Ancona-Osimo

Recovery Fund, Mes e Sure: tutto sul pacchetto Ue che divide

Le risorse europee sono al centro del dibattito elettorale ma non tutti sanno di che si tratta e quali siano i vantaggi. Lo abbiamo chiesto a Confindustria, alla politica, al mondo sindacale e accademico

ANCONA – Recovery Fund, Mes e Sure, sono al centro del dibattito politico in vista delle elezioni regionali, ma non tutti hanno ben chiaro di che si tratti e quali possano essere i vantaggi o i limiti legati a queste risorse europee. Vediamo innanzitutto di cosa stiamo parlando.

Nato da una vecchia proposta francese elaborata allo scopo di emettere i Recovery Bond, il Recovery Fund è un fondo di recupero il cui obiettivo è quello di consentire la ripresa dei paesi colpiti della pandemia. Il finanziamento del fondo, che vede un piano da 750 miliardi di euro, dei quali 390 miliardi di sovvenzioni e 360 miliardi di prestiti, avviene attraverso l’emissione di debito garantito dall’Ue. All’Italia toccano 209 miliardi di euro, dei quali 82 miliardi di sussidi e 127 di prestiti. Ma attenzione, perché i finanziamenti sono subordinati alla presentazione di progetti che dovranno essere vagliati dall’Ue.

Entrato in vigore nel 2012 per contrastare l’impatto della crisi economica del 2008, il Mes, o fondo salva Stati, è un fondo monetario che ha l’obiettivo di mantenere la stabilità finanziaria nell’Eurozona, sostenendo nei momenti di crisi gli Stati membri che hanno adottato l’euro come moneta unica. Uno strumento che è stato utilizzato per soccorrere Portogallo, Cipro, Spagna e Grecia, suscitando polemiche e divisioni nel mondo economico e politico. Con l’avvento della pandemia la linea di credito è stata modificata e destinata esclusivamente alle spese sanitarie per contrastare la crisi scatenata dal covid-19: un prestito, a tasso agevolato, e con controlli più leggeri rispetto al passato, quando misero in ginocchio la Grecia. Anche in questo caso, però, ci sono divisioni sull’opportunità di utilizzare queste risorse.

Il Sure, invece è un nuovo strumento di sostegno temporaneo il cui obiettivo è quello di contrastare la disoccupazione e proteggere i posti di lavoro messi a rischio dalla pandemia di coronavirus. Si tratta di un prestito concesso dall’Ue agli Stati membri a condizioni favorevoli,  per mantenere i livelli occupazionali. Insomma è una cassa integrazione che fornisce un sostegno alle imprese dell’Unione Europea, rivolta soprattutto a quei lavoratori che per colpa della pandemia hanno dovuto sospendere la loro attività. In pratica si realizzerà attraverso una riduzione dell’orario di lavoro, che consentirà di mantenere l’occupazione per un maggior numero di persone: nelle ore libere, i lavoratori potranno seguire dei corsi di formazione che costituiranno un valore aggiunto sia per l’impresa che per la loro stessa professionalità. Ovvio che ad emergenza conclusa i fondi andranno restituiti.

Ma che ne pensano i nostri rappresentanti del mondo industriale, politico, sindacale e accademico? Li abbiamo interpellati, ecco cosa ci hanno risposto.

Diego Mingarelli
Diego Mingarelli, Confidustria

«I 209 miliardi del Recovery Fund sono una occasione storica che il Paese deve assolutamente cogliere – sottolinea Diego Mingarelli ai vertici europei della federazione industriale e vice presidente della Piccola Industria di Confindustria -. È evidente che dobbiamo usare queste risorse per pianificare il futuro della nostra Italia e della nostra economia. Noi ci aspettiamo che queste risorse siano utilizzate per un grande progetto Paese che possa creare le condizioni per una crescita che sia il più possibile duratura, e non bonus a pioggia, che tendono a non creare quelle occasioni di crescita di cui abbiamo bisogno. Non possiamo usare queste risorse in una logica totalmente assistenziale». Insomma «no a bonuslandia perché in quella logica il Paese non crea quelle condizioni per poter crescere ed essere competitivo per i prossimi decenni. Le aziende hanno bisogno di competitività, le Marche ancor di più, visto che siamo isolati dai grandi flussi».

