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Pillola anti-Covid, il virologo Clementi: «È un farmaco interessante. I no-vax? Inutile tentare di convincerli, componente irrazionale molto forte»

Il virologo Massimo Clementi dà il suo parere sulla cosiddetta pillola anti Covid, un antivirale da assumere per via orale nei primi 3 giorni dall'infezione, per il quale l'Ema ha avviato una revisione

ANCONA – Si potrebbe aprire presto un nuovo fronte di speranza nella lotta alla pandemia: ai vaccini e agli anticorpi monoclonali potrebbe infatti affiancarsi un antivirale in pillola. L’Ema, Agenzia europea per i medicinali, ha avviato una revisione continua per il Molnupiravir, ovvero la cosiddetta “pillola Merck”, un farmaco antivirale orale per il trattamento del Covid negli adulti.

Il virologo Massimo Clementi

Si tratta di un farmaco sperimentale sviluppato negli Stati Uniti e in Canada, che potrebbe essere ammesso nei Paesi dell’Unione Europea, una volta autorizzato dall’Ema. Dagli studi clinici preliminari è emerso che la pillola può inibire la capacità del Sars-CoV-2 di replicarsi, con un’azione di riduzione sul fronte dei ricoveri e dei decessi per Covid fino al 50%. Negli Stati Uniti le due aziende produttrici chiederanno alla Food and Drug Administration americana (Fda) l’autorizzazione all’uso emergenziale, visti i promettenti risultati.

Come funziona? In pratica la pillola anti Covid agisce contro la polimerasi virale, un enzima di cui il virus necessita per replicarsi all’interno dell’organismo: il farmaco genera errori nel codice genetico del Covid, impedendone così la duplicazione. Una modalità di azione, la sua, che non coinvolge il sistema immunitario e che dunque potrebbe convincere anche i più scettici. Viene assunto per via orale, ma il fattore tempo è essenziale per la sua efficacia.

«È un farmaco interessante – spiega il professor Massimo Clementi, direttore del laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’Ospedale San Raffaele di Milano -: la somministrazione orale, a differenza della endovenosa degli anticorpi monoclonali, rende il suo impiego più flessibile e utilizzabile anche in ambito domiciliare, nonostante l’efficacia dalle prime validazioni risulti leggermente inferiore».

Insomma «una novità certamente positiva» secondo il virologo che «apre la strada anche ad altri antivirali, anche se sarà poi da valutare quanto realmente proteggono e quanto potranno assunti in maniera precoce, entro i primi 3 giorni dall’infezione, per garantirne l’efficacia».

Questo antivirale potrà per certi versi dissuadere alcuni a non vaccinarsi o a non sottoporsi alla terza dose? «Non credo – dice Clementi -. Chi assume un antivirale è sensibile nei confronti delle acquisizioni della scienza e questo farmaco potrà rivelarsi utile anche in caso di infezione in persone già vaccinate contro il Sars-CoV-2 o anche in caso di contatto stretto con soggetti infettati dal virus. In ogni caso non sostituisce la vaccinazione».

Clementi, spiegando di essersi appena sottoposto alla terza dose del vaccino contro il Covid, sottolinea come nel nostro Paese si sia superato l’80% di copertura della popolazione generale sopra i 12 anni con ciclo completo e ci si stia avviando verso il 90%, nonostante «una sacca di irriducibili che vediamo manifestare in strada in questi giorni e che stanno accusando gli idranti della polizia di averli infettati con il Covid. Inutile cercare di convincere i no-vax, alcuni di loro hanno una componente di irrazionalità molto forte».

Commentando l’annuncio del sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri, circa la probabile estensione a tutti della terza dose del vaccino entro pochi mesi, spiega che «è la strada giusta». «Stiamo assistendo ad un certa ripresa dei contagi, che procede in parallelo a quella di altri Paesi europei, anche se in Italia è ancora contenuta» spiega, facendo notare che il rialzo della curva epidemiologica può avere come causa anche il maggior numero di tamponi eseguiti per l’ottenimento del Green pass: tamponi che portano dunque a svelare un maggior numero di infezioni che prima restavano celate.

La terza dose secondo il virologo è importante, sia per le possibili varianti del virus, sia perché come osserva «avremo ancora a che fare con il Sars-CoV-2 per almeno un altro anno o due». Sulla variante Delta Plus, però rassicura: «Circolava già dall’aprile del 2020 e non ha mai superato il 2-3% sul totale dei virus sequenziati, eccetto che in Gran Bretagna dove è arrivata anche al 4-6% nelle ultime settimane. Se non ha ancora prevalso è difficile pensare che lo possa fare in seguito. In ogni caso i vaccini attualmente in uso, Pfizer e Moderna, erano stati prodotti sul primo virus rilevato a Wuhan e ancora funzionano, addirittura la terza dose conferisce un livello di immunità superiore alla seconda dose, attivo per tutte le varianti attualmente individuate».

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