del Csm

L’ultimo quesito interviene sulle norme che regolano l’elezione dei membri togati del Csm, Consiglio superiore della magistratura. L’organo è costituito a parte da tre membri di diritto, ovvero dal presidente della Repubblica, dal primo presidente e dal procuratore generale della Cassazione, mentre gli altri vengono eletti ogni quattro anni. Per candidarsi al Csm, un magistrato deve raccogliere e depositare almeno 25 firme. Votando sì, verrebbe cancellata la raccolta firme, consentendo ad ogni magistrato di candidarsi liberamente.

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