Mauro Coltorti, presidente della Commissione Lavori Pubblici del Senato

Favorevole all’impiego delle risorse europee il senatore del Movimento 5 Stelle Mauro Coltorti, presidente della Commissione Lavori Pubblici del Senato: «L’Italia, grazie alla credibilità ottenuta dal Governo Conte, per come ha saputo affrontare l’emergenza covid, ha ottenuto cifre importanti per la ripartenza economica di un Paese messo in ginocchio dall’epidemia. Tanti hanno criticato e continuano a criticare l’Europa, ma come far fronte da soli alle sfide poste dai rapidi cambiamenti in tutti i settori?».

Il senatore pone l’accento sull’entità delle risorse. «Oltre 208 miliardi di euro ci giungeranno con il Recovery Fund e serviranno non solo per sostenere le persone e le imprese ma anche per immettere denaro nel sistema paese e creare lavoro. Certamente le tante opere che erano già state programmate nei piani quinquennali di Anas e Rfi verranno accelerate realizzando un rapido miglioramento dei servizi. Opere ferme da decenni, come ad esempio la Fano-Grosseto, la Pedemontana, la terza corsia dell’A14 o la intermodalità tra porto, ferrovia ed autostrada, potranno essere completate. Assisteremo ad una rapida accelerazione della connessione telematica anche nelle aree più remote e che sono state ancor più isolate dal terremoto. Molte di queste risorse sono a fondo perduto. I fondi del Mes sarebbero invece destinati esclusivamente a sostenere interventi per la sanità pubblica, ma prima di accedere a questi fondi, che hanno tassi di interesse più elevati, è necessario essere sicuri di spendere i precedenti che non costano nulla. Dobbiamo spenderli bene e rapidamente ed è per questo che il Governo in questi mesi ha cercato di snellire le procedure burocratiche ed amministrative con decreti importanti come il Semplificazioni 1 e 2, il Cura Italia e lo Sblocca cantieri. La lentezza dei procedimenti è infatti uno dei nemici maggiori per il Paese, che spesso vede bloccati centinaia di miliardi solo per lungaggini procedurali».

L’assessora regionale Manuela Bora

«Da tempo, come Regione, stiamo lavorando su quelli che saranno gli assi del futuro come digitalizzazione, green economy e, dunque, l’ industria 4.0 – dichiara l’assessore regionale uscente all’Industria e ai Fondi europei, Manuela Bora, candidata al consiglio regionale in quota Pd – . In tal senso, abbiamo anticipato le misure che oggi l’Unione Europea mette a disposizione per arginare la crisi del post Covid e per questo siamo molto soddisfatti: anche la Ue sostiene il nostro percorso su cui intendiamo proseguire per i prossimi anni». «Mes, Sure Recovery Fund possono dare nuova linfa alle Marche – prosegue – . Le imprese dovranno cogliere queste nuove opportunità: sono convinta che lo faranno perché già, con quanto abbiamo messo loro a disposizione, abbiamo avuto risposte positive e sono certa che sono pronte a catturare queste occasioni fornite dall’Europa per crescere e migliorare in competitività». Secondo Manuela Bora «in un quadro già delicato e complesso, queste misure ci aiuteranno a rivitalizzare ulteriormente la nostra economia sostenendo le nostre specialità e i nostri brand. Nel post covid, abbiamo bisogno di rilanciare il nostro tessuto e creare nuovi posti di lavoro».

