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Perché le rinnovabili faticano a decollare? Legambiente fa “Scacco Matto” e racconta il blocco alle fonti pulite

Presentato il report "Tutta la burocrazia che blocca lo sviluppo delle rinnovabili favorendo gas e finte soluzioni". Parola al presidente Marche, Marco Ciarulli

ANCONA- Nell’Italia del sole e del vento, le rinnovabili faticano a decollare, anzi il più delle volte sono ostacolate da una burocrazia farraginosa, ma anche da blocchi da parte di amministrazioni locali e regionali, da comitati Nimby (non nel mio giardino) e Nimto (non nel mio mandato) senza dimenticare il ruolo del Ministero della Cultura e delle Sovrintendenze. A metterle sotto scacco matto sono normative obsolete, la lentezza nel rilascio delle autorizzazioni, la discrezionalità nelle procedure di Valutazione di impatto ambientale, blocchi da parte delle sovrintendenze, norme regionali disomogenee tra loro a cui si aggiungono contenziosi tra istituzioni. E la poca chiarezza è anche causa delle opposizioni dei territori che devono districarsi tra regole confuse e contraddittorie. 

La mappa del

È quanto emerge dalla fotografia scattata dal nuovo report di Legambiente “Scacco Matto alle rinnovabili. Tutta la burocrazia che blocca lo sviluppo delle rinnovabili favorendo gas e finte soluzioni” in cui l’associazione ambientalista racconta e raccoglie venti storie simbolo di blocchi alle fonti pulite. Storie che riguardano tutta la Penisola, dal Nord al Sud Italia. QUI PER SCARICARLO!

Tutti questi ostacoli stanno mettendo a rischio il raggiungimento degli obiettivi europei climatici che prevedono una riduzione del 55% delle emissioni, al 2030, rispetto ai livelli del 1990 e una copertura da rinnovabili del 72% per la parte elettrica. Un obiettivo preciso per mantenere la temperatura al di sotto del grado e mezzo e che l’Italia con i suoi 0,8 GW di potenza media annua installata negli ultimi 7 anni rischia di veder raggiunti non prima del 2100. Eppure, sottolinea Legambiente, se anche solo il 50% delle rinnovabili oggi sulla carta arrivasse al termine dell’iter autorizzativo, la nostra Penisola avrebbe già raggiunto gli obiettivi climatici europei.

«Lo sviluppo delle rinnovabili, l’innovazione industriale e le politiche di efficienza energetica sono azioni che vanno urgentemente affrontate anche nelle Marche – dichiara Marco Ciarulli Presidente di Legambiente Marche –- È urgente snellire le procedure per i nuovi progetti di eolico a terra e a mare, per l’ammodernamento degli impianti esistenti, per la realizzazione dell’agrivoltaico, che produce elettricità come integrazione e non sostituzione della coltivazione agricola che in una Regione come la nostra rappresenta una reale opportunità di sostenibilità ambientale, per le comunità energetiche che usano localmente energia prodotta da fonte rinnovabile.

Al momento, le attuali regole e procedure portano i tempi medi per ottenere l’autorizzazione alla realizzazione di un impianto eolico, ad esempio, a 5 anni contro i 6 mesi previsti dalla normativa. Tempi infiniti per le imprese, ma soprattutto per la decarbonizzazione che ha bisogno di un quadro normativo, composto da regole chiare, e semplici da applicare, e che dia tempi certi alle procedure ma anche di linee guida che indichino come le diverse tecnologie debbano essere realizzate pensando sia agli obiettivi di decarbonizzazione nel 2050 quanto al modo migliore di integrarle nei territori. Il paesaggio è un bene comune e inevitabilmente sarà trasformato dalla presenza delle rinnovabili, ma questa trasformazione deve avere un valore positivo, attraverso la partecipazione attiva e con rinnovabili ottimamente integrate che è quello che tutti auspichiamo, e con ciminiere e gruppi di centrali termoelettriche che verranno smantellati».

Criticità e Proposte

Nel report Legambiente ricorda che tra le prime criticità che investono lo sviluppo delle fonti rinnovabili in Italia c’è la mancanza di un quadro normativo unico e certo in grado di mettere ordine e di ispirare le decisioni di tutti gli attori coinvolti nei processi di valutazione e autorizzativi. Il principale riferimento è il Decreto Interministeriale del 10 settembre 2010, emanato dal Ministero dello Sviluppo Economico di concerto con il Ministero dell’Ambiente (ora Ministero della Transizione Ecologica) e il Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Un testo che ha ormai quasi 12 anni e risulta obsoleto rispetto a quanto è cambiato non solo in termini di conoscenze delle diverse tecnologie ma anche di innovazione e applicabilità.

Per questo l’associazione ambientalista lancia le sue proposte ribadendo l’urgenza di una revisione delle linee guida, rimaste ferme al DM del 2010, con un inquadramento aggiornato del comparto delle fonti rinnovabili e attraverso un lavoro congiunto tra MITE, MISE e Ministero della Cultura. Il varo di un Testo Unico che semplifichi gli iter di autorizzazione degli impianti, definisca in modo univoco ruoli e competenze dei vari organi dello Stato e dia tempi certi alle procedure. Inoltre a fianco a processi di semplificazione dei processi, di trasparenza e certezza dei tempi è necessaria una maggiore partecipazione dei territori sia nell’individuazione delle strategie da attuare per il raggiungimento degli obiettivi climatici sia nella realizzazione e individuazione dei siti dove questi devono essere collocati.

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