Ancona-Osimo

Ospedale di Torrette verso la normalità, Salvi: «Ho visto gli operatori con le lacrime agli occhi, dal covid insegnamento umano»

Il primario della Medicina Interna, D'Urgenza e Subintensiva degli Ospedali Riuniti di Ancona, rimasta area covid fino al 18 maggio, ci ha parlato di cosa lascia la pandemia

Aldo Salvi

ANCONA – «La pandemia ha messo alla prova una organizzazione che avevamo già attuato da anni, ma che non aveva mai ricevuto uno stress così importante da dover assistere concentrati nel tempo tutti questi pazienti critici: la prova è riuscita in modo positivo». A parlare è Aldo Salvi direttore della Struttura operativa Dipartimentale di Medicina Interna, D’Urgenza e Subintensiva degli Ospedali Riuniti di Ancona. Il reparto, nella prima e nelle successive ondate pandemiche, si era trasformato in area covid (Cov1B).

In questa zona per 9 mesi, dai primi di marzo al 14 aprile 2020 e poi da fine ottobre al 18 maggio 2021, sono state ricoverate 550 persone (età media 69 anni), tutte in condizioni molto gravi, le quali dopo circa 48-72 ore dall’ingresso in ospedale avevano necessità di C-Pap (ventilazione meccanica a pressione positiva), maschera facciale o casco.

Il 20% di questi ricoverati per covid giungevano all’attenzione dei sanitari con una capacità respiratoria già seriamente compromessa. I pazienti transitati in questo reparto, a metà strada tra i reparti ordinari e la terapia intensiva, sono rimasti ricoverati in media 5-6 giorni ed hanno beneficiato di un monitoraggio costante con le tecniche più avanzate e sono stati trattati «con i farmaci più attuali» come spiega il dottor Salvi. L’area Cov1B ha chiuso i battenti il 18 maggio e il giorno successivo, il 19 maggio, era già operativa come covid-free e già completamente piena.

Ma in questi 9 mesi di serrata attività, la pandemia ha lasciato il suo segno. «Il covid ha dato due insegnamenti importanti, il primo umano – afferma Aldo Salvi -: ho visto la sofferenza di ognuno di noi operatori sanitari nell’assistere persone che vivevano in solitudine la loro malattia e ho visto diversi dei miei collaboratori fermarsi a chiacchierare, ma soprattutto ad accarezzare queste persone. L’altro aspetto è il colloquio con i parenti quando dovevamo dare notizie, talvolta non belle, e abbiamo ascoltato drammi familiari: la malattia aveva già coinvolto tutti e portato via qualcuno. Ho visto diversi dei miei operatori con le lacrime agli occhi dopo questi colloqui».

Il primario fa notare che tra la prima e le ondate successive l’unica differenza riscontrata dai sanitari del reparto è quella dei «numeri per unità di tempo: nella seconda e terza ondata c’è stato un gran numero di pazienti concentrati nel tempo e questo ha causato problemi per i posti letto. Dal punto di vista clinico non ci sono differenze, la malattia è rimasta sempre la stessa».

Il covid cosa vi ha costretto ha lasciare indietro e quanto ci vorrà per riprendere il passo? «Non abbiamo liste attesa, ma alcuni pazienti sono rimasti a domicilio più a lungo, un po’ per paura e un po’ per non sovraccaricare l’ospedale, ora però li vediamo arrivare in condizioni più critiche, e per smaltire queste situazioni e gli arretrati ci vorranno dei mesi». Salvi però si dice ottimista: «Credo che la vaccinazione e l’impegno delle persone potranno farci superare la pandemia», l’importante, come evidenzia è che la campagna vaccinale sia sufficientemente diffusa.

Intanto nel reparto proseguono i lavori di realizzazione di 16 nuovi posti letto di medicina subintensiva, che saranno pronti con tutta probabilità «in autunno».

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