Giuseppe Santarelli, segretario regionale Cgil Marche

«Per le Marche le risorse del Recovery Fund e del fondo Sure rappresenteranno un’occasione da non sprecare – dichiara il segretario regionale Cgil Marche, Giuseppe Santarelli – . Per fare ciò però va pensata e condivisa una programmazione regionale: chi vincerà le elezioni si dovrà occupare di questo e le visioni in campo non sono proprio uguali. I finanziamenti per l’emergenza vanno finalizzati alla creazione di nuovi posti di lavoro e di tutela di quelli esistenti. Ma i fondi più importanti in questo momento e spendibili immediatamente sono quelli del Bei. Si tratta di ridisegnare una politica industriale della nostra regione e di puntare e spingere su una riconversione industriale dei settori ormai in crisi da troppo tempo verso le nuove economie: nuove tecnologie e Green. Va fatto un grande sforzo di ripensare la nostra regione».

Sauro Longhi, già rettore dell’Università Politecnica delle Marche

«Tante sono le risorse che l’Europa ha deciso di mettere in campo per ripartire dopo il Covid – dichiara l’ex rettore dell’Università Politecnica Sauro Longhi, deus ex machina dell’associazione “Le Marche ideali”  – . Si dovranno presentare linee di programma in ottobre e piani esecutivi dettagliati a partire da gennaio. È tempo di iniziare a programmare azioni concrete anche nelle Marche. Partire sicuramente dalle infrastrutture per ridurre la loro arretratezza, completando quelle iniziate e progettate ma affiancando queste con l’infrastruttura più moderna in grado di recuperare le perdite economiche e ridurre i disagi assistenziali e sociali, quella delle comunicazioni digitali su fibra ottica, l’unica che ci permetterà di andare “alla velocità della luce”. Solo un esempio – prosegue – , la telemedicina, partendo dalle esperienze di San Ginesio e Arquata del Tronto, potenziare e diffondere questi servizi nelle aree pedemontane e collinare, creando una rete facilmente accessibile e fruibile di stazioni di telemedicina, che consentirebbero ad ogni utente di avere consulenza dai migliori specialisti disponibili in Regione. I fondi che arriveranno saranno significativi, si stimano 8 miliardi per le Marche, sarà quindi fondamentale mettere in campo tutte le competenze e conoscenze disponibili».

L’ex rettore rimarca che in regione ci sono 4 università «di primissimo livello, centri di ricerca, una imprenditoria diffusa: utilizzando queste eccellenze possiamo rilanciare il nostro modello economico attraverso reti di impresa stabili da incentivare su obiettivi strategici utilizzando i fondi del programma Repair and Prepare for the Next Generation (da tutti citato come Recovery Found), perché le scelte da intraprendere ora devono essere pensate per i giovani, quindi azioni su obiettivi mirati ma con una strategia rivolta al futuro».

Sul fronte del tema della ricostruzione post sisma, Longhi suggerisce l’introduzione di «un nuovo modello di sviluppo per le aree pedemontane ed alto collinari della nostra regione. Paesi nuovamente attrattivi che richiamino gli abitanti che se ne sono andati e ne attraggano di nuovi, in grado di offrire nuove opportunità grazie anche alle nuove tecnologie». Poi spiega che occorre «favorire nuove attività che non richiedono prossimità, prima fra tutti lo smart working, per intercettare nuovi abitanti, professionisti, che possono abbandonare le periferie urbane per andare a vivere e far crescere la propria famiglia, in centri di alta qualità della vita, come i nostri. Infine i fondi Sure, necessari per attenuare i rischi sociali indotti dalla perdita del lavoro, potrebbero essere utilizzati in azioni di formazione retribuita, permettendo di alleviare i problemi della disoccupazione, ma al tempo stesso preparando per un nuovo inserimento lavorativo con nuove competenze e capacità anche nell’uso delle nuove tecnologie. Concludo con una citazione di Berlinguer: “Ci si salva e si va avanti se si agisce insieme e non solo uno per uno”,  questo deve essere lo spirito con cui pianificare l’utilizzo dei fondi in arrivo dall’Europa, ogni altra scelta non avrà futuro».

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