Ancona-Osimo

A casa in quarantena con un figlio disabile. Il racconto di una mamma “coraggio”: «Lasciata sola, con assistenza sospesa»

Il racconto di Giulia, tra isolamento e sospensione dei servizi, fa da cassa di risonanza a tanti altri casi simili che si stanno verificando in Provincia e non solo

Immagine di repertorio

CAMERANO – Gli effetti del Covid spesso si misurano non solo a livello sanitario, di salute cioè del paziente guarito. Esiste una serie di ripercussioni anche a livello sociale che danneggiano maggiormente le fasce di popolazione con più bisogno di aiuto. C’è una mamma coraggio che, in periodo di Covid, si trova a scontrarsi contro la “burocrazia” legata al particolare momento di emergenza pandemica che fa diventare tutto ancora più complicato per il figlio disabile. «Lo Stato riconosce che mio figlio ha una disabilità per la quale un genitore lavoratore ha diritto a tempi aggiuntivi a casa per accudirlo – racconta Giulia Fesce, residente a Numana, fondatrice di Orizzonte autonomia onlus a Camerano -. A mio figlio viene riconosciuta la particolare gravità o disabilità gravissima a cui corrisponde un beneficio economico annuale che serve a pagare qualcuno che aiuti in un compito che la famiglia, ripeto, non può svolgere da sola. Mio figlio va a scuola, naturalmente con il supporto di un insegnante di sostegno, perché ha bisogno di un accudimento e di un percorso specifici anche nell’ambiente scolastico».

La quarantena

Poi arriva la quarantena per il figlio e applicando le norme Covid che valgono per gli altri (assenza di contatti e isolamento): si resta soli, senza poter uscire, con tutti i servizi sospesi. «Quella necessità assoluta, meritevole di tutela e sostegno con strumenti differenti e da parte di diversi organi istituzionali, quel riconoscimento di stato di bisogno che in condizioni di “normalità” è dovuto e scontato, scompare paradossalmente proprio quando si aggiunge un nuovo livello di difficoltà (il contagio appunto o la quarantena), quando la salita si fa ancora più ripida. Si crea quindi una specie di corto circuito che porta all’abbandono improvviso (una telefonata) e completo. Comprendo l’emergenza, che però dopo due anni emergenza non dovrebbe più essere, ma penso che nel tempo si sarebbe dovuto pensare a far fronte anche a questo tipo di situazioni, con un’assistenza specifica, domiciliare, in sicurezza e professionale, per almeno alcune ore al giorno o ad una soluzione alternativa (trasferimento in hotel Covid o strutture simili)».

La denuncia

Mamma Giulia denuncia: «Da quando è iniziata questa follia ho sempre vissuto con la stessa paura l’idea di ammalarmi e quella di ritrovarmi sola con mio figlio per giorni e giorni, h24. È successo, questa volta è andata bene, è durata solo cinque giorni, entrambi stavamo bene e me la sono cavata con una lombosciatalgia e qualche momento di sconforto ma più a lungo e in altre condizioni, chi lo sa».

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