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Coronavirus, povertà in crescita: viaggio nella mensa di Ancona. Suor Settimia: «La nuova ondata incide» – VIDEO

Ogni giorno sono oltre 130 le persone che si rivolgono alla Mensa di Padre Guido. Lavoratori precari, in nero, soprattutto italiani, sono loro i nuovi poveri, quelli esclusi dai sussidi

I poveri in fila per un pasto alla Mensa di Padre Guido

ANCONA – La seconda ondata della pandemia sta facendo crescere disuguaglianze e povertà, accentuando quella crisi socioeconomica che era stata innescata dal lockdown nei mesi di marzo e aprile. Da sanitaria, la pandemia si è tramutata in sociale, e a farne le spese sono soprattutto le categorie più fragili della società: lavoratori precari, in nero, giovani, senza fissa dimora, nuclei familiari numerosi.

Sono loro i nuovi poveri, quelli che con le chiusure delle attività e con le nuove strette imposte dagli ultimi Dpcm per frenare l’avanzata del virus, hanno perso il lavoro o hanno visto ridursi al lumicino lo stipendio e non ce la fanno più ad arrivare alla fine del mese e a portare un pasto in tavola.

Ad Ancona alla mensa di Padre Guido, l’opera missionaria Francescana, gestita da un piccolo gruppo di suore e da volontari, i numeri sono in costante crescita. Se nella prima fase della pandemia, dopo il lockdown, ad avere bisogno di un pasto era in media un’ottantina di persone al giorno, oggi sono oltre 130 le persone che quotidianamente si rivolgono alla struttura caritatevole, che da febbraio consegna il pasto solamente da asporto, per evitare assembramenti.

Arrivano composti, uno dietro l’atro, intorno alle 11 della mattina, tutti con la mascherina sul volto in fila in attesa del pasto. Lo sguardo basso di chi ha pudore a farsi vedere in una condizione di bisogno. Alcuni hanno con sé anche uno zaino o una sacca per nascondere la busta con il pasto, così da non far comprendere la situazione che stanno attraversando, non certo per causa loro.

Da sinistra una volontaria e Suor Settimia

Un pasto che andranno a consumare nella loro casa, quelli che ne hanno una, o nelle case di accoglienza, piuttosto che nei rifugi di fortuna. «Sono persone molto dignitose – spiega Suor Settimia, responsabile della mensa di Padre Guido -, e in tanti ci dicono di vergognarsi ad aver bisogno della mensa».

Un nuovo spaccato di società, nel cuore del capoluogo, a due passi dall'”Ancona bene”, che arriva come un pugno forte e improvviso allo stomaco. «La nuova ondata incide abbastanza significativamente» prosegue Suor Settimia, «vengono famiglie che prima non vedevamo mai, persone che hanno perso il lavoro, precari». “Orfani” di un lavoro che è sempre più difficile da trovare e che non riescono ad intercettare gli aiuti economici promessi dal governo.

Ormai da agosto il numero dei bisognosi che si rivolge alla mensa ha superato la quota dei 100 giornalieri e «se nella prima fase nessun povero è stato contagiato – spiega Suor Settimia -, ora ci sono persone in quarantena e che quindi momentaneamente non possono più venire, ma vengono aiutate con i pacchi viveri dalla Caritas». Ma nonostante questo il trend dei bisognosi è in costante salita.

Una volontaria nella cucina della Mensa di Padre Guido

Tanti gli italiani, ormai la maggior parte di chi si rivolge alla mensa, soprattutto nella fascia di età compresa tra i 30 e i 50 anni, altri sono stranieri, per lo più somali: molti sono senza fissa dimora, ospitati in case di accoglienza o presso abitazioni di amici, altri hanno disagi relazionali, familiari, sono affetti da dipendenze (alcool, droga), problemi psichiatrici, che vanno a sommarsi alle difficoltà economiche. Tra i poveri anche molte famiglie in difficoltà.